Il 16 ottobre del 1923 Walter Elias Disney e suo fratello Roy firmavano a New York il loro primo contratto di distribuzione su scala nazionale. Si impegnavano con la distributrice Margaret Winkler a realizzare una serie di tredici cortometraggi intitolati “Alice comedies”: una bambina filmata dal vivo entrava in un mondo di cartoni animati. La loro società era la “Disney Brothers Cartoon Studio”, con sede al 4649 di Kingswell Avenue (Hollywood), e la serie si sarebbe conclusa in tre anni. Protagonisti dell’animazione un gatto alcolista e un contrabbandiere di liquori. Un tema che sarebbe divenuto tabù di lì a qualche anno, infliggendo qualche taglio anche a queste piccole incantevoli storie di pochi minuti; oggi reintegrate delle parti mancanti (non si buttava via niente) e riproposte qualche settimana fa alle “Giornate del cinema muto” di Pordenone, con accompagnamento di una delle melodie popolari slovacche “For Children”, di Béla Bartòk. Contrabbando in inglese si dice “bootleg” e il cattivo di questa serie si chiama Piet Bootleg, cioè Pietro Contrabbandiere. Ha tutte e due le gambe buone all’inizio, ma “bootleg”, alla lettera, significa “gamba di legno” e la passione enigmistica che attraversa queste prime delizie dello studio Disney (“Alice solves the puzzle”) avrebbe portato presto i due fratelli a fare due più due. Nasce così Pietro Gambadilegno, cui spetta la primogenitura assoluta fra i grandi personaggi Disney.
Compie cent’anni l’impero Disney, e a celebrarlo esce il 21 dicembre in tutta Europa l’ultimo prodotto della casa: “Wish”. Solo al cinema, dopo due anni in cui la pandemia aveva imposto le uscite in contemporanea sala-piattaforma (Disney+). Pare che la partenza in America non sia stata delle migliori: “solo” 50 milioni d’incasso all’esordio (pfui). Dalle anticipazioni Wish sembra la sceneggiatura di un titolo famoso: “When you wish upon a star” (“Se una stella in ciel cadrà”), la splendida canzone simbolo di “Pinocchio”. C’è un Re mago che più che un Gaspare-Melchiorre-Baldassarre fa pensare al Prospero shakespeariano della “Tempesta” (anche nel nome: si chiama Magnifico), qui nelle vesti di un singolare banchiere dii sogni e desideri di un’isola (non sono, i sogni, desideri di felicità?). C’è una bella e intrepida protagonista dai tratti euroasiatici (come altre Pocahontas che l’hanno preceduta), con una capretta per compagna, che dovrà imparare a diffidare di questo amministratore infedele e guidare la gente dell’isola al riscatto dei propri sogni sottochiave.
Quattro generazioni di bambini, di uomini e di donne, hanno avuto nel film Disney il rito laico di ogni Natale, insieme tradizionale e Lgbt+ (“Wish” non uscirà in alcuni paesi per evitare prevedibili censure), che questo articolo intende raccontare. Con le sue ottime ragioni. Un rito che nessuno dei sospetti e delle polemiche per nulla banali che hanno riguardato tanto l’autore che il genere ha potuto scalfire. Per settantanove anni, da “Biancaneve” a “Wish”, il film Disney ha rappresentato il Natale al cinema per antonomasia. Un inno cinematografico alla continuità fra generazioni. Questo è un ripasso delle sue note.
1938. ERA UN ANNO BUIO E TEMPESTOSO
L’otto dicembre è la porta del Natale, il giorno dell’albero e del presepio. Il giorno in cui l’Avvento, più sentito nel nord Europa che da noi, entra nel vivo. In Italia è giorno dedicato alla Madonna: prima la mamma.
L’8 dicembre del 1938 tira una bruttissima aria. In Italia il fascismo ha anticipato di tre mesi le celebrazioni dell’Immacolata dichiarando guerra al popolo di Maria con le leggi razziste. Nel nome del Figlio. In Europa Hitler, dopo l’Austria, ha appena invaso i Sudeti, con l’ autorizzazione timorosa dell’Europa dell’ovest e dell’est. “Dovevate scegliere fra la guerra e il disonore. Avete scelto il disonore, avrete la guerra”, tuona Churchill ai Comuni, verso il Primo Ministro Chamberlain e i negoziatori di Monaco.
