Il 20 giugno si è celebrata in giro per il mondo la “giornata del rifugiato”: una delle tantissime iniziative cui un’Onu, pur indaffaratissima, si dedica per celebrare qualunque cosa, pur di giustificare la sua esistenza.

Winston Churchill

Quest’anno abbiamo potuto iscrivere nell’albo due dati significativi: abbiamo raggiunto la cifra di “cento milioni di rifugiati” e la corte di Strasburgo ha stoppato un aereo inglese che doveva riportare in Africa dei “rifugiati”. Sarà poi una Corte inglese a dire la parola finale sul caso. Per ironia della sorte fu proprio Churchill a promuovere la Corte europea dei diritti dell’uomo.

La relativa carta – la cui interpretazione ha subito nel tempo continui ammodernamenti – riconosce diritti vuoi ai perseguitati dei regimi sanguinari che prosperano in giro per il mondo e sono pacificamente soci dell’Onu, vuoi a chi eventualmente non sopporta il clima (…..meteorologico: sic!) del proprio paese.

Queste necessariamente telegrafiche righe vogliono essere solamente un sasso nello stagno e, poiché tutti i lettori della nostra Rivista sono piuttosto esperti in materia non c’è bisogno di appesantire il sasso con tutto il consueto bla bla in tema.

La carta venne concepita mentre si spegneva la Seconda guerra mondiale e voleva offrire a popoli, a gruppi, a singoli una via per scampare alle persecuzioni dei loro governanti o alle irrimediabili distruzioni lasciate dalla guerra.

Immaginare che si sarebbe arrivati alla rispettabile cifra di cento milioni di rifugiati era impensabile a quei tempi, anche perché dopo gli orrori di quei cinque anni, l’intera umanità si era rimboccata le maniche per impedirne di nuovi e per procedere uniti lungo i sentieri della pace.

Purtroppo la cosa non durò a lungo e nuove piccole guerre o inaspettati mutamenti di regime all’interno di singoli paesi si ripresentarono alla Storia. Se noi lasciamo parlare la Storia, vedremo che interi continenti riuscirono a non perdere più i sentieri della pace, mentre altri si persero per strada.

Tanto per parlar chiaro l’Occidente sta proseguendo con successo il suo cammino di pace; l’Africa, pur completamente decolonizzata, ha visto affermarsi molti governi dittatoriali e talvolta sanguinari, con rare esperienze democratiche o, comunque, di governi dediti alla ricerca del benessere per i loro popoli; l’Oriente europeo ha vissuto un’esperienza di oppressione antidemocratica, sino alla caduta dell’impero comunista, ma con delle eccezioni che perdurano, nonostante tutto; i Paesi del Medio oriente vivono da decenni in situazioni di guerra civile, di guerriglia e di veri e propri scontri militari; l’Oriente asiatico non ha ancora trovato una stabilità democratica e guerre intestine e governi militari ne rendono ancora agitata la vita.

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È chiaro che a fronte di tutto questo il sogno di una pacifica convivenza concepito alla fine della guerra mondiale si è andato sgretolando ed oggi fra guerre intestine, regimi sanguinari e colpi di stato siamo arrivati a cento milioni di rifugiati! Per non parlare di coloro i quali, in un numero spaventoso che non potrà mai essere conteggiato, muoiono prima di poter raggiungere la salvezza. A questo punto si impone l’esigenza di esaminare sine ira ac studio l’intera situazione del mondo, se vogliamo arrivare ad una soluzione di questa tragedia biblica che rischia di sbilanciare anche quel continente che era riuscito a realizzare e mantenere una situazione di pace, di libertà e di benessere.

E, finalmente, persino il nostro (forse ex) Presidente del Consiglio ha avuto il coraggio di sussurrare che, per quanto ci riguarda, la misura è colma, anche a causa della sopravvenuta situazione di guerra.

Non si può negare infatti che lo sconvolgimento del mercato energetico ed alimentare – destinato a durare a lungo – sta creando problemi gravissimi che, in attesa di una loro difficoltosa risoluzione, sono idonei a compromettere la situazione di benessere faticosamente conquistato in ottant’anni di pace e di libertà almeno nei Paesi occidentali. E non certo per grazia divina!

In Africa problemi ancor più drammatici – causati dalle situazioni politiche dianzi richiamate – perdurano e si aggravano.

Il Medio oriente vive in situazioni di guerra e guerriglia da decenni e l’oriente asiatico non tarderà ad essere risucchiato in questa spirale.

Nell’anno di grazia 2022 non esiste alcun gendarme che può intervenire in tutte queste situazioni per rimetterle sui binari avviati nel secondo dopoguerra.

Purtroppo di quei sogni e di tutta quella buona volontà non son rimasti che palazzi vuoti – ed il vetro lo mette ben in evidenza – ed istituzioni sovranazionali che commuovono il mondo intero con i loro proclami pronunciati in nome di principî e diritti che dovrebbero apparire consolatori per quelle popolazioni che però non ne vedono alcun risultato pratico e debbono continuare a fuggire dai loro paesi.

Non si tratta di trovare a tamburo battente soluzioni ospitali che soddisfino dettami e coscienze delle corti di giustizia, ma di trovare origini e cause e, quindi, soluzioni di questo dramma che si avvia a raddoppiare le sue già tragiche cifre.

Qualunque regime definibile “autoritario”, “poliziesco”, “sanguinario” et similia è facilmente individuabile e sicuramente fa parte di una delle tante, e belle, organizzazioni mondiali, continentali, regionali che campano parlando di diritti umani e di solidarietà.

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Se da qualche paese le persone scappano a rischio della vita per andarsi a rifugiare in un altro qualsiasi paese, pur di non restare dove rischiano la libertà, la pace, la vita stessa, non dovrebbe essere difficile individuarne i governanti ed accusarli di crimini, vuoi contro quella singola persona, contro quelle persone, contro quei gruppi, contro quei popoli. Fortunatamente proprio in questi giorni abbiamo imparato che queste cose si chiamano “crimini contro l’umanità” e che sono passibili di giudizio da parte di corti e tribunali creati appositamente per far cessare tali crimini.

 

Parallelamente altri uffici – magari dell’Onu – sono in grado di assumere l’amministrazione fiduciaria di questo paese rimasto senza governanti, ma che – proprio dagli amministratori fiduciari – sarà amministrato per rimetterne in sesto l’economia, per portare quella popolazione alle elezioni democratiche e, chissà, ad un iniziale benessere. Per carità: probabilmente è molto meno impegnativo arrivare a duecento milioni di rifugiati, ma …!

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