A tutti noi, ucraini, piacerebbe molto che l’Ucraina fosse associata non solo alla parola “guerra”. Proprio per questo, in vista del Natale, abbiamo deciso di far conoscere un po’ al lettore italiano le nostre tradizioni natalizie nazionali che in realtà sono molto interessanti e originali. Sebbene il Natale sia stato in gran parte cancellato dal calendario ucraino per la maggior parte del XX secolo a causa della politica antireligiosa dell’Unione Sovietica, molte delle sue tradizioni sono sopravvissute e stanno rinascendo. A partire dall’anno scorso, il 2023, per la prima volta dal 1917, il Natale in Ucraina è ufficialmente celebrato il 25 dicembre.
Iryna Medved
Quante volte avete sentito la frase che il Natale ormai non è come una volta? Di solito viene detto dalla gente che vuole avere a tutti i costi un Natale perfetto. Parlando di queste cose, noi abbiamo deciso di mettere insieme tutto ciò che sappiamo dell’autentico Natale, quello di una volta. Anche se entrambe viviamo da anni in Italia e abbiamo imparato e apprezzato molte usanze natalizie di questo paese, vi vogliamo raccontare del Natale ucraino. Siamo certe che scoprirete molte cose nuove e, forse, ne farete tesoro per poter organizzare al meglio anche il vostro Natale e farlo assomigliare di più a quello di un tempo. Durante la lettura troverete tante parole sconosciute. Niente paura, continuate a leggere e troverete tutte le spiegazioni. Allora, da dove si comincia?
Prepararsi con calma e in anticipo
La parola d’ordine per tutte le preparazioni del Natale ucraino è la prevedibilità! Niente colpi di genio dell’ultimo minuto! Il menù è prestabilito da secoli. Il sacchetto con il grano più bello per la Kutia e anche il covone per il Diduch si mettevano da parte subito dopo la raccolta. Le più dolci pere, mele e prugne per Uzvar si facevano essiccare d’estate, i funghi d’autunno. Nelle lunghe serate del periodo prenatalizio si preparavano i decori, facendo intagli sul legno o sulla carta, intrecciando la paglia, ecc. Tutte queste piccole accortezze si tramandavano da una generazione all’altra per far sì che a Natale ogni membro della famiglia sapesse benissimo il suo compito e lo svolgesse con dedizione e senza fretta. In anticipo si preparavano anche i biscotti in una notevole quantità e gli altri dolci, specialmente quelli che si conservano bene e con un riposo lungo addirittura migliorano. Si facevano anche una bella scorta di mele e noci, perché si prevedeva che a Natale sarebbero venuti non soltanto gli amici e parenti, ma anche i numerosi koliadniky e anche a loro si sarebbe dovuto offrire qualcosa. Perché la Koliada si sta avvicinando!
Che cos’è la Koliada?
Allora, cominciamo dalle basi. Koliada in senso generale indica il periodo festivo che va dal Natale all’Epifania e tutti i riti tradizionali che si svolgono in quel periodo. Proviene dalla parola latina „calendae“, che significa il primo giorno del mese, e risuona in modo simile nelle molte lingue slave. In Ucraina, in particolare, ha dato la radice anche alle altre parole koliadky (canti natalizi), koliadniky (le persone adulte o bambini, che il giorno di Natale andavano di casa in casa con i canti di festa).
Pertanto, alla fine, Koliada significa proprio la tradizione di fare gli auguri agli amici e parenti, venendo nel loro cortile di casa per cantare un bell’inno natalizio! Spesso e volentieri i koliadniky si travestivano in personaggi del Presepe o gli altri personaggi, che non c’entrano niente con la Natività, per esempio Koza (la Capra), il Soldato, ecc. Quasi sempre i koliadniky portavano con sé la simbolica stella con una candela dentro (oggi si usa una lampadina) oppure il Presepe dentro una scatola con la finestrella, illuminata allo stesso modo. Adesso chiudete gli occhi ed immaginate un paesino rurale ucraino. Aprendo la porta di casa, potete sentire questi canti da tutte le parti… è un’atmosfera magica!
