Abstract

La crescente tendenza dei partiti politici e dei governi a impiegare tecniche di comunicazione influenzate dall’approccio degli influencer digitali rappresenta un fenomeno di notevole interesse nel campo della psicologia comportamentale. Questo articolo si propone di esaminare come tali strategie comunicative, essenzialmente orientate alla forma piuttosto che al contenuto, stiano modificando il rapporto tra cittadini e istituzioni politiche ed allontanando gli elettori dalle urne.

Con una appendice per l’aspirante politico.

 

La politica contemporanea è intrappolata in un ciclo di comunicazione che privilegia l’annuncio all’azione, il clamore alla sostanza. Le dichiarazioni politiche, spesso cariche di promesse eccessive o cambiamenti di posizione improvvisi, riflettono una volatilità che ci si potrebbe aspettare più da celebrità dei social media che da leader governativi. Frasi come “Abbiamo risolto il problema degli ultraottantenni!” o “Non aumenteremo le tasse!”, “La Salis? Cosa centra Orban?” e poco dopo all’aumentare della solidarietà popolare per la signora Salis, “Ho parlato con Orban!”  sono esempi di come la retorica politica sia diventata sempre più simile alla disinvolta comunicazione degli influencer.  Comunicazione disconnessa dalla complessità e dalle sfide reali della governance.

Questo stile di comunicazione porta inevitabilmente a una perdita di coerenza e affidabilità. Le inversioni di posizione, simili al “contrordine compagni” descritto da Guareschi al giungere di un nuovo ordine da Mosca, non sono nuove nella storia politica, ma la loro frequenza e visibilità nell’era digitale sollevano preoccupazioni sulle capacità di discernimento e sulla memoria collettiva dei cittadini. Quando i politici cambiano posizione basandosi sui sondaggi di opinione o sulla reazione del pubblico su piattaforme social, ci si distacca dalla visione e dai principi, riducendo la politica a una serie di mosse tattiche dettate dall’opportunità del momento.

Foto dell’autore creata con AI

Il panorama politico attuale sembra un teatro in cui la rappresentazione prevale sulla realtà. Un palcoscenico dove le parole spesso non trovano corrispondenza nelle azioni. In questo contesto, i politici si avvalgono di topos e luoghi comuni, trasformando ad esempio banche, multinazionali, chimica, genetica o il mal capitato di turno nei “cattivi” della narrazione moderna. Questi elementi, assimilabili al “o’ malamente” delle sceneggiate napoletane, fungono da comodi ganci utilizzati per distogliere l’attenzione dai veri problemi o per denigrare gli avversari. Questo approccio “tutto fumo e niente arrosto” minaccia di trasformare il governo in un palcoscenico per performance vuote, dove il successo si misura più in termini di reazioni immediate dei media e dei social network che non in risultati tangibili o nel benessere a lungo termine della popolazione.

L’Arte della distrazione ovvero il ricorso a luoghi comuni si manifesta in una serie di dichiarazioni che sembrano più adatte a uno spot pubblicitario che a un discorso politico. Il ministro Lollobrigida, che qualche settimana fa rilancia sui media l’immagine degli agricoltori in protesta a Bruxelles contro chi “vi vuole far mangiare grilli“, è esemplificativo di come la politica sfrutti questi temi per costruire narrazioni semplicistiche, polarizzanti evitando di dire che la contestazione è anche contro i governi nazionali. In questo modo, i leader politici cercano di evocare un senso di appartenenza culturale o ideologica, attingendo a un immaginario collettivo condiviso e a sentimenti di paura o rifiuto verso il “diverso”.

L’analogia con la sceneggiata napoletana è evidente. Nella politica attuale, concetti come le banche ed i loro extra-profitti (ma extra profitto non era una definizione marxista e per giunta rigettata dalle teorie economiche non marxiste?), le multinazionali o la carne sintetica diventano simboli di un male esterno, contro cui unire le forze. Questo utilizzo di simboli negativi serve a creare coesione interna attraverso un nemico comune, ma anche a semplificare complesse questioni socio-economiche e ambientali in semplici binari di buono contro cattivo.

Gli slogan politici, con la loro capacità di condensare idee complesse in frasi brevi e accattivanti, giocano un ruolo fondamentale in questa teatralizzazione. Questi sono strumenti potenti per veicolare messaggi diretti e immediatamente comprensibili, ma rischiano anche di ridurre il dibattito pubblico a una serie di battute prive di sostanza.  L’evocazione della nostalgia, del “c’era una volta”, specie in un paese attraversato da profonde crisi, sfrutta la tendenza umana a idealizzare il passato, offrendo soluzioni semplicistiche a problemi complessi.