Da noi, nonostante tutto, il clima natalizio e la pur declinante esaltazione propagandistica aiutano a non farci troppo caso. Questo otto di dicembre un piccolo evento culturale riempie le sale cinematografiche: la “prima” di un film americano di cui molto si parla (e ancor più si parlerà). Si chiama “Biancaneve e i sette nani” e porterà il nome del suo autore, Walt Disney, a marcare indelebilmente la nostra percezione del Natale come festa dei bambini. Dalla fine della guerra ad oggi in questi giorni dell’anno i piccoli orienteranno i gusti e le predilezioni di chi al cinema li condurrà, per esserne a sua volta condotto.
Al mio amico S.M.E.
E’ il secondo anno di guerra. Ad Alma Ata, allora capitale del Kazakhstan suo pensatoio e rifugio, Sergej M. Ejzenstejn, quello della Corazzata Potemkin, pubblica un saggio, “Walt Disney”, edito in Italia da SE, in cui a proposito di “Biancaneve” scrive: Tra i ricordi d’infanzia, tre scene emergono dalla mia memoria. La prima viene da un’antologia. Una poesia che parla di un arabo nel deserto. Del suo cammello, che all’improvviso si imbizzarrisce e insegue il padrone. Di costui che, fuggendo davanti al cammello, cade in un burrone ma riesce ad aggrapparsi a un arbusto e rimane sospeso sopra il baratro.
E trovandosi in questa posizione, il cammello imbizzarrito sopra di lui e sotto il burrone senza fondo, l’arabo nota a un tratto alcune bacche rosse sull’arbusto e tende la mano per afferrarle.
L’altro ricordo è meno nitido. Probabilmente più precoce.Si tratta di non so quali strani angeli che vengono autorizzati a scendere all’inferno per posare per un istante le loro fresche mani sulla testa dei peccatori immersi nella pece bollente…o forse per lasciar cadere una goccia di rugiada sulle loro labbra arse dalla sete.
Il terzo ricordo è più concreto. Il suo autore è Victor Hugo, il luogo dell’azione è Parigi e i nomi dei personaggi sono precisi. Lui si chiama Quasimodo, lei Esmeralda. Accompagnata dalla sua graziosa capretta, Esmeralda sale verso Quasimodo, che è stato picchiato e sospeso al patibolo, Quasimodo assetato e ferito dai lazzi della folla. Esmeralda gli porge da bere e sfiora con le sue labbra il volto deforme, sofferente, martirizzato.
Quando vedo “Biancaneve e i sette nani” di Disney mi ricordo di queste tre scene.
Non perché Biancaneve a più riprese bacia le buffe calvizie dei nani deformi, non perché la seguono intere greggi di caprette graziose e di eleganti cerbiatti e non perché intorno a lei si scatenano passioni e paure straordinarie.
La ragione è che l’opera stessa di Disney mi appare come quella goccia di gioia, quel breve momento si sollievo, quello sforamento furtivo di labbra nell’inferno sociale di pene, ingiustizie e sofferenze in cui è drammaticamente rinchiusa la cerchia dei suoi spettatori americani. Il proletariato vittorioso dell’America futura non innalzerà a Disney alcun monumento – né dentro il proprio cuore, né sulle piazze. Non sarà la gloria del favolista o del libellista a coronare il suo capo di alloro, se si può definire “capo” il viso con i baffetti, allegro, canzonatorio e ironicamente benevolo del creatore di Topolino.
Ma tutti si ricorderanno di lui con riconoscenza per quegli istanti di pausa, nell’incessante lotta per la vita e la sopravvivenza, che egli regalava agli spettatori in quegli anni inquieti del “paradiso sociale” dell’America democratica.
Venezia VI. Dove tutto ha inizio
(Notabili all’inaugurazione della mostra del ’38: Luigi Freddi, direttore di Cinecittà; Dino Alfieri, ministro della cultura popolare, il famigerato Minculpop; Giacomo Paolucci De Calboli, ambasciatore e presidente del Luce; Antonio Maraini, scultore e critico, padre di Fosco e nonno di Dacia)
8 agosto 1938. A Venezia si inaugura la settima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica ed è subito storia. E’ in programma la proiezione di “Biancaneve e i sette nani” di Walt Disney (ma il mago vi appare solo come produttore). La prima mondiale, al cospetto del gotha di Hollywood, risale al 21 dicembre scorso e nelle sale inglesi e francesi il film è già in circolazione da marzo (Gran Bretagna) e da maggio (Francia e Belgio), ma l’apertura veneziana ha ugualmente sapore di Europa.
