Cerco di guardare questa pessima campagna elettorale con un certo distacco e con raziocinio e da ex parlamentare del centrosinistra di questo campo mi vorrei occupare. C’è una rincorsa a temi attuali e contingenti, alcuni certamente importanti, senza una visione globale che ci faccia comprendere la evidente crisi della sinistra e non solo in Italia. Si continuano ad usare categorie novecentesche riadattate all’attualità, ma il mondo è cambiato radicalmente e la sinistra sembra non essersene accorta.
Si fa perno sulla difesa dei più deboli e quindi sul tema del lavoro, delle donne e dei giovani. E si cerca di difendere il posto di lavoro, sempre più in crisi, e insieme alle politiche del sindacato sostanzialmente ai lavoratori pubblici e ai pensionati secondo uno schema tipico della sinistra del 900: padroni e datori di lavoro. Ma il mondo non è più così, o meglio non è più solo così.
Oggi la categoria da difendere e a cui dare opportunità e sviluppo è quella dei cittadini ormai stanchi di una politica inconcludente, di giovani cui questo paese non da prospettive, di un paese vecchio, di una pubblica amministrazione completamente inefficiente e non al passo com i tempi, una democrazia in crisi. Questi temi dovrebbero essere al centro di una nuova agenda della sinistra che invece si preoccupa di discutere se la Meloni sia o no fascista. Ho l’impressione, usando un antico detto, che si guardi il dito e non la luna. Paradossalmente mi auguro che la sinistra perda le elezioni e si avvii un percorso di seria riflessione.
Il cittadino oggi è sostanzialmente ignorato se non sopportato. Faccio l’esempio della pubblica amministrazione. Complicata, tecnologicamente da medio evo, e il funzionario pubblico è di fatto inamovibile, tratta con fastidio l’utente ed è difeso ad oltranza. In altri paesi, civilissimi, il funzionario pubblico che non adempie al suo dovere con diligenza va a casa o viene sanzionato e le cose funzionano e il cittadino rispettato. Cosa è più di sinistra? Cosa rende lo Stato più efficiente e giusto? Cosa avvicina di più l’elettore alla politica?
Negli ultimi due anni quasi mezzo milione di giovani sono andati all’estero dove hanno trovato lavoro, casa, guadagni impensabili da noi e prospettive; è realistico pensare che questo possa accadere da noi? Assolutamente no.
Litighiamo tutti i giorni sul tema della immigrazione in maniera del tutto improduttiva e ideologica mentre attraversiamo una grave e pesante crisi demografica ma non siamo in grado di avere un piano serio che metta insieme capacità di accoglienza, opportunità di crescita e sicurezza. Abbiamo una giustizia impresentabile. Fonte di atroci ingiustizie e che scoraggia qualsiasi investitore straniero.
Siamo un popolo sempre più ignorante e non ci rendiamo conto che il mondo della conoscenza e della cultura è il futuro sul quale si genera civiltà e benessere. Insegniamo ai giovani a scuola di tutto, superficialmente, ma non il minimo della educazione civica e delle basi dell’essere cittadini. Io prendo spesso i mezzi pubblici, non vedo mai un cittadino pagare il biglietto e poi lo stesso cittadino si lamenta se le cose non funzionano. Per non parlare della burocrazia fonte evidente di freno per qualsiasi sviluppo decente e di un fisco vessatore e inadeguato. Abbiamo milioni di poveri ma non si può parlare di redistribuzione della ricchezza perché non si deve disturbare il manovratore e si perdono le elezioni. Abbiamo abbandonato il reale contatto con le persone e ci siamo affidati al virtuale e poi ci lamentiamo dell’alto numero di assenteisti al voto.
Ora va bene tutto, va bene che la sinistra si occupi di questioni contingenti ma nel lungo medio periodo questo non basta, non ci porta a nulla se non riusciamo a costruire una nuova piattaforma ideale e di visione.
Il resto del mondo corre, produce e crea sviluppo e noi rimaniamo fermi al secolo scorso e io mi chiedo dov’è la sinistra oltre che nei libri di storia?
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