Il Vertep ucraino
Il Presepe riproduce la scena della Natività che in sostanza è il fulcro di tutti i festeggiamenti natalizi. Nella Ucraina moderna può sembrare che la tradizione di allestire il Presepe si usi poco, ora è tramandata sopratutto nelle regioni occidentali del paese. Ma nell’epoca barocca, in Ucraina dal classico Presepe è nato un nuovo fenomeno della cultura popolare: il “Vertep”. Inizialmente era un teatrino di marionette o burattini, che rappresentava le scene di Natività. Col tempo si è evoluto nel rispecchiare anche i fatti dell’attualità. Il “vertep” veniva portato per le strade di campagna sia da attori o menestrelli, sia da studenti, che in cambio dello spettacolo itinerante, ricevevano delle mance e, a volte, venivano invitati a entrare nelle case.
Se questo argomento vi interessa, potete trovare qui ulteriori approfondimenti.
L’albero è di Natale o di Capodanno?
È impensabile che Natale possa essere senza l’albero. È un simbolo delle feste del Natale da sempre! O no? No, non lo era. Molte leggende narravano che l’albero di Natale si faceva già due mila anni fa nell’antica Roma e poi in molti altri posti; che mettere le candele fu un’idea di Martin Lutero, ma non ci sono le prove certe di tutto ciò. A quanto pare, la tradizione di fare l’albero proprio per il Natale si diffuse soltanto al XVIII secolo. Ma noi vorremo raccontarvi una storia ancora più recente. Nell’Ucraina di poco più di cent’anni fa si usava di fare l’albero per il Natale. Non c’era un giorno prestabilito: qualcuno lo addobbava per la festa di San Nicola o qualche giorno dopo, gli altri preferivano farlo nella mattinata del 24 dicembre, prima della Vigilia.
Poi sono arrivati i sovietici, dicendo che il Natale e tutto ciò che è legato a questa festa è una invenzione dei preti e andava abolito. Prima di tutto, con l’appoggio degli stessi preti, tutte le date religiose furono spostate di due settimane in avanti, così il Natale avveniva già dopo il Capodanno e poi hanno cominciato una campagna per infangare e ridicolizzare tutte le usanze natalizie. Le persone che lavoravano per lo Stato, sul lavoro si comportavano da atei convinti, ma a casa continuavano a preparare l’albero. I contadini se ne fregavano proprio, continuando con le koliadke (canti natalizi), il Vertep (il Presepe in forma di teatrino di burattini), l’albero e tutto il resto. Così nel 1928, con un decreto speciale, fu proibito fare i festeggiamenti. Ma non funzionò neanche il decreto ufficiale. Allora nel 1936 l’albero fu riabilitato… diventando l’albero di Capodanno! San Nicola diventò il Nonno Gelo, le koliadke furono trasformate in canzoni che lodavano il governo sovietico; per il Vertep non ci fu niente da fare, lo buttarono via. Il risultato di oggi? Gli alberi di Natale dopo cent’anni di nuovo si accendono in tutte le città e nelle case degli ucraini, anche in tempi di guerra.
Il covone, detto Diduch
Molti simboli natalizi ucraini, per quanto possano essere originali, hanno più o meno analoghi simili in altre culture europee. Ma ce n’è uno, che (forse) è unico nel suo genere. È il covone, che più spesso viene chiamano DIDUCH, DID, DIDOČIOK. Tutte queste parole hanno la radice comune „did“(nonno), forse per trasmettere la continuità delle tradizioni popolari. I nostri avi agricoltori credevano, che nelle piante, che loro coltivavano, vivesse lo spirito vegetale. Per questo motivo fra i falciatori si usava alla fine della raccolta lasciare sul campo qualche spiga o intero covone, il „did“, il nonno.
Questo covone, che veniva conservato fino all’inverno, per Natale veniva portato dentro casa. Esso simboleggiava la continuità della vita e la fertilità, perché morendo dentro il terreno, il seme dava vita alla nuova pianta. È logico, che per il covone si sceglieva il posto più importante della casa, nell’angolo, chiamato „pokuttia“, dove, dopo l’arrivo del cristianesimo, si esibivano le icone.
Con passare del tempo il diduch ha subito alcune variazioni; la naturale propensione del popolo per la bellezza ha fatto sì che di seguito il diduch veniva composto da spighe dei diversi cereali che il hospodar (il padrone terriero) pensava di coltivare nella stagione successiva. Si usavano le spighe di avena, segale, frumento. Spesso al diduch si dava la forma dell’albero della vita, come un simbolo universale. Nei tempi più recenti in molte località l’albero di Natale ha preso il posto del diduch.