“Biancaneve e i sette nani” è il primo lungometraggio a cartoni animati (e a colori!) della storia del cinema. La regia porta sei firme, quelle di David Hand (supervisore e primo responsabile), Larry Morey, Wilfred Jackson, Ben Sharpsteen, Perce Pearce, William Cottrell. Ricordiamoli; Disney ha un principio a cui non derogherà mai: circondarsi di persone migliori di lui. Sempre. Firmerà come regista solo il Pinocchio “tirolese” che in Italia arriverà nel ’47. Per il resto, il suo nome verrà aggiunto a quello degli autori all’inizio di ogni film, fino al “Libro della giungla” che uscirà postumo. Ma così, come ultimo nome. Lui era il creatore di Topolino, tanto bastava alla sua ambizione artistica: da allora avrebbe fatto il produttore.
La storia di “Biancaneve e i sette nani” e dei tre anni (1935 – 1937) in cui fu portato a termine è la storia della costruzione di una cattedrale. E “Biancaneve e i sette nani” è una cattedrale cinematografica: centinaia di specialisti, milioni di disegni e sperimentazioni di ogni minuto dettaglio: di un piede, di un naso, di una barba, di un raccordo musicale. Per Disney, una scommessa assurda, se gli fosse andata male sarebbe finito a frugare nei cassonetti o, più probabile, in galera. Ma nei mesi trascorsi fra la “prima” americana e questa inaugurazione italiana a Venezia già tutto è stato recuperato, con un imponente avanzo. Negli anni il film avrebbe moltiplicato per cento, per mille i soldi impegnati per produrlo.
Ho visto (ho letto) le menti migliori di quella generazione prostrate davanti al mago di Topolino. Di Ejzenstejn si è detto. Gli fu amico e più volte fece visita a Hollywood a quello che considerava un ciclope della settima arte. Walter Benjamin vide in Topolino il genio di un’invenzione che arricchiva il mondo e la ricerca linguistica sul cinema. Ne accennò nel saggio più famoso mai scritto sulle comunicazioni di massa: “L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica“. (Una riflessione non banale al riguardo, si può leggere nel primo capitolo di “I barbari” di Alessandro Baricco). Parla Benjamin: “Se ci rendiamo conto di quali pericolose tensioni abbia generato la meccanizzazione, con le sue implicazioni nelle grandi masse – tensioni che assumono un carattere psicotico in stadi critici – riconosceremo che questa stessa meccanizzazione ha anche creato la possibilità di un’immunizzazione psichica contro tali psicosi di massa mediante certi film (…) La risata collettiva rappresenta l’esplosione prematura e curativa di tali psicosi di massa. (…) I film comici americani e quelli di Disney, operano un’esplosione terapeutica dell’inconscio. Il loro precursore era l’eccentrico. Nei nuovi campi sorti mediante il film, questi sarebbe stato il primo a sentirsi a casa; ne sarebbe stato il primo abitante. In questo contesto trova la sua collocazione Chaplin come figura storica.
Ma l’onore forse maggiore a Disney lo riserva, indirettamente, un suo nemico giurato, Theodor W. Adorno, in uno dei più belli dei 152 aforismi di “Minima Moralia“. Il numero 78 (“Al di là dei monti“). Adorno odiava il cinema. Lo spirito apocalittico suo proprio, esasperato dalla condizione di ebreo tedesco riparato in America (parliamo del 1945), lo portava a vedere il cinema in sé poco meno che come una forma di abbrutimento. Avrebbe poi molto temperato, negli anni, questa convinzione. Il filosofo musicologo contestava al cinema, fra l’altro, quella che considerava una brutale circoscrizione del campo della fantasia. Il suo aforisma (in senso nicciano, naturalmente; non in quello wildiano di paradosso fulminante) sulla favola dei fratelli Grimm, non parla certo del film di Walt Disney. Oltretutto la versione dei Grimm differisce in più punti da quella diffusa al di fuori del mondo tedesco. Intanto ha un finale crudele, che noi rifiutiamo e Adorno giustamente aborre: alla festa di nozze di Biancaneve la regina viene invitata fingendo di non sapere chi sia e spettacolarmente torturata a morte davanti agli invitati. E poi vi ha un ruolo non così marginale, all’inizio, la vera madre di Biancaneve, la regina che morirà di parto generandola. La splendida immagine iniziale, quella della regina che “guarda la neve che cade attraverso i vetri della finestra e si augura di avere una bambina che somigli alla bellezza senza vita eppur vivente dei fiocchi, alla tinta nera e luttuosa del telaio della finestra e alla goccia di sangue che scaturisce dalla puntura”, sembra suggerire che Adorno quel film non solo dovesse averlo visto, ma che ne avesse trattenuto ed elaborato personalmente colori e sensazioni. Quella regina è quella del cartone animato. Solo che è quella buona della fiaba, non la cattiva. Adorno mostrava con ciò di essere la prima vittima della “trappola“che aveva individuato nel potere del cinema: quella di creare per sola forza fantastica un immaginario al cui fascino è difficile sottrarsi ma ancor più difficile – e probabilmente insensato – prescindere. Rendeva anche lui, a suo modo, onore al genio figurativo di Walt Disney.
1946. Otto anni dopo
Come detto all’inizio, “Biancaneve e i sette nani” sarebbe arrivato nei cinema italiani l’8 dicembre di quell’anno. Lo stesso giorno, l’anno prima, aveva esordito in America. Fu per noi l’ultimo “slot“, del tutto eccezionale, per qualunque cosa venisse dall’America. Se ne sarebbe riparlato sette anni dopo. Otto, per quanto riguarda specificamente Disney, quando “Fantasia“, altra pietra miliare, uscì in primavera nei nostri cinema. Poi, in autunno, sarà la volta di “Saludos Amicos“; era arrivato il grande Carl Barks e con lui Paperino, che il pappagallo Josè Carioca portava a spasso per Rio, insieme al cane Pippo (ancora lontane Paperopoli e Topolinia, con i loro popoli distinti). La strada era aperta, la cattedrale Biancaneve ben salda al centro del villaggio.
Qui in Italia dovevamo recuperarne alcuni, usciti nel frattempo negli States. Il primo Natale Disney al cinema del dopoguerra sarebbe stato quello del ’47, con “Pinocchio“. Nasceva allora l’idea stessa del Natale al cinema in famiglia, che aveva avuto nove anni prima il suo esordio straordinario con “Biancaneve“. Da allora ne sarebbero passati 76, di Natali, e mai sarebbe mancato il film Disney al cinema. Anche quando i VHS e poi i DVD avrebbero portato i film nelle case. E ci sarebbe voluta la pandemia per farli uscire contemporaneamente in sala e sulla piattaforma della casa: “Disney+”
Si contano sulle dita di una mano gli anni in cui, anche dopo l’arrivo dei capolavori Pixar – che poi sempre Disney sono, e a volte anche più belli, – un cartone marcato Disney avrebbe saltato il Natale in sala (con le eccezioni indicate sotto). Il film Pixar usciva (esce) a fine estate; quello Disney a novembre/dicembre. Non sempre erano nuovi. A volte erano riedizioni dii vecchi classici: un nuovo doppiaggio, un nuovo restyling tecnologico. Poi, sarebbero arrivati i DVD. Walt se n’era andato nel 1966, quando i tempi non sembravano i più favorevoli (con qualche ragione) e qualcuno pensò che fosse finita l’epopea degli eroi Disney. Non era vero, naturalmente, anche se l’estetica giapponese dei nuovi re dell’immaginario cartonistico avrebbe influito considerevolmente su quella Disney, ibridandola in una nuova sintesi più gradita ai giovanissimi.
Elenco dei film di Natale Disney dal 1938 a oggi
Quello che segue è l’elenco, anno per anno, dei film di Natale Disney. Quelli di animazione, non gli innumerevoli altri (Maggiolini tutti matti, Professori fra le nuvole, Cani ladri e spia, ecc.). Mancano anche molti Pixar (Disney anche quelli, adesso), spesso bellissimi come “Up”. Ci sono solo quelli che hanno supplito, quell’anno, alla mancanza di un prodotto marcato Disney. Mancano anche quelli della Dreamworks di Steven Spielberg (stesso discorso), salvo “Il gatto con gli stivali” (stesso motivo). In due anni (1975 e 1999) l’offerta è stata doppia. In quattro anni: 1952, 1957, 1960, 1976 non ho trovato film di Natale ma solo film Disney usciti in altre stagioni. Se qualcuno è in grado di integrare, non sia timido.
Non tutti i film Disney vi appaiono, perché alcuni furono fatti uscire in altre stagioni (o addirittura direttamente in VHS o DVD). Particolare il caso di “Bambi”, uno dei più famosi. La morte della mamma uccisa dai cacciatori ha sempre sconsigliato di farlo uscire per Natale. Solo la RAI ebbe cuore di farlo: prima visione il 9 dicembre 1998 e più di 13.000.000 di spettatori. Ad introdurre il film fu chiamato Adriano Celentano, reduce dalle furiose polemiche per un intervento televisivo a piedi giunti che violava il silenzio elettorale la sera prima di un referendum sulla caccia.. Funzionò. Accompagna l’elenco un saggio dell’arte grafica di Tim Burton in una prodigiosa cartella di classici Disney. Nato alla Disney con i primi cortometraggi a tecnica mista (“Vincent”, “Frankenweenie”), insoddisfatto disegnatore di “Red e Toby”, tornato per il capolavoro “Nightmare Before Christmas” e per “Frankenweenie” (versione lunga 3D, integralmente animata), Tim Burton è uno dei grandi ex della Disney.
Si parte. Naturalmente con
1938 Biancaneve e i sette nani.
1947 Pinocchio
1948 Dumbo
1949 Musica maestro
1950 Cenerentola
1951 Alice nel Paese delle Meraviglie
1952 Biancaneve e i sette nani (ried.)
1953 Le avventure di Peter Pan
1954 Cenerentola (ried)
1955 Lilli e il vagabondo
1956 Il paese di Paperino e Il palloncino rosso
1957 Fantasia (ried)
1958 Cenerentola (ried)
1959 La bella addormentata nel bosco
1960 __________
1961 La carica dei 101
1962 Biancaneve e i sette nani (ried)
1963 Pinocchio (ried.)
1964 La spada nella roccia
1965 Mary Poppins (tecnica mista)
1966 Lilli e il vagabondo
1967 Cenerentola (ried)
1968 Il libro della Giungla
1969 La bella addormentata nel bosco (ried)
1970 La carica dei 101 (ried.)
1971 Gli aristogatti
1972 Pomi d’ottone e manici di scopa (tecnica mista) (a ottobre)
Biancaneve e i sette nani (ried.) (a Natale)
1973 Fantasia (ried.)
1974 Robin Hood
1975 Fantasia (ried.)
La bella addormentata nel bosco (ried. 1976 —
1977 Le avventure di Bianca e Bernie
1978 Fantasia (ried.)
1979 La carica dei 101 (ried.)
1980 Biancaneve e i sette nani (ried)
1981 Red e Toby nemiciamici
1982 Cenerentola (ried.)
1983 Il canto di Natale di Topolino e Il libro della giungla (ried.)
1984 Fantasia (ried.)
1985 La carica dei 101 (ried.)
1986 Fantasia (ried.)
1987 Biancaneve e i sette nani (ried.)
1988 Cenerentola (ried.)
1989 Oliver & company
1990 La sirenetta
1991 Bianca e Bernie nella terra dei canguri
1992 La bella e la bestia
1993 Aladdin
1994 Il re leone
1995 Pocahontas
1996 Il gobbo di Notre Dame
1997 Hercule
1998 Mulan
1999 Tarzan
Fantasia 2000
2000 Dinosauri
2001 Atlantis – Impero perduto
2002 Il pianeta del tesoro
2003 Alla ricerca di Nemo (Pixar)
2004 Gli incredibili (Pixar)
2005 Chicken Little – Amici per le penne
2006 Cars (Pixar)
2007 Ratatouille (Pixar)
2008 Bolt – Un eroe a quattro zampe
2009 La principessa e il ranocchio
2010 Rapunzel
2011 Il gatto con gli stivali (Dreamworks)
2012 Ralph spaccatutto
Frozen
2013 Frozen – Il regno di ghiaccio
2014 Big hero 6
2015 Zootopia
2016 Oceania
2017 Coco (Pixar)
2018 Ralph spacca internet
2019 Frozen II
2020 Raya e l’ultimo drago
2021 Encanto
2022 Un mondo misterioso
2023 Wish