Un anno fa, il 7 ottobre 2023, l’organizzazione terroristica Hamas ha effettuato il suo attacco di brutalità indicibile contro i civili israeliani. Oggi sembra che pochi europei se ne ricordino. La maggior parte degli europei non ha mai sentito dire che ciò sia accaduto nel giorno del compleanno del presidente russo Putin. Naturalmente, non sappiamo se si sia trattato di una semplice coincidenza o di una sorta di “regalo” pervertito da parte di un regime terrorista amico come quello iraniano. Così come un tempo l’assassinio della giornalista dell’opposizione russa Anna Politkovskaja, di origine ucraina, fu effettuato come “semplice coincidenza” il 7 ottobre 2006. Tuttavia, questo giorno non si presta per soli ricordi tristi e tragici.

Ogni anno il primo lunedì di ottobre, quest’anno è stato il 7 ottobre, molti paesi del mondo celebrano la Giornata internazionale del medico. La medicina non è solo una professione, è una vocazione che richiede incredibile coraggio, abnegazione e servizio quotidiano alle persone, soprattutto in tempo di guerra. In occasione della Giornata internazionale del medico, così come di un’altra festa importante, che si celebra anche in Ucraina in ottobre – il Giorno del difensore e della difenditrice-, in questo numero di TUTTI Europa Ventitrenta vogliamo condividere alcuni brevi racconti della vita militare dei medici ucraini di oggi. Sono interessanti perché sono scritti dai medici stessi e rivelano i loro sentimenti, le emozioni ed i pensieri. Cominciamo con una dottoressa esperta che, sin dall’inizio dell’invasione russa, si unì ai ranghi delle Forze Armate Ucraine e si trasformò da ostetrica-ginecologa civile in chirurga militare. Questa donna coraggiosa salva la vita ai soldati ucraini feriti e scrive storie sulla guerra in tempo reale. Di seguito sono riportati alcuni estratti delle sue storie, che ha unito sotto il nome “Sulle strade della guerra”.

 

Iryna Medved

 

Un giorno di febbraio, hai chiuso dietro di te la porta di casa. Hai chiesto scusa ai tuoi tre lavori interessantissimi e importanti. Hai confessato le tue colpe ai pazienti… Hai chiesto loro perdono e li hai consegnati nelle mani affidabili dei colleghi. E hai preso una strada completamente diversa: militare. Nuova, inesplorata, ma così importante per te adesso. Perché nelle folte selve della tua anima c’è sempre stata la consapevolezza che dovresti stare dove c’è più bisogno di te.

L’autrice si esercita ad utilizzare la pistola (foto di S. Galych)

L’autrice si esercita ad utilizzare la pistola (foto di S. Galych)

EROI SEMPLICI

Lui è in piedi davanti a me, praticamente un mio coetaneo. No, un anno più giovane. Invece sembra una persona molto anziana. Le trincee non ti ringiovaniscono… Le lacrime scendono incontrollabili dai suoi occhi. Tremano le braccia e le gambe. Sembra che riesca a malapena a stare in piedi. No, non sembra. Andatura instabile, movimenti incerti, corpo tremante. Pressione sanguigna aumentata, polso rallentato. Quest’uomo non è ubriaco. È un combattente e un eroe, ma ora il suo corpo è molto debole. Dopotutto, durante l’ultima battaglia ha subito una grave lesione cerebrale a causa di un’esplosione.

– Mi dimetta perché possa andare dai miei ragazzi, la supplico, – tenta di convincermi con voce debole, – c’è bisogno di me lì. Opero con il lanciagranate, devo essere là, con i nostri! Mi dimetta!!!

– No, non posso, – rispondo con pazienza, – riesce a malapena a stare in piedi. Dovrebbe essere curato. La cureremo, la rimetteremo apposto, poi andrà dai ragazzi.

– Mi stanno aspettando! – insiste ostinatamente il soldato.

– Certo che stanno aspettando! – confermo, – Tuttavia, in questa forma non è capace di combattere!

Continuando a tremare come una foglia al vento, si allontana lentamente da me con andatura incerta. Il corpo non obbedisce, centra a fatica il vano della porta. Sbanda di lato, il suo compagno riesce a sorreggerlo. Tuttavia, lui ostinatamente ritorna di nuovo da me

– Beh, vuole capire, io devo…!

