a cura di

Rodolfo Ruocco

L’incognita Draghi bis

Ci risiamo. Su Giorgia Meloni ricompare l’incubo del Draghi bis. Già un anno fa comparve l’ipotesi di un nuovo governo tecnico di grande coalizione, ma la presidente del Consiglio riuscì a scongiurare il pericolo. Se la prese con la sinistra: è «la speranza dei soliti noti. E mi fa sorridere». In caso di crisi, precisò allora, ci sono le elezioni politiche anticipate.

Massimo Cacciari

Adesso però ricompare l’incognita del Draghi bis. Il governo Meloni traballa e il Draghi bis riemerge: sussurrato, previsto, osteggiato. Massimo Cacciari indica soprattutto due fronti caldissimi: guerra ed economia. Dice all’Avanti! della Domenica: Giorgia Meloni non ce la farà, si tornerà «al governo del tecnico». Sergio Mattarella chiamerà «il governatore della Banca d’Italia o Draghi come salvatore della patria», sostiene il filosofo guru della sinistra nell’intervista a Giada Fazzalari.

Di Mario Draghi si parla molto. L’ex presidente del Consiglio ed ex governatore della Banca centrale europea, 77 anni, non è certo un vecchio pensionato. Ai primi di settembre illustra il suo rapporto sulla crisi di competitività europea. Propone un ambizioso piano di ben 750-800 miliardi di euro l’anno da investire in innovazione, energia e difesa per restituire competitività ed evitare «una lenta agonia» dell’Unione europea. Condisce il progetto con una proposta indigesta alla Germania e alle nazioni rigoriste del nord Europa: questa cifra enorme, quasi il 5% del Pil dei paesi Ue, deve essere finanziata da Bruxelles con titoli del debito comune.

Subito dopo Draghi, a sorpresa, va a trovare Marina Berlusconi nella sua casa di Milano. La presidente della Fininvest, figlia di Silvio fondatore di Forza Italia, si limita a comunicare: il colloquio è stato «molto cordiale e gradevole». In una lettera a Repubblica smentisce una «disistima» della famiglia Berlusconi verso Meloni e una «scontentezza» verso Antonio Tajani ministro degli Esteri e segretario di Forza Italia.

Draghi bis, Mario Draghi e Giorgia Meloni

Mario Draghi e Giorgia Meloni

Marina Berlusconi però da mesi non fa mistero di coltivare una visione dei diritti civili molto diversa da quella della presidente del Consiglio. E Forza Italia, alleata di governo, non a caso si differenzia premendo, ad esempio, per un ampliamento del diritto di cittadinanza per gli immigrati tramite lo “ius scholae”. L’ idea piace al centro-sinistra ma è respinta al mittente da Lega e Fratelli d’Italia.

Successivamente Draghi va a Palazzo Chigi per incontrare la presidente del Consiglio. Il colloquio dura oltre un’ora tra sorrisi e strette di mano. Lo scambio di idee è centrato sull’Europa e, in particolare, sul rapporto elaborato da Draghi sulla competitività.

La navigazione dell’esecutivo di destra-centro vede moltiplicarsi insidiosi scogli. Il più pericoloso è il rischio di 6 anni di carcere per Salvini. I pubblici ministeri di Palermo motivano la richiesta ipotizzando il reato di sequestro di persona. Nell’agosto del 2019 l’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini, vice presidente del Consiglio e segretario della Lega, negò lo sbarcò a 147 migranti della nave Open Arms. La questione da giudiziaria diventa politica.

Matteo Salvini e Giorgia Meloni

Deflagra lo scontro. L’accusato, adesso ministro delle Infrastrutture (e sempre vice premier e segretario del Carroccio) attacca a testa bassa. Parla di «follia» perché lui ha semplicemente difeso i confini nazionali, indica «una responsabilità politica della sinistra», sembra preparare delle manifestazioni di piazza contro i pm di Palermo. Il numero 2 dell’esecutivo è azzoppato. Meloni lo sostiene.

Il governo di destra-centro barcolla da tempo. Ha già perso un ministro: Gennaro Sangiuliano si è dimesso per il caso Boccia. La ministra Daniela Santanchè ha dei guai con la giustizia e rischia di fare la stessa fine. Il nuovo Patto di stabilità per l’euro impone una severa legge di Bilancio per il 2025 e tante promesse rischiano di saltare, come quella leghista del pensionamento anticipato con 41 anni di contributi. L’industria perde colpi, addirittura rischia di chiudere Mirafiori a Torino, un tempo la più grande fabbrica automobilistica d’Europa, culla dell’ex impero Fiat. Le guerre in Ucraina e in Medio Oriente causano pesanti contraccolpi all’interno della maggioranza di destra-centro.

C’è anche la mina delle elezioni regionali. La presidente del Consiglio nei prossimi mesi dovrà affrontare tre rischiose elezioni regionali: in Liguria, Emilia-Romagna e Umbria. Saranno guai se la spunterà in tutti e tre i casi il pur malconcio centro-sinistra.

L’Italia ha conosciuto tre governi tecnici di grande coalizione quando il sistema politico è entrato in crisi: Dini nel 1995, Monti nel 2011, Draghi nel 2021. Per Draghi potrebbe arrivare un bis. L’innesco alla crisi del governo Meloni potrebbe arrivare dalla possibile sconfitta della coalizione di destra-centro nelle consultazioni regionali. Non sarebbe la prima volta che un governo cadrebbe per una disfatta nelle regionali.

 

 

 

 

 

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