Ogni giorno andando al lavoro passo davanti a mezzi militari dei rascisti distrutti e bruciati. Sono esposti nel cuore della capitale dell’Ucraina – a Kiev – ad un centinaio di metri dal Parlamento ucraino e non lontano dall’Ufficio del Presidente. Questo è vicolo Kryposnyi: c’è un carro armato rotto, vari veicoli militari, una coda mozzata di un caccia rascista Sukhoy-24. Spesso ci sono anche fiori all’angolo di questa strada. Questi non sono fiori per soldati caduti. Questi sono fiori per i manifestanti che sono stati fucilati proprio qui durante la Rivoluzione della Dignità, di Maidan nel 2014.
La guerra della Russia contro l’Ucraina è iniziata nel 2014. Esperti di storia e politica affermano che questa guerra va avanti da molto più tempo, da secoli. Ma le esplosioni e i colpi di armi automatiche sono stati uditi dalla popolazione di Kyiv proprio nel 2014. Allora terribili sentimenti di dolore e odio per il nostro governo di allora, considerato corrotto, oscuravano tutto il resto. La vittoria della Rivoluzione della Dignità preannunciava un nuovo brillante futuro dell’Ucraina tra le nazioni europee. Quando ci furono le aggressioni della Crimea e del Donbass, il mondo aveva taciuto. Naturalmente, il Consiglio d’Europa si è espresso ripetutamente e con insistenza contro l’occupazione violenta dei territori della penisola di Crimea, sono state imposte sanzioni e sono state prese decisioni dure. Ma gradualmente sono apparse mappe geografiche con la Crimea “russa”, il petrolio ha continuato a essere venduto all’Europa e la Russia ha continuato a ricevere entrate in euro, continuando il versamento delle sue quote alle istituzioni europee internazionali. Il mondo ha potuto credere che in Ucraina fosse in corso una guerra civile. Il Donbass non è un’area di conflitto internazionale, e quindi non si traduce in un “mal di testa” per i politici europei, e non solo.
Ma il fuoco stava già divampando. E il 24 febbraio 2022 ha colpito il mondo intero.
La prima emozione di quel giorno fu lo shock. Era sorprendente, perché nei mesi precedenti quella data le avvisaglie di un’aperta aggressione da parte della Russia non erano scomparse dalla cronaca. Certo, abbiamo comprato cibo e medicine, intuitivamente il 23 febbraio ho riempito il serbatoio della mia macchina, ma pochi credevano nella reale possibilità di una vera guerra. È davvero molto assurdo, illogico, è impossibile nel XXI secolo, nel mondo civilizzato, attaccare un altro paese con missili e carri armati, no? Sì, ma è successo.
Nel centro geografico dell’Europa, nella capitale di un grande paese europeo, nella mia città natale di Kiev, cadevano razzi, elicotteri nemici volavano bassi e una colonna di carri armati lunga 60 chilometri si stava muovendo verso la città. Poi c’erano Bucha e Irpin, Izyum e Mariupol. Solo oggi abbiamo appreso la realtà di quei primi giorni. Capisco che se i nostri soldati non fossero stati in grado di compiere nelle prime settimane le gigantesche imprese sul campo di battaglia, cui abbiamo assistito, dove oggi vivo, ci sarebbe stata un’altra Bucha. Cioè nel centro della mia città sventolerebbe una bandiera rascista. Ma non è successo. E non succederà. Perché tutti hanno visto il “mondo russo” con i propri occhi. Il mondo ha visto ed è rimasto inorridito: come abbiamo fatto ad allevare un simile mostro accanto a noi!
Mi viene da pensare: chi è un russo di oggi? Da dove viene questo incredibile essere umano? Da quali principi e idee è guidato? Ho una sola risposta: si è formato attraverso un terribile processo di selezione negativa. Riflettiamoci un momento: chi sopravviveva in Russia durante il secolo passato? Per la maggior parte si trattava di persone che riuscivano a vivere in condizioni di barbarie perché tradivano gli altri, si adattavano a un governo autocratico, sforzandosi di non distinguersi, di non essere diversi, di non avere la propria opinione, di comportarsi come tutti gli altri, camminare in colonna nelle parate, eseguire ordini senza pensare. Questo processo ha dato vita all’attuale cittadino russo, un uomo che non possiede la coscienza del valore della vita umana. Direte che oggi non è il momento di parlare di diritti umani. Invece sono profondamente convinta che è proprio la mancanza di comprensione di cosa siano i diritti umani, di cosa sia la vita umana come diritto umano fondamentale e inalienabile, ciò che dà origine all’oscurità che ha coperto le nostre terre. Oggi nessun russo ha la coscienza del valore della propria vita, e così è stato nell’ultimo secolo. Un popolo di donne e uomini intimiditi, ingannati, distrutti come individui: è così che i russi percepiscono il mondo intero. Non sarebbe logico aspettarsi da loro la pietà, la misericordia, la compassione: queste sono le emozioni che contraddistinguono un essere umano, mentre queste donne e questi uomini non sono stati formati a conoscere il valore di questi concetti.