 

L’autrice mentre opera (foto di S. Galych)

In questo momento, sembra che io possa uccidere, lacerare, graffiare qualsiasi rascista. Guardando questo corpo magro in una felpa militare traforata dalle schegge e sbiadita penso alla grandezza di quest’uomo semplice e arriva nella mia gola un insidioso nodo da dentro, come dall’anima stessa.

Carogna la guerra! Infami, gentaglia chi l’ha portata in casa nostra!!!

 

Per aiutare questi semplici eroi, mi sono arruolata nell’Esercito. Ecco perché devo fare quello che faccio.

Gloria agli Eroi!!!

 

***

 

L’INCREDIBILE

All’inizio mi sembrava molto solo. Nei brevi momenti in cui non c’era lavoro medico nell’ospedale mobile, questo medico militare si sedeva da solo accanto alla tenda e pensava a qualcosa con gli occhi abbassati a terra. Non rideva nelle piccole compagnie spontanee. Non stava attaccato al cellulare. Non flirtava con le infermiere. Sedeva in silenzio e sembrava ascoltare o guardare qualcosa dentro di sé.

 

Qualcuno prima mi aveva detto che era stato sotto l’occupazione per un certo periodo. Ecco perché era così triste. Volevo davvero chiedergli cosa aveva vissuto, ma non osavo. Non mi sembrava che volesse condividere ciò che aveva vissuto. Non volevo far tornare ricordi che forse erano tristi.

L’autrice e il suo collega dopo un’operazione (foto di S. Galych)

Un giorno, quando tutto il lavoro necessario era stato fatto e discutevamo piuttosto animatamente delle condizioni dei pazienti, ho osato fare una domanda:

– Faceva paura a stare sotto l’occupazione?

Mi sembrò che per la prima volta alzasse gli occhi su di me; rispose brevemente:

– Faceva paura.

– Qual è stata la cosa che ha fatto più paura? – Cercavo di capire se non stavo causando un trauma all’uomo con le mie domande, ma per me era importante sapere.

– La cosa che faceva più paura è stata quella di guardare LORO in faccia perché LORO attraverso lo sguardo non potessero capire QUANTO li odiamo! – rispose il mio collega.

È così che chiamava gli invasori: “loro”.

– All’inizio dell’occupazione, andavate alle manifestazioni, li pressavate. – Dissi con cautela. – Che cosa è successo dopo? Perché avete cominciato ad avere paura?

– Sì, all’inizio siamo andati in piazza, ci siamo riuniti, abbiamo mostrato il nostro atteggiamento nei confronti di chi stava nei carri armati.

Tacque, come se ricordasse quegli eventi.

– E poi cosa è successo? – interruppi la pausa.

– E poi la gente ha cominciato a scomparire. Coloro che erano i nostri leader. All’inizio scomparivano singolarmente, poi in gruppi. Abbiamo capito tutti che non c’erano più. Avemmo notizie sui casi in cui i civili venivano fucilati solo perché non piaceva loro lo sguardo…

– Però! – dissi pensierosa. – Io non avrei proprio resistito. M’avrebbero fucilata di sicuro nell’arco di una settimana.

Alzò lo sguardo su di me. Nei suoi occhi si potevano leggere tante emozioni vissute e nascoste, come se guardassi in un abisso. E poi pronunciò molto seriamente:

– Conoscendola, penso che l’avrebbero fucilata il primo giorno.

Gli ho creduto. Era un chirurgo endoscopista specializzato e molto esperto prima della guerra, ora altrettanto specializzato chirurgo militare. Durante il breve periodo di servizio insieme mi sono convinta delle sue capacità professionali, dell’umanità e di molte altre virtù. Da quel momento divenne per me una vera e propria personificazione della resistenza interna del mio Paese. Una persona che è sopravvissuta all’occupazione e poi è fuggita da lì verso la sua gente. Una persona che quell’orrore non l’ha dimenticato all’estero o nelle città delle lontane retrovie, ma lo ha portato nei ranghi delle Forze Armate Ucraine. Una persona venuta per salvare i difensori del suo Paese. Quest’uomo nella mia classifica delle personalità ha occupato uno dei primi posti. Gli eventi successivi e il servizio insieme mi hanno convinto che non mi ero affatto sbagliata.

 

Una guerra sanguinosa continuava. Una guerra in cui ogni ucraino aveva la sua storia, e la piccola storia di ognuno di noi diventava ogni giorno la storia del mio Paese.

 

2022, guerra

 

Continua nella prossima pubblicazione