Per l’Uomo Primitivo l’Incomprensibile era mistico e dopo un po’ divino. Secoli dopo la civiltà Ellenica spiegò che il Corpo era la morte dell’Anima cosicchè, morto il Corpo, lo Spirito viveva. La convinzione dilagò nel Mondo Classico e il peccato divenne del Pensiero (attraverso il Corpo) il quale non era Pensiero né Spirito.
L’Uomo risponde primariamente al principio di conservazione della specie; la prima legge di azione dice “scappa o combatti”, ossia soddisfa l’esigenza di non soccombere e nutriti utilizzando la tua superiorità.
Hobbes, ispirandosi a Plauto, oscurò il Mondo asserendo che la convivenza poggiava sul principio homo homini lupus. Aveva ragione solo in parte, perché una volta che l’Uomo riconobbe se stesso, specchiandosi come Istinto e vedendosi Pensiero, aprì le porte all’Empatia la quale gli ispirò la seconda legge di azione: aiuta il prossimo tuo anche a rischio della vita.
Il Mondo si illuminò ma presto la seconda legge mostrò un lato oscuro.
L’Uomo si scoprì schiavo del desiderio di essere additato ai simili, dai simili, non solo per il rispetto e i vantaggi che l’eroe raccoglieva ma perché il Ricordo dei Simili era l’unico rimedio contro la Morte.
Omero svelò in modo insuperabile il trigger della seconda legge di azione.
Achille è consapevole che la Gloria del suo nome gli costerà la morte ma l’alternativa, la vita da semplice re dei Mirmidoni è, per Lui, insopportabile: voleva che il suo nome echeggiasse nell’Eternità. Così non ebbe dubbi e pagò senza esitazione il prezzo.
Darwin ci dice che l’evoluzione degli individui e delle specie risente della pressione dovuta all’interazione con l’Ambiente in cui, quelli e queste, convivono insieme ai simili e alle altre specie. L’argomento non lo toccava più di tanto forse perché sul punto aveva letto (o non letto?) i filosofi greci del VI secolo AC e i pensatori Egizi che se ne erano occupati letterariamente diversi secoli prima. Non si accorse invece che gli Uomini non restavamo gli stessi semplicemente in un corpo più attraente e longevo.
Gli sfuggì che dopo millenni di schiavitù di massa, stragi, pulizie e punizioni etniche, stupri, iniziarono sempre più ampi salti culturali: nel XIX secolo furono elaborati l’habeas corpus e le prime Costituzioni politiche; nel XX i diritti di uguaglianza della persona e la democrazia parlamentar; nel XXI impostati i diritti della personalità ed i doveri umanitari.
Mentre però sul fatto che tra i genitori dei nati dopo la guerra e i loro nipoti (gli attuali 70enni) i miglioramenti fisici sono evidenti (quanto quelle tra gli attuali trentenni e i loro genitori soprattutto in termini di altezza e prestanza fisica), non ugualmente può dirsi delle aspirazioni e dei principi ispirativi delle rispettive azioni e delle conseguenze dei ricordati cultural shift, tanto meno delle loro derive.
Il dibattito sul compito dell’Occidente di dover coniugare Democrazia ed Uguaglianza, per livellare l’individualità in nome dell’Individuo, anche a costo di sacrificare talento e creatività è difatti sopravvissuto al Comunismo sovietico. Di contro va ammesso che negli ultimi 150 anni il Successo ha sostituito la Gloria, la Fama il Successo; il Prestigio ha sostituito il Rispetto, la Notorietà il Prestigio.
Sarebbe un errore scaricare le colpe del downgrading culturale sul Capitalismo, e i suoi tre stadi conosciuti: l’industriale (localizzato), il finanziario (continentalizzato) e il tecnologico (globalizzato) perché le radici della deriva affondano nell’involuzione delle culture Laica, Marxista e Cattolica che hanno dominato i due secoli passati.
La loro deriva sono stati Buonismo e Egualitarismo, onda lunga del ’68, i quali hanno innescato l’autodeterminazione e l’attrazione del privato nel Pubblico, annullato il confine fra Società ed Individuo e consentito, a quest’ultimo, di spacciare qualunque esigenza individuale per diritto collettivo.
È così che i diritti al Lavoro (non a lavorare), all’Immigrazione e a Rifugio in Occidente sono diventati altrettanti diritti di status individuale e doveri collettivi.
