A molti questo titolo potrebbe apparire stupido e volgare. Però la cronaca ci bombarda con le terribili conseguenze del repentino abbandono di un popolo al quale abbiamo fatto baluginare per anni uguaglianza, diritti umani ed in particolare libertà delle donne, diritto all’istruzione ed al lavoro, diritto allo sport e persino di andare in bicicletta.
Quando ci si stracciano le vesti, non riesco quasi mai a non pensare alle lacrime del coccodrillo.
Però tutte quelle donne, italianissime, che vivono in quartieri dimenticati, senza servizi e molto spesso alla mercé di mariti e compagni ignoranti e brutali, potranno capire perché invece ci preoccupiamo tanto delle donne afghane, che vivono in un paese così lontano dal nostro?
Se non saremo in grado di dare loro una risposta convincente, allora saremo di nuovo preda della retorica e dell’atteggiamento autoreferenziale che ha allontanato molte persone dalla politica.
Qualche anno fa in Francia, fece moltissimo scandalo scoprire che un noto avvocato parigino aveva schiaffeggiato la moglie per anni. Io penso che tra quest’uomo e coloro che considerano schiave le donne, le coprono con il burqa, le vendono come spose bambine e negano loro l’istruzione, vi sia un filo rosso, quello della discriminazione e della violenza verso il mondo femminile. Una progressione di abusi e di violenza che accomuna quasi tutti i popoli del mondo, seppure con metodi e livelli molto diversi.
L’ultima vittima di femminicidio nel nostro paese è una ragazza di origine nigeriana, che, sposando un italiano, aveva pensato di sfuggire alla diffusa violenza del suo paese. Soltanto quest’anno 80 uomini in Italia hanno ucciso le loro mogli o le loro compagne: sono i talebani di casa nostra?
Questi uomini non sono deviati o pazzi, ma ignoranti, deboli e impotenti, che possono sentirsi forti e padroni soltanto con le donne, perché esse non hanno spesso la possibilità di reagire, di difendersi.
Un vecchio adagio, non mi ricordo di chi, ci ammonisce ”se guarderete troppo a lungo nell’abisso, l’abisso guarderà dentro di voi”.
Quello che fanno i talebani alle donne afghane ci ha costretto a guardare di nuovo nell’abisso, perché più grande è l’orrore, più fa notizia. Se veramente crediamo nella libertà e nei diritti delle donne allora dobbiamo batterci anche per quelle afghane e per tutte quelle italiane, francesi, inglesi, americane, africane, indiane e asiatiche, che subiscono la stessa discriminazione e la stessa violenza.
Polizia e tribunali non bastano: occorre un paziente lavoro che inizia con i bambini. Il lavoro che fanno tantissime insegnanti, nelle scuole di tutto il nostro paese, senza rumore e senza riconoscimenti. E’ forse tragico, ma dobbiamo ringraziare le donne afghane che abbiamo abbandonato, per il tremendo grido che ci lanciano, una chiamata alla responsabilità alla quale dobbiamo rispondere, anche quando di Afghanistan non parlerà più nessuno.