Infatti un essere umano differisce da un animale per la sua capacità di pensare in modo astratto. Del resto un animale non potrebbe, invece un essere umano può concepire in astratto una “casa”, un “paese”, rendersi conto, sempre in astratto del dolore di una persona sconosciuta sotto le macerie della sua casa nella lontana Kharkiv, accanto al suo bambino che non c’è più. Io però non la vedo così. Penso invece che ogni individuo si basi sulla sua personale e concreta esperienza. Cioè, per noi è comprensibile ciò che abbiamo visto, udito, e percepito e cioè ciò che costituisce la nostra esperienza. Tutto il resto è lontano, irreale, e immateriale come sullo schermo di un monitor: la nitidezza dell’immagine è buona, ma puoi spegnerlo in qualsiasi momento e allora non esisteranno più né l’immagine né il suono.
Sfortunatamente però, dobbiamo accettare che non sia in grado di comprendere la situazione di un ucraino di oggi, qualcuno che non abbia mai sentito la sirena di un allarme antiaereo, né sussultare la sua casa per un razzo caduto da qualche parte nelle vicinanze; che non abbia dovuto correre in un rifugio antiaereo e non abbia visto finestre rotte e pavimenti distrutti in una casa della sua città. Dolore, tristezza, rabbia, paura, gratitudine e orgoglio: e queste non sono le sole emozioni di noi ucraini in questi terribili giorni.
È in base a queste incontestabile considerazioni, che nella mia qualità di giudice ad hoc della Corte europea dei diritti umani rappresentante dell’Ucraina, ho chiesto formalmente alla Corte di rimuovere il rappresentate russo della stessa Corte. La mia richiesta si è fondata sull’art. 21 della Convenzione europea che prescrive che i giudici della Corte europea dei diritti umani devono possedere elevate qualità morali, essere avvocati di riconosciuto livello di competenza. Nel contesto della guerra aggressiva su vasta scala attualmente condotta dalla Federazione Russa contro lo Stato ucraino e dei gravissimi crimini internazionali commessi dall’aggressore, il silenzio del giudice russo della Corte è da considerare come criminoso.
Tale comportamento ha testimoniato la mancanza nel giudice russo della CEDU, delle elevate qualità morali, che rappresentano una condizione indispensabile per esercitare la propria funzione in questo alto organo giudiziario. Inoltre, non formulando la sua posizione riguardo ad eventi inaccettabili dal punto di vista del diritto, il giudice ha dimostrato incompetenza professionale come avvocato e come rappresentante di un organo giudiziario internazionale. Ecco perché, in conformità con l’art. 7 del Regolamento della CEDU, ho proposto di rimuovere il giudice russo dalla Corte non essendo più presenti i requisiti di appartenenza all’istituzione. Ciononostante la mia istanza non è stata accolta anche se la federazione russa è stata rimossa dalla qualità di membro del Consiglio d’Europa e, di conseguenza, dalla CEDU. Inutile dire che l’espulsione della Russia dal Consiglio costituirà anche una minaccia per i cittadini della Federazione Russa per quanto riguarda la difesa dei loro diritti e della loro libertà.
Inoltre, in qualità di rappresentante dell’Ucraina, sono intervenuta alla 39° sessione plenaria della Commissione sull’efficienza della giustizia (CEPEJ) del Consiglio d’Europa e, naturalmente, ringraziando per la solidarietà all’Ucraina e ho chiesto l’adozione di nuove misure volte ad ottenere le prove di crimini di guerra ed istituire un tribunale speciale per sottoporre “moscovia” alla giustizia con riferimento all’aggressione contro l’Ucraina. Devo infine sottolineare che non basta parlare dell’Ucraina, dell’Ucraina si deve gridare, per essere sentiti, anche adesso. Coloro che non hanno sentito il suono di missili e bombe, non hanno dovuto cercare di attenuare il suono delle sirene antiaereo per continuare a lavorare, non possono sentire quando si parla a bassa voce. Dopotutto, l’obiettivo dell’Ucraina non è solo la vittoria sul campo di battaglia, ma anche garantire la responsabilità dei colpevoli, il risarcimento delle vittime e quello relativo agli immensi danni causati alle infrastrutture dell’Ucraina. Sarà proprio il sostegno della comunità mondiale il fattore chiave per la affermazione della giustizia e il ripristino i diritti violati.
Voglio ricordare una volta di più che questa guerra non è solo contro l’Ucraina. Questa guerra ha come obiettivo l’annullamento del diritto e dell’ordine stabiliti affermatisi nel mondo civile durante i decenni che hanno seguito la fine della Seconda guerra mondiale. Con le sue azioni, la Russia ha violato le Convenzioni di Ginevra sul diritto umanitario di guerra, i diritti umani stabiliti a livello internazionale e i principi alla base della carta ONU. Soltanto tutti insieme potremo combattere e vincere il male assoluto che la Russia ha proiettato sul mondo occidentale. Non dimenticate: la guerra non è soltanto in Ucraina ma è tra voi, le vostre case, le vostre famiglie. Rimaniamo uniti per combatterla insieme.
Foto di apertura di Larysa Martynenko