È stato reso pubblico nei giorni scorsi il primo Rapporto sulla situazione dei difensori del clima in Europa, prodotto dal Relatore Speciale ONU sui Difensori dell’Ambiente Michel Forst.
Forst, già Relatore Speciale ONU sui Difensori dei Diritti Umani si era già occupato in quel ruolo della questione relativa ai difensori dell’ambiente, in particolare nei paesi del cosiddetto “Sud del mondo”. Da allora, seppur con modalità spesso differenti, e non con casi drammatici come quelli delle centinaia di omicidi di difensori dell’ambiente e della terra in paesi come la Colombia, Messico o Brasile, l’onda lunga della repressione è arrivata anche in Europa. Si moltiplicano i casi registrati di violazioni dei diritti di chi difende l’ambiente nel nostro continente come ricordato anche dalla Commissaria per i Diritti Umani del Consiglio d’Europa Dunia Mijatović . Il nostro paese non fa eccezione. Va a tal riguardo ricordato che l’Italia è tenuta a rispettare e tutelare le attività dei difensori dei diritti umani anche al suo interno. E per difensori dei diritti umani, secondo la definizione contenuta nella Dichiarazione delle Nazioni Unite sui difensori dei diritti umani (che lo scorso anno ha celebrato il suo 25esimo anniversario) si intendono anche coloro che, a titolo individuale o collettivo, si impegnano per il rispetto dei diritti dell’ambiente attraverso pratiche nonviolente. Pertanto, oggi gli attivisti ed attiviste, spesso descritti da taluna stampa o decisori politici come ecovandali o ecoterroristi (addirittura è stato approvato un disegno di legge ad hoc che inasprisce le pene pecuniarie e di detenzione per attivisti ed attiviste che svolgono azioni dirette nonviolente in musei, o monumenti), stanno operando assolutamente all’interno dei criteri internazionalmente riconosciuti riguardo la tutela e promozione dei diritti umani.
Il relatore speciale ONU ricorda che nel suo Commento generale n. 37 (2020) sul diritto di riunione pacifica, il Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite ha specificamente ricordato che non equivale a violenza. “la disobbedienza civile collettiva o le campagne di azione diretta possono rientrare nell’ambito di applicazione dell’articolo 21 a condizione che non siano violente”. Inoltre, gli Stati hanno l’obbligo di rispettare e proteggere il diritto di impegnarsi nella disobbedienza civile pacifica, indipendentemente dal fatto che avvenga all’aperto, al chiuso, online o in spazi pubblici o privati.
Il diritto alla partecipazione, all’associazione, all’accesso all’informazione, al ricorso alla giustizia sono consacrati anche nella Convenzione di Aarhus sulla democrazia ambientale di cui il nostro paese è parte. Non stupisce pertanto che il relatore speciale ONU per i difensori dell’ambiente, figura creata all’interno di tale Convenzione, stia seguendo con grande preoccupazione ed attenzione la situazione in Italia ed in altri paesi europei. Nel nostro caso, il ricorso a strumenti di diritto penale (“lawfare”) e civile per reprimere, disincentivare o criminalizzare chi oggi esercita il diritto sacrosanto a proteggere l’ambiente, ed anche la salute dei cittadini, l’uso di fogli di via, e DASPO che limitano la libertà di circolazione, la comminazione di multe ingenti mirate ad inibire il diritto alla libertà di associazione, sono pertanto in chiara violazione o per lo meno pregiudicano il rispetto pieno degli obblighi internazionali in materia di diritti umani e civili. Va anche detto che in gran parte il combinato disposto di tali misure, pur non portando poi a condanne definitive nel campo penale rappresenta quello che viene definito “chilling effect” ossia un disincentivo ad agire. Ulteriormente aggravato da sanzioni pecuniarie spropositate che di fatto, assieme alle alte spese legali, mirano ad azzoppare la capacità di iniziativa delle associazioni e movimenti, di fatto pregiudicando il diritto alla liberà di associazione. Alcune ultime sentenze aprono però importanti spiragli. Nel caso di azioni svolte agli Uffizi a Firenze il Tribunale ha deciso per il non luogo a procedere, mentre il Tribunale di Bologna ha deciso per l’assoluzione per accuse che comprendevano danneggiamento e manifestazione non autorizzata essendo riconosciuta agli attivisti ed attiviste l’attenuante di aver agito secondo principi etici e morali. Di fatto di aver esercitato per proteggere il bene collettivo, il diritto-dovere di proteggere l’ambiente, cosa che tra l’altro è ora riconosciuta – seppur indirettamente nella nostra Costituzione che riconosce il diritto all’ambiente.
