Ci risiamo. Su Giorgia Meloni ricompare l’incubo del Draghi bis. Già un anno fa comparve l’ipotesi di un nuovo governo tecnico di grande coalizione, ma la presidente del Consiglio riuscì a scongiurare il pericolo. Se la prese con la sinistra: è «la speranza dei soliti noti. E mi fa sorridere». In caso di crisi, precisò allora, ci sono le elezioni politiche anticipate.
Adesso però ricompare l’incognita del Draghi bis. Il governo Meloni traballa e il Draghi bis riemerge: sussurrato, previsto, osteggiato. Massimo Cacciari indica soprattutto due fronti caldissimi: guerra ed economia. Dice all’Avanti! della Domenica: Giorgia Meloni non ce la farà, si tornerà «al governo del tecnico». Sergio Mattarella chiamerà «il governatore della Banca d’Italia o Draghi come salvatore della patria», sostiene il filosofo guru della sinistra nell’intervista a Giada Fazzalari.
Di Mario Draghi si parla molto. L’ex presidente del Consiglio ed ex governatore della Banca centrale europea, 77 anni, non è certo un vecchio pensionato. Ai primi di settembre illustra il suo rapporto sulla crisi di competitività europea. Propone un ambizioso piano di ben 750-800 miliardi di euro l’anno da investire in innovazione, energia e difesa per restituire competitività ed evitare «una lenta agonia» dell’Unione europea. Condisce il progetto con una proposta indigesta alla Germania e alle nazioni rigoriste del nord Europa: questa cifra enorme, quasi il 5% del Pil dei paesi Ue, deve essere finanziata da Bruxelles con titoli del debito comune.
Subito dopo Draghi, a sorpresa, va a trovare Marina Berlusconi nella sua casa di Milano. La presidente della Fininvest, figlia di Silvio fondatore di Forza Italia, si limita a comunicare: il colloquio è stato «molto cordiale e gradevole». In una lettera a Repubblica smentisce una «disistima» della famiglia Berlusconi verso Meloni e una «scontentezza» verso Antonio Tajani ministro degli Esteri e segretario di Forza Italia.
Marina Berlusconi però da mesi non fa mistero di coltivare una visione dei diritti civili molto diversa da quella della presidente del Consiglio. E Forza Italia, alleata di governo, non a caso si differenzia premendo, ad esempio, per un ampliamento del diritto di cittadinanza per gli immigrati tramite lo “ius scholae”. L’ idea piace al centro-sinistra ma è respinta al mittente da Lega e Fratelli d’Italia.
Successivamente Draghi va a Palazzo Chigi per incontrare la presidente del Consiglio. Il colloquio dura oltre un’ora tra sorrisi e strette di mano. Lo scambio di idee è centrato sull’Europa e, in particolare, sul rapporto elaborato da Draghi sulla competitività.
La navigazione dell’esecutivo di destra-centro vede moltiplicarsi insidiosi scogli. Il più pericoloso è il rischio di 6 anni di carcere per Salvini. I pubblici ministeri di Palermo motivano la richiesta ipotizzando il reato di sequestro di persona. Nell’agosto del 2019 l’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini, vice presidente del Consiglio e segretario della Lega, negò lo sbarcò a 147 migranti della nave Open Arms. La questione da giudiziaria diventa politica.
Deflagra lo scontro. L’accusato, adesso ministro delle Infrastrutture (e sempre vice premier e segretario del Carroccio) attacca a testa bassa. Parla di «follia» perché lui ha semplicemente difeso i confini nazionali, indica «una responsabilità politica della sinistra», sembra preparare delle manifestazioni di piazza contro i pm di Palermo. Il numero 2 dell’esecutivo è azzoppato. Meloni lo sostiene.
Il governo di destra-centro barcolla da tempo. Ha già perso un ministro: Gennaro Sangiuliano si è dimesso per il caso Boccia. La ministra Daniela Santanchè ha dei guai con la giustizia e rischia di fare la stessa fine. Il nuovo Patto di stabilità per l’euro impone una severa legge di Bilancio per il 2025 e tante promesse rischiano di saltare, come quella leghista del pensionamento anticipato con 41 anni di contributi. L’industria perde colpi, addirittura rischia di chiudere Mirafiori a Torino, un tempo la più grande fabbrica automobilistica d’Europa, culla dell’ex impero Fiat. Le guerre in Ucraina e in Medio Oriente causano pesanti contraccolpi all’interno della maggioranza di destra-centro.
C’è anche la mina delle elezioni regionali. La presidente del Consiglio nei prossimi mesi dovrà affrontare tre rischiose elezioni regionali: in Liguria, Emilia-Romagna e Umbria. Saranno guai se la spunterà in tutti e tre i casi il pur malconcio centro-sinistra.
L’Italia ha conosciuto tre governi tecnici di grande coalizione quando il sistema politico è entrato in crisi: Dini nel 1995, Monti nel 2011, Draghi nel 2021. Per Draghi potrebbe arrivare un bis. L’innesco alla crisi del governo Meloni potrebbe arrivare dalla possibile sconfitta della coalizione di destra-centro nelle consultazioni regionali. Non sarebbe la prima volta che un governo cadrebbe per una disfatta nelle regionali.