La ricetta di un sereno Natale
Agli amici e parenti noi molto spesso auguriamo il sereno Natale. Ma cosa vuol dire e come raggiungere questa così desiderata serenità? I nostri avi la preparavano in anticipo. Quaranta giorni prima di Natale si rispettava il periodo di magro: si mangiavano solo cibi vegetali, nei giorni festivi e domenicali era concesso il pesce. I credenti facevano anche la confessione, ma prima si doveva chiedere il perdono di tutti in casa e poi anche alle persone fuori casa ai quali è stato fatto un torto. Questo permetteva di riappacificarsi e non portare avanti il peso di sensi della colpa.
Per Natale si ripuliva a fondo la casa, si portavano dentro i simboli principali di Natale (l’albero, il Presepe, il Diduch…), dal cortile andava tolta tutta la neve per fare lo spazio ai koliadniky. Si restituivano tutte le cose e i soldi presi in prestito. Nel giorno precedente alla Vigilia si metteva la tovaglia bianca e i ruscnik ricamati. Ruscnyk è una striscia bianca di tela di cotone o di lino, ricamata con motivi che cambiano da una regione all’altra. Con lo stesso termine si può definire anche un asciugamano o canovaccio per i piatti, ma il ruscnyk ricamato è più che altro un simbolo. Sul ruscnyk si mette il pane e il sale per omaggiare gli ospiti più graditi; con esso si addobbano le icone sacre in casa o in chiesa. Inoltre esso si stende sotto i piedi della coppia che si sposa per fare il giuramento. Mentre la hospodynia (padrona di casa) preparava i dodici piatti della Vigilia in onore dei dodici apostoli, il hospodar (padrone di casa, capo famiglia) doveva far accudire particolarmente bene, con abbondante fieno profumato, il bestiame anche per onorare il bue e l’asinello che, nella narrazione natalizia, hanno scaldato Gesù bambino. Con l’apparire della prima stella nel cielo della sera del 24 dicembre, la famiglia si metteva a tavola.
La Vigilia o la Santa serata
La Vigilia di Natale, che in Ucraina si chiama Sviatvečir (Santa serata) è un concentrato di riti, usanze e magie. Nel giorno del 24 dicembre tutti stanno a digiuno fino al Cenone, fanno eccezione solo i bambini, le donne incinta e i malati. Ma si cena molto presto, all’imbrunire ed essendo una delle giornate più corte dell’anno, parliamo delle ore del tardo pomeriggio. Invece già dalle prime luci dell’alba si era cominciato a cucinare. Bisognava preparare le citate dodici pietanze per il Cenone. Immancabile e la più importante di tutti era la Kutia, fatta di grano cotto a lungo sul fuoco lento, che veniva condita alla fine con il miele, noci, uvetta e semi di papavero macinati.
Non potevano mancare anche i varenyky (una specie di tortelli con i ripieni vari), la uzvar (la frutta essiccata cotta nello sciroppo), i golubtsi (involtini di verza), il borsch (minestrone a base di rape rosse), il pesce, i funghi, i legumi, i bomboloni con i semi di papavero, ecc. Intanto si preparava anche il tavolo. Sotto la tovaglia sui quattro angoli si mettevano le monetine – per augurare alla famiglia di avere abbastanza denaro nell’anno che verrà. Sul capo di tavola si metteva il kalach (il pane rituale, formato della treccia decorata da spighe e fiori, fatti dello stesso d’impasto prima della cottura) con la candela nel centro. Accanto si metteva qualche testa di aglio per scacciare gli spiriti maligni. Sotto il tavolo con il fieno si preparava una specie di nido. Li, il più piccolo membro della famiglia all’inizio del Cenone doveva mettersi accovacciato e pronunciare la filastrocca:
Coccodè, coccodino
Quaranta galline
L’unico gallo
Vogliono strapazzarlo!
Questo allegro rito dovrebbe “incentivare“ le galline a fare i nidi e covare le uova il prima possibile. Ma prima che il Cenone abbia inizio, la padrona di casa ha un ultimo compito da effettuare: preparare un cesto con un piccolo kalach e gli assaggini di tutti i dodici piatti appena fatti. Questo cesto lei stessa o qualcuno della famiglia lo porterà ad una persona che vive sola, a volte anche inferma. Perché a Natale nessuno deve restare senza il Cenone.