Con l’avvicinarsi della scadenza delle sue conclusioni, sono diversi i fattori che rischiano di far fallire la Conferenza in corso sul futuro dell’Europa, come ci spiega il Presidente del Consiglio Italiano del Movimento Europeo Pier Virgilio Dastoli, che è stato recentemente ascoltato dalle Commissioni affari esteri ed europei di Camera e Senato nell’ambito dell’indagine conoscitiva sull’efficacia del sistema di governance dell’azione esterna dell’Unione europea.
«Il dialogo e il dibattito sono lo scopo principale di questa Conferenza sul futuro dell’Europa, cioè di consentire ai cittadini di dialogare con le istituzioni, ma di fatto questa forma di dialogo non è neanche cominciata e anche nelle sedute plenarie che si sono già svolte questo dialogo di fatto non c’è stato».
L’auspicio che la conferenza diventasse lo spazio pubblico di dibattito sul futuro dell’Europa è stato recentemente ribadito a Firenze anche da uno dei tre co presidenti della Conferenza Guy Verhofstadt (nel corso di un panel con 200 cittadini venuti da ogni parte di Europa nell’ambito dei lavori della Conferenza), ma secondo Dastoli questo ancora non è avvenuto e per questo ritiene che non ci siano i margini perché la conferenza possa terminare nel Marzo 2022 nei tempi che erano stati stabiliti.
Ovviamente siamo in piena pandemia ed è stato necessario annullare o rinviare alcune riunioni ma non è solo per questo che si rischia il flop. Infatti il Movimento europeo insiste da tempo «sulla necessità di riflettere alla possibilità che la Conferenza non si concluda in primavera ma prosegua i suoi lavoro almeno fino all’autunno del 2022 se non ulteriormente» ci conferma Dastoli, secondo cui questa ipotesi avrebbe l’accordo di diversi governi tra cui quello italiano.
Ad oggi sono circa 40000 i cittadini europei che si sono registrati sulla piattaforma digitale multilingue, messa a disposizione dalle istituzioni europee per consentire loro di fare delle proposte nell’ambito della Conferenza «ma il fatto che la maggior parte di questi siano degli addetti ai lavori vuol dire che l’opinione pubblica non è stata sufficientemente coinvolta in questo dibattito» fa notare Dastoli che rifiuta l’idea che la Conferenza fallisca a causa di una scarsa partecipazione pubblica.
Le ragioni sono da ricercare altrove dice Dastoli, secondo cui la conferenza è nata già con il piede sbagliato. Lanciata da una proposta del Presidente francese Macron, accolta con apparente entusiasmo dalla Commissione europea, che in realtà non ne ha neanche mai discusso a livello di collegio dei commissari, e dal Parlamento europeo che però non è stato abbastanza determinato nel chiedere per esempio che le conclusioni della Conferenza siano redatte dalla Conferenza stessa e non solo dal suo executive board.
«La realtà è che i governi tengono il piede sul freno perché hanno paura che emergano proposte troppo ambiziose che siano poi costretti ad adottare» dice Dastoli riferendosi a quanto emerso anche nel dibattito del recente panel a Firenze «e sono di fatto maggioritariamente contrari, a parte i tedeschi, ad aprire la strada ad una riforma dei Trattati».
Al contrario, secondo il Movimento europeo bisognerebbe che al termine della Conferenza si mantenessero in piedi gli strumenti attraverso i quali i cittadini possano monitorare in che modo viene dato seguito alle loro proposte: «i cittadini più coinvolti e che partecipano attivamente attraverso i panel e la piattaforma esprimono frustrazione perché si chiedono che fine faranno le loro proposte – spiega Dastoli- e c’è bisogno di tempi lunghi perché ci sia la possibilità di avere un vero dibattito».
Ma le classi politiche ignorano la Conferenza, lamenta Dastoli secondo cui la campagna di comunicazione voluta dal governo italiano è a dir poco tardiva e «il Parlamento italiano non ha votato nessuna risoluzione per chiedere al Governo degli impegni precisi sulla Conferenza e se non fosse per il Presidente Mattarella e qualche parlamentare che se ne occupa, il presidente del Consiglio Draghi non l’ha mai neanche citata».
Dastoli ha registrato invece una buona accoglienza da parte dei parlamentari delle Commissioni esteri e affari europei di Camera e Senato che lo hanno ascoltato nell’ambito delle audizioni che sono state organizzate nelle scorse settimane e quelli che hanno preso la parola hanno sottolineato che «questo esercizio di democrazia deve essere più ampio e continuare nel tempo, che la Conferenza in quanto tale debba deliberare e non l’executive board e che alla fine della Conferenza bisogna aprire il cantiere alla strada della riforma dell’Unione – riferisce Dastoli – e hanno condiviso l’idea che ci deve essere maggiore collaborazione tra i parlamenti nazionali e quello europeo, invocando le assise interparlamentari».
A questo proposito il Movimento europeo ritiene che la Conferenza debba concludersi nell’autunno del prossimo anno ma che le prossime elezioni europee del 2024 debbano conferire al Parlamento europeo un ruolo costituente: «i partiti europei che lo vorranno dovranno dire che i loro eletti non andranno al parlamento solo per approvare direttive e regolamenti ma anche per aprire una fase costituente e indicare con chi vorranno governare in Europa oltre ad inserire il logo del partito europeo insieme al logo del partito nazionale».