Sento spesso citare il concetto di “nuova normalità” e con questo si sottintendono alcune cose importanti.
Principalmente si afferma che tutto sarà diverso, tutto sarà da esplorare e conquistare e che un nuovo paradigma o un nuovo sistema valoriale prenderà forma e sostanza. Sicuramente la nuova normalità esprime anche un forte senso di transizione tra il conosciuto e un grande cambiamento. Abbiamo sempre visto, infatti, che dopo ogni transizione si è sempre guardato avanti e non si è mai tornati indietro, portando con noi solo tutto il positivo che la nostra storia personale o collettiva ci ha lasciato.
Un grande cambiamento… Ma perché siamo cosi spaventati dal cambiamento?
Lo spiegano le neuroscienze che studiano l’anatomia e la funzionalità del nostro cervello. Partiamo dal fatto che il nostro cervello è ostile alle novità, questo perché procede con strutture neurali automatizzate volte ad assicurare la sopravvivenza ed il contenimento del dolore. La strategia messa in atto dal nostro cervello si attua, quindi, attraverso la velocità e la ripetizione e questo determina un’avversione emotiva e cognitiva con tutto quello che è nuovo e sconosciuto. Cambiare va contro la strategia messa a punto dal nostro cervello, ogni volta che si chiede di affrontare cambiamenti di cui non ha esperienza, la nostra mente erige muri di difesa e di ribellione. La buona notizia è che nella corteccia prefrontale abbiamo le risorse necessarie a contrastare e mutare questa situazione, la cattiva notizia è che la corteccia cerebrale non si mette in moto da sola ma ha bisogno di elementi capaci di inserire questo cambiamento. Queste straordinarie risorse sono il dubbio e l’autocontrollo.
Il dubbio è una caratteristica della nostra specie e ci induce a pensare cose diverse rispetto al conosciuto, generando nuove idee e nuovi modi di percepire la realtà, l’autocontrollo si potrebbe definire la forza di volontà che blocca le abitudini della mente. L’autocontrollo, da parte sua, chiama in causa anche la perseveranza che ci induce a continuare e a mettere in atto un impegno volto a contrastare quanto per noi è più facile ed istintivo. In buona sostanza la perseveranza apre il cancello della nostra confort zone nella quale siamo serenamente seduti.
Mi viene da sorridere al pensare come il coaching sia potente perché ricalca la funzionalità del nostro cervello, per noi Coach il dubbio si traduce in consapevolezza e l’autocontrollo diventa action plan di nuovi comportamenti da allenare.
E voi come state affrontando la “ nuova normalità”?