Inevitabile che la Società si spaccasse e l’equilibrio finanziario saltasse; ovunque.
Una parte della popolazione mondiale è attivamente impegnata a contenere gli effetti sociali dell’evoluzione; lotta a fame nel Mondo e mortalità infantile, qualificazione di anziani e malati come categorie fragili, e perciò stesso da proteggere, ne costituiscono nobili esempi.
Una parte più numerosa della popolazione mondiale sostiene quegli impegni con denaro e iniziative sociali e culturali. Bill Gates, prima di darsi al lusso acquistando i Four Seasons, aveva stanziato qualche centinaio di milioni di dollari per siringhe monouso senza ago da far impiegare alle popolazioni di anziani e bambini dell’Africa. Dopo grande pubblicità non si è saputo più nulla e c’è chi giura che dipende dagli effetti collaterali dell’aumento della popolazione mondiale per via di quella immunizzazione. Spaventoso!
Le due parti della popolazione mondiale ricordate hanno adeguata rappresentanza nelle Istituzioni nazionali, che cresce a livello continentale e ancor più a quello globale.
Coloro che definiremmo Malpensanti direbbero che ciò accade perché, di tutto il resto, le cose vere, si occupano le Istituzioni locali, le quali affrontano il quotidiano (raccolta rifiuti, assistenza sanitaria ecc.), e nazionali, cui competono quelle di convivenza (ordine pubblico, esercizio impresa e professioni ecc.) e di collaborazione internazionale (tra le quali gli aiuti ai bisognosi).
Catastrofe Umanitaria è la locuzione più utilizzata per descrivere la condizione per la quale centinaia di volontari di ogni età sesso e religione si organizzano e attivano presso i Governi del Mondo Libero per sostenere la popolazione dei Paesi come l’Afghanistan. Risposta Umanitaria è il modo scolastico con cui l’Occidente reagisce alle Catastrofi Umanitarie (che si presentano ciclicamente in paesi come il citato).
Catastrofe Umanitaria e Risposta Umanitaria dicono meno di quanto intendano e non si capisce quale versione della Bontà può far sì che l’Occidente alterni ciclicamente il mero invio di aiuti economici all’intervento militare.
Lo scopo dichiarato delle due opzioni è la tutela della popolazione contro governi che seguono principi insopportabili per l’Occidente e ambedue poggiano sulla rivendicazione del diritto dell’Occidente di garantire i bisogni primari di cui le Popolazioni sono private ad opera dei vincitori di uno scontro politico-sociale-economico spesso divenuto guerra civile, ma modalità ed effetti di ciascuna sono parecchio diverse.
La Risposta Umanitaria viene decisa non solo nel caso una popolazione sia schiacciata da una minoranza dominante affermatasi con la violenza ma anche nei casi di Paesi in cui, una parte della Popolazione ha combattuto, più o meno legalmente, una guerra civile per affermare la propria idea di Stato e Istituzioni, in danno di un’altra parte della Popolazione che ha preso (o quantomeno conservato) il potere grazie al sostegno dell’Occidente ai cui principi ispirava la sua idea di Stato.
Secondo le primissime inattendibili impressioni i Talebani sembrano aver compreso che l’Occidente non è più disponibile a gettare il cuore oltre l’ostacolo se non sono in gioco suoi interessi diretti e al tempo stesso che la loro possibilità di governare il Paese appena (ri)conquistato, dipende da alcune rinunce. Niente vendette tribali, soprattutto contro popolazione civile; nessuna demonizzazione del Mondo non islamico; minore intransigenza social-religiosa delle istituzioni statali. Diversamente, sebbene inizialmente a parole, rischierebbero un altro intervento armato.
La quantità della popolazione che preme sulle frontiere occidentali è da esodo e l’affermazione che la promiscuità uomo-donna nelle università è la fonte di tutte le storture della società hanno immediatamente rialzato la temperatura ma il ritardo nella formazione del nuovo governo fa sperare che i Talebane stiamo discutendo.
Del resto loro sanno che l’Occidente è germogliato ed evoluto secondo le dinamiche dei regni del XVII e XVIII secolo e le sue Nazioni del XIX e XX secolo sono figlie di scontri fratricidi più che di guerre con nemici stranieri. In particolare che Gran Bretagna, Francia, Austria, Spagna si sono affermate a seguito di conflitti famigliari tra i più sanguinosi immaginabili e guerre altrettanto cruente. Ma sanno anche che le barbarie del nostro passato, a loro, non saranno consentite, perché esiste un’alternativa alle liste di proscrizione per i fratelli sconfitti sul campo.
