Alla carta sui € 50 oltre bevande
Senigallia. Città ben strana.
Io la conoscevo per la sua caratteristica di territorio di confine tra dialetti del nord e quelli del centro.
Soddisfo la vostra insana curiosità: sul fronte tirrenico, in corrispondenza, c’è Massa: Carrara è già ufficialmente dialetto Emiliano, come Pesaro è Romagnolo. Per giunta la linea che le unisce NON corrisponde a quello delle regioni: tra Marche e Romagna qualcosa ha sistemato il trasferimento di una decina di comuni dalla prima alla seconda, ma ci sono diversi comuni toscani che parlano un buffo emiliano toscanizzato.
Dovrei chiedere scusa per l’off topic, ma non lo farò: cultura, dialetti e cibo sono fortemente interconnessi.
Ultimamente Senigallia ha acquisito anche il titolo di Capitale Gastronomica d’Italia.
Ma come??! Vi spiego.
Qui sono locati due grandi ristoranti: “Uliassi” (tre Stelle Michelin) e la “Madonnina del Pescatore” del notissimo Moreno Cedroni (stranamente “solo” due stelle Michelin).
Ma non finisce qui: appare anche il gelatiere Paolo Brunelli, autore della famosissima Crema Brunelli con nocciole caramellate di Cravanzana, cioccolato di puro criollo Puertomar e vaniglia Mananara del Madagascar (Presidio Slow Food).
Poi c’è il panificio Scattolini e la sua famosa Cupola.
MA SOPRATTUTTO c’è quello che per il Gambero Rosso è una delle migliori Trattorie d’Italia: la Trattoria Vino e Cibo, appunto.
Essenziale sin dal nome (mi ricorda le trattorie “Qui se magna” che, a dir di mio Padre, allignavano a Roma negli anni ’30), lo è anche nelle dimensioni (5, diconsi 5 tavoli) e nell’apparecchiatura: tavoli di legno e tovagliette di carta.
Cucina di stretta osservanza ittica, con menù non enorme e, udite udite, scritto a mano!
La caratteristica di Riccardo Rotatori, Patron e Cuoco di Vino e Cibo, è il massimo rispetto per la materia prima. Come si addice alla Cucina Italiana (prego il valente proto di NON modificare le maiuscole: sono due parole che vanno maiuscole).
La materia prima è al centro del piatto, tecniche, manipolazioni e altri ingredienti vanno a valorizzarla, ad esaltarla.
Al contrario di altre cucine, come quella francese, che invece considerano le materie prime componenti di un sapore da costruire.
D’altronde la cucina di ristorazione francese nasce dall’improvvisa condizione di disoccupazione che subirono i cuochi dei nobili con la Rivoluzione.
Ispirandosi irrispettosamente a un passo di Matteo, alcuni cuochi, per sbarcare il lunario, affissero, fuori dei loro atelier, un cartello “Entrate e io vi ristorerò”, da cui il termine “Ristorante”.
La cucina italiana, anche quella di alta ristorazione, nasce nelle trattorie e le trattorie offrivano la cucina di famiglia. D’altronde erano per i viandanti: di la da venire l’andare il ristorante come piacere in sé stesso.
E nelle famiglie italiane ci si ingegnava a dare sapore a quel poco che c’era, a riutilizzare gli avanzi o ad usare quello che rimaneva dalle tavole dei Signori, quella che a Roma prende il nome di “quinto quarto”.
Pane e sgombro, per tornare al Nostro, esprimono con nitidezza questo concetto di esaltazione del poco.
I Tagliolini, realmente fatti in casa, in cui i Totani fanno esplodere sapori di mare molto nitidi.
Canocchie (già pulite, un vantaggio non da poco) con una salsina di finocchi e soprattutto di scarola che conferisce una freschezza veramente straordinaria al piatto.
Seppie a tagliatelle con carote e acetosa, delicate e saporite.
Lodi anche alle magistrali Seppioline e Carciofi.
Anche le semplicissime scaloppe di pesce al limone risultano un piatto Gourmet.
Buoni vini locali disponibili anche al bicchiere.
ASSOLUTAMENTE NECESSARIA la prenotazione e pure per tempo.
PUNTEGGIO CUCINA 75
INDICE DI GRADEVOLEZZA | + 21 |
Locale curato ed accogliente | + 5 |
Cortesia | + 5 |
Digeribilità | + 3 |
Rapporto qualità/prezzo | + 5 |
Vini al calice | + 3 |