Cosa c’entra la grande principessa normanna del 1100 europeo con una ragazzina pakistana, barbaramente uccisa dalla sua famiglia soltanto 3 anni fa?

Per puro caso, qualche mese fa, una mia amica, che conosce la mia passione per il ruolo delle donne nel mondo, mi ha regalato il libro “La sposa normanna” di Carla Maria Russo.  L’autrice ha scritto molti altri romanzi storici, che continuerò a leggere con entusiasmo. Io non sono certo in grado di seguire tutti i grandi giornali, ma nelle trasmissioni televisive, dove si commentano – o meglio si pubblicizzano –  quasi ogni giorno libri di ogni tipo, di giornalisti, scrittori e politici, mi sarei aspettato di trovare molte recensioni, commenti o informazioni sul lavoro di questa storica e scrittrice. È vero che Carla Maria Russo ha vinto vari premi letterari, quindi mi sono messo a cercare le recensioni disponibili dei suoi libri, aspettandomi di trovarne alcune di coloro che consideriamo – o considerano loro stessi – grandi critici letterari, perché hanno spazi sui giornali e le TV. Ho trovato veramente poco. Pochi commenti o recensioni e molto superficiali. Considerazioni positive sull’analisi storica dei suoi libri, l’ottima caratterizzazione dei personaggi, ma niente di veramente interessante, che cogliesse il grandissimo valore del lavoro di Carla Maria Russo. Sarà di nuovo perché la cultura italiana, come la politica, il giornalismo e l’arte, sono sempre più nelle mani di ristrette consorterie, cricche e gruppi legati ai grandi editori?

La sposa normanna è del 2005, un libro che potrebbe essere giudicato ormai vecchio. Però esso ci propone significati davvero straordinari ed incredibilmente attuali: la storia di una donna di più di 1000 anni fa rappresenta, ancora molto significativamente, la condizione universale della donna, fortissima nella sua presunta debolezza. Non so se l’autrice volesse limitarsi a raccontare la storia di Costanza d’Altavilla, o addirittura se si rendesse conto di aver scritto così la storia delle donne, di tutte le donne che hanno popolato il mondo da Eva in poi. Però l’ammirazione e l’affetto dell’autrice per questa incredibile donna, emergono in ogni frase, in ogni paragrafo. Meno male che uno dei tanti commentatori abbia almeno ricordato la frase di Benedetto Croce “ogni ‘vera’ storia è sempre contemporanea”. Certo, viviamo in un mondo in cui la specializzazione è diventata inevitabile, ed è sempre più difficile trovare intellettuali ‘a tutto tondo’, indipendenti dal potere economico e politico. Allora forse è normale che chi legge i libri della Russo sia qualcuno che si interessa di storia, e quindi si limiti a sottolineare la completezza e la bellezza del racconto storico.

Ecco perché sfugge, almeno ai commentatori che ho letto io, la fondamentale importanza del racconto della vita della principessa normanna. Altri commentatori della scrittrice ci fanno notare che lei ci racconta di donne ‘eroine’, quelle che hanno avuto il privilegio di figurare nei libri di storia, qualche paragrafo nel quadro però di una storiografia tradizionale, quella fatta di capi di Stato, guerre e battaglie, orrori e massacri ai quali, i maschi che hanno governato il mondo, si sono tradizionalmente dedicati.

La storia di Costanza è certamente affascinante, soprattutto perché è stata la madre di quel Federico II che ha dato un così grande apporto alla cultura dell’Europa.

Cercherò quindi, con la mia modesta esperienza e cultura, di dimostrare che dobbiamo a Carla Maria Russo, non uno script per un serial televisivo, ma il ritratto antico e universale, non di una principessa del 1100, ma di una donna, così incredibilmente simile e vicina a moltissime donne del mondo, non solo nei continenti che consideriamo più arretrati, ma nel nostro mondo occidentale, quello della democrazia e dei diritti umani.

Quello che vogliono loro, che volevano così tanto tempo fa, non interessava a nessuno, come spesso non interessa neppure oggi. Costanza aveva scelto di essere monaca, monaca di clausura, una scelta difficile, di spiritualità e di impegno interiore. Però lei era l’unica che avrebbe potuto succedere allo zio Guglielmo II di Sicilia e rappresentare la salvezza per il regno normanno, insidiato da Enrico VI di Svevia, imperatore germanico del Sacro Romano Impero. Darla in sposa a quest’uomo, ignorando la vocazione di lei, era un’operazione politica, come ce ne sono state tantissime altre nella storia, sacrificando sempre le donne naturalmente. Vi viene in mente Diana di Inghilterra? E lei, come le donne di sempre, si sottomette al volere dell’uomo, alla ragion di Stato, a quella del potere e del denaro, andando in moglie ad un bruto, privo di ogni umana sensibilità, ignorante e ottuso. Questo imperatore non è diverso dai moltissimi uomini corrotti e brutali che vediamo ancora dappertutto. L’unica cosa che contava era avere un figlio da lei, che garantisse la continuità dell’impero e soprattutto la fusione di quello germanico con quello normanno di Sicilia. E, sempre nel suo bellissimo racconto, l’autrice ci mostra come questo modesto imperatore fosse anche nelle mani di un personaggio ancor più orrendo, Gualtieri di Palearