Non sono affatto meravigliato dalla bassa affluenza alle urne in quest’ultima tornata elettorale.
La politica, la sua sostanza e la sua comunicazione, sono diventate assai noiose e sempre più spesso di bassissimo livello, ignorando completamente i sentimenti dei cittadini. L’esame del voto ci dice chiaramente che i cittadini europei temono la guerra e vorrebbero la pace, mentre i governi europei sono tutti schierati per la guerra a rimorchio del padrone USA che detta le regole, e nessun leader europeo ha la forza e la stazza per imporre una politica europea in contrasto con gli americani, nemmeno di fronte al disastro economico-finanziario che questa guerra comporta per l’Europa.
Altra grande preoccupazione dei cittadini europei è l’immigrazione, mai governata con raziocinio. Fino a quando non ricorderemo le profetiche parole di Craxi (fino a quando popolazioni strette tra estrema povertà, carestie, conflitti e sfruttamenti vedranno le luci della ricchezza della ricca Europa, non cesseranno gli sbarchi) non saremo in grado di affrontare seriamente la questione, nonostante noi italiani abbiamo estremo bisogno di cittadini giovani e lavoratori.
Questi due fattori, guerra e immigrazione, hanno contraddistinto le scelte degli elettori.
I politici sono campioni nel manipolare i numeri e sentirsi soddisfatti, ma la verità è una sola: i conti si fanno sui voti assoluti, non sulle percentuali che mutano in corrispondenza delle percentuali dei votanti. I numeri ci dicono che i partiti di governo hanno tutti perso voti, mentre hanno accresciuto voti il PD e di più l’AVS.
Di fondo c’è, secondo me, una questione fondamentale: la politica non è solo parlare di problemi quotidiani, di amministrazione del presente. La politica è, prima ancora di ciò, passione, visione, speranza. Ho rivisto giorni addietro il video dei funerali di Berlinguer, un milione e mezzo di persone in piazza accomunate da un sentimento comune, delegazioni straniere di tutto il mondo, politici di estrazione diversa, un Presidente commosso e in sintonia con la piazza. La politica è prima di tutto questo e questo non c’è più. Oggi c’è la cronaca, i Vannacci di turno e volete che i cittadini si appassionino? Volete che i giovani apprezzino i nostri politici e questa politica?
Tra destra e sinistra c’è però una differenza: la destra ha i suoi conflitti interni ma si presenta unita e prende voti; la sinistra è incapace di fare unità ma ha bisogno di presentarsi divisa e di non massimizzare i propri consensi.
Mancano ancora tre anni alle prossime elezioni nazionali e il lusso dello stare all’opposizione potrebbe portare al primato della razionalità e alla riscoperta del sale della politica, la passione. Non ci resta che sperare.