Gli USA pensarono di aver fatto strike quando i Mujaidin, grazie ai loro soldi e armi, costrinsero la Russia a fare fagotto. Non capirono che molti Afghani li avevano usati per poter riprendere a darsele tra di loro, nella guerra tribale mai conclusa perché sempre interrotta dall’invasore offertosi a soccorrere il perdente di turno, in genere filoccidentale. Hanno sbagliato tutto: ad intervenire allora ed abbandonare ora ma è loro diritto.
Un grande storico spiegò che la civiltà Ellenica figliò quelle Cristiana ed Ortodossa le quali convissero per circa mille anni (nonostante l’iniziale contrapposizione religiosa e le successive sociale e politica) mentre invece la società Araba ebbe due gemelle l’Islamico-Iranica l’Islamico-Arabica, le quali si scontrarono per ragioni tribali in quanto gli Sciti si insediarono in Iraq e Iran (ossia al centro dell’area geografica a dominanza Sunnita che va dalla Turchia al Pakistan e a sud all’Arabia Saudita). Inevitabilmente ogni volta conquistato uno dei due paesi a loro maggioranza, la pressione si scaricava sul paese confinante più debole, nel caso l’Afghanistan rispetto al Pakistan.
Le gemelle dell’Islam, Sunnita e Sciita, non hanno mai smesso di combattersi per la divisione teologica nel rapporto con gli Infedeli che importa una contrapposizione teleologica sul piano dell’azione politica: dialogo con l’Occidente Sì o No.
L’Afghanistan filo Occidente non è stata in grado di resistere all’Islam-Sciita senza il suo aiuto attivo, ossia i suoi soldi armi e soldati; ma gli USA hanno deciso di non voler pagare più tributo in vite umane per difendere un popolo che non riesce a spendersi per le proprie idee come invece fanno i loro avversari fino alla morte. Perché è certo: dopo 20 anni, diversi interventi e almeno due presenze militari, la democrazia in Afghanistan non è germogliata e, seppure in silenzio, molti storici e filosofi si interrogano sul nostro diritto di imporla in paesi che sembrano non apprezzarla.
Il dubbio è legittimo, quanto insuperabile, perché le uniche soluzioni sono antagoniste.
La prima è abbandonare il Paese alla guerra tribale; la seconda imporre la democrazia con la forza e presidiarla sino a che non entri nel sangue della sua popolazione o almeno della sua maggioranza.
In Vietnam i Vietcong dilagarono, appena gli USA lasciarono il SUD ma ora sono stati cancellati e il Vietnam è ottimo partner commerciale. Dunque le domande da porsi sono quelle che Trump poneva da Presidente e oggi si rimangia:
Primo: come mai nonostante i miliardi di aiuti economici, gli anni di formazione militare impartiti, le tonnellate di armi ricevute, il Governo e l’Esercito democratico sono evaporati?
Secondo: come mai la popolazione invece di ribellarsi, affiancando l’esercito del governo in carica, ha pensato solo a scappare in Occidente abbandonando il Paese?
In questo Paese si è certi arriveranno vendette, liste di proscrizione e regole del vivere quotidiano insopportabili per l’Occidente come per moltissimi Afghani.
Senza questa convinzione non saremmo qui a preoccuparci per loro, l’Occidente deve però anche chiedersi se le sue ricette di convivenza sociale e governo politico siano veramente universali, perché in l’Afghanistan, come cinquant’anni fa in Vietnam, non ha avuto sufficiente appeal. O forse i popoli di paesi come l’Afghanistan, semplicemente, non distinguono fra dittatura e democrazia perché non colgono le differenze.
Aiutare la popolazione a rischio è doveroso, soprattutto gli indifesi, ma non risolverà il problema perché nessuno dei salvati gradirà mai tornare indietro dove nulla l’aspetta se non brutti ricordi. In questo modo l’Afghanistan rimarrà in balia dei Talebani. L’unica altra strada praticabile è però interdetta, perché l’Occidente non potrebbe percorrerla senza violare uno dei cardini della Democrazia.