Foto dell’autore creata con AI

La trasformazione della politica in spettacolo presenta rischi significativi. La continua ricerca dell’attenzione mediatica e la dipendenza dai social network spingono i politici a privilegiare la forma sulla sostanza, con annunci spesso in contraddizione tra loro a cui non segue alcuna azione congrua. Le parabole di Berlusconi, Grillo e Salvini dimostrano come l’ascesa e la caduta dei leader politici possano essere accelerate da questa enfasi sulla comunicazione spettacolarizzata. La sfida per una politica più matura e costruttiva sta nel superare la tentazione della semplificazione e della sceneggiata, per affrontare con serietà e responsabilità le complesse questioni che caratterizzano le società contemporanee. La riconnessione tra parole e azioni, l’abbandono dei topos come strumenti di manipolazione, e il ritorno a un dibattito politico radicato nella realtà potrebbe ristabilire la fiducia dei cittadini nel processo democratico e nelle istituzioni che lo rappresentano.

Questo stile di comunicazione politica porta a una serie di conseguenze preoccupanti per la società e la democrazia. In primo luogo, si assiste a una crescente disillusione e apatia tra i cittadini, che si sentono sempre più distanti da un discorso politico percepito come irrilevante o disonesto e pertanto disertano le urne. Inoltre, la costante enfasi sulla forma rispetto al contenuto può erodere la fiducia nelle istituzioni politiche, compromettendo la capacità del sistema democratico di rispondere efficacemente alle sfide complesse della società contemporanea.

È fondamentale che la comunicazione politica che sia autentica e responsabile. Questo implica una riflessione critica sul ruolo dei media e delle piattaforme digitali nella modellazione del discorso politico, nonché sulle responsabilità dei partiti e dei politici nell’usare questi strumenti in modo etico e costruttivo. Solo così sarà possibile ripristinare la fiducia dei cittadini nel processo politico e garantire che la democrazia rimanga resiliente di fronte alle sfide del XXI secolo.

 

Addendum: vademecum per l’aspirante politico in vista delle prossime elezioni

Nel comunicare informazioni, anche quando non corrispondono alla verità, i politici o gli aspiranti tali possono avvalersi di diverse tecniche retoriche e strategie comunicative. Queste metodologie sono spesso impiegate per influenzare l’opinione pubblica, distogliere l’attenzione da fatti scomodi o promuovere agende politiche specifiche. Di seguito, alcune delle tecniche più comuni:

  1. Linguaggio carico emotivamente

Utilizzare parole e frasi progettate per suscitare forti reazioni emotive piuttosto che promuovere un’analisi razionale. Questo può includere l’uso di metafore, iperbole e linguaggio polarizzante per dipingere situazioni in termini di bene assoluto contro male assoluto.

  1. Omissione selettiva

Scegliere di divulgare solo quei fatti che sostengono la narrativa desiderata, omettendo informazioni che potrebbero contraddirla o metterla in dubbio. Questo può creare un quadro distorto della realtà che favorisce la voluta posizione.

  1. Affermazioni senza fondamento

Fare dichiarazioni assertive senza fornire prove o citando fonti non affidabili. Questo può confondere o ingannare il pubblico meno informato o predisposto a credere alla loro autorità.

  1. Ricorso a fallacie logiche

Avvalersi di argomentazioni fallaci, come l’attacco ad hominem (attaccare l’avversario invece dell’argomento), la falsa dicotomia (presentare solo due opzioni quando ce ne sono altre) o l’appello alla paura (usare la paura come strumento per influenzare l’opinione pubblica).

  1. Reiterazione e ripetizione

Ripetere le stesse affermazioni più volte, anche in assenza di prove, basandosi sul principio che una menzogna ripetuta abbastanza volte può essere percepita come verità.

  1. Uso di testimoni credibili o autorità

Cercare l’endorsement di figure pubbliche, esperti o autorità rispettate per conferire credibilità alle proprie affermazioni, anche quando le prove a sostegno sono deboli o assenti.

  1. Distrazione e cambio di argomento

Deviare l’attenzione da questioni scomode o critiche attraverso l’introduzione di nuovi temi o attraverso l’organizzazione di eventi mediatici che distraggono l’opinione pubblica.

  1. Framing e contesto

Modellare il contesto in cui un’informazione viene presentata per influenzare la percezione del pubblico. Questo può includere l’enfasi su certi aspetti di una questione a scapito di altri o la modifica del contesto in cui una dichiarazione viene fatta per alterarne il significato percepito.

  1. Gaslighting

Cercare di far dubitare il pubblico della propria percezione della realtà, negando fatti evidenti o riscrivendo la storia per favorire la propria narrativa.

Queste tecniche, utilizzate con perizia, hanno un impatto significativo sull’opinione pubblica e sul dibattito politico.

Foto di apertura di Gerd Altmann da Pixabay