Nel suo rapporto Forst, oltre a fornire dati sulla situazione dei difensori del clima in alcuni paesi Europei, cita anche casi relativi all’Italia, paese da lui visitato nell’aprile dello scorso anno. In quell’occasione si svolsero vari incontri con associazioni, movimenti ed autorità competenti, ed una conferenza stampa promossa da Amnesty International, Volere la Luna, e Rete In Difesa Di con la partecipazione tra le altre di Dana Lauriola, del Movimento No TAV e di referenti di Ultima Generazione. La scelta non era casuale visto che Torino rappresenta un caso di studio dell’accanimento repressivo e giudiziario verso gli attivisti e attiviste per la giustizia ambientale e climatica, come poi sottolineato in una conferenza stampa organizzata in seguito da Extinction Rebellion! il 17 gennaio di quest’anno.
Nel corso degli incontri e consultazioni svolte in cari paesi europei dal Relatore Speciale sono state registrate molteplici modalità di repressione o intimidazione, che vanno dalla delegittimazione o diffamazione a mezzo stampa o da parte di politici, all’uso di legislazione antiterrorismo o leggi ad hoc (come nel caso del decreto “ecovandali” in Italia) situazioni registrate anche in Germania, Spagna, Danimarca e Inghilterra, abusi ed arresti indiscriminati da parte delle forze di polizia (Francia, Spagna, Danimarca, Portogallo Italia), brutalità della polizia ed abusi delle autorità nel corso di proteste (Portogallo, Polonia, Spagna, Francia, Germania, Austria, Finlandia, Olanda), abusi su attivisti/e in stato di custodia (Polonia, Germania, Portogallo, Spagna, Danimarca, Finlandia), inasprimento delle pene (Spagna, Danimarca, Francia, Germania, Italia, Polonia, Svezia), criminalizzazione di movimenti quali Letze Generation (Austria, Germania) o Soulevements de la Terre (Francia) , detenzione preventiva e sentenze sproporzionate.
Questa torsione repressiva contro attivisti che usano modalità di disobbedienza civile pacifica in Europa rappresenta per Forst “una grave minaccia per la democrazia e i diritti umani. L’emergenza ambientale che stiamo affrontando collettivamente, e che gli scienziati documentano da decenni, non può essere affrontata se coloro che lanciano l’allarme e esortano all’azione vengono criminalizzati per tale ragione. L’unica risposta legittima all’attivismo ambientale pacifico e alla disobbedienza civile a questo punto è che le autorità, i media e il pubblico si rendano conto di quanto sia essenziale per tutti noi ascoltare ciò che hanno da dire i difensori dell’ambiente”.
In tal senso il contributo della associazioni e dei movimenti nel contribuire all’attuazione degli accordi per il clima di Parigi, e all’abbandono della dipendenza dai combustibili fossili è ormai considerato come essenziale ed imprescindibile. Oggi chi scende in piazza, come nel caso di XR!, o anche di Ultima Generazione o Fridays for Future, svolge un ruolo essenziale nel contribuire il prima persona alla riduzione delle emissioni e di abbandono del fossile, puntando il dito su ritardi ed incongruenze che pregiudicano il contributo che il nostro paese può offrire nella lotta ai cambiamenti climatici. Il contributo dei movimenti, delle mobilitazioni nonviolente e delle azioni dirette nel ridurre le emissioni di gas serra è riconfermato da importanti ricerche indipendenti e stride con la modalità con la quale le autorità del nostro paese affrontano la questione. A maggior ragione a fronte dei recenti dati diffusi dall’UNEP riguardo la crescita esponenziale, nei prossimi anni, dell’estrazione di combustibili fossili a livello globale. Esiste pertanto una forte correlazione tra il rispetto del diritto a difendere l’ambiente e la salute pubblica, del diritto a mobilitarsi per contribuire all’adozione di effettive ed efficaci politiche di contrasto ai cambiamenti climatici, e di mitigazione e riduzione delle emissioni.
In conclusione Forst formula alcune raccomandazioni agli stati membri della Convenzione di Aarhus sulla democrazia ambientale tra le quali il rispetto degli obblighi internazionali relativi alla libertà di espressione, assemblea, ed associazione per quanto riguarda le modalità con le quali vengono trattate le iniziative di protesta e disobbedienza civili relative a questioni ambientali, e l’impegno a non utilizzare misure previste per la lotta al terrorismo o al crimine organizzato. Gli Stati membri dovranno anche intraprendere iniziative immediate per contrastare la narrazione che definisce i difensori dell’ambiente e i movimenti come criminali, e non utilizzare la crescita del numero di azioni di disobbedienza civile come pretesto per restringere gli spazi di agibilità civica e l’esercizio delle libertà fondamentali.
Un messaggio chiaro e forte al governo italiano, ed al Parlamento che ora si accinge a discutere il prima lettura in Commissione Giustizia al Senato, il “pacchetto sicurezza” che prevede tra l’altro l’inasprimento delle pene, reintroducendo il reato di “blocco stradale”. Pratica riconosciuta come forma legittima di protesta e di legittimo esercizio del diritto alla libertà di riunione pacifica e per tanto mai da considerare come reato, dalla relatrice ONU sul diritto alla associazione e riunione in una sua comunicazione sul tema dell’attivismo climatico e dei diritti umani presentata nel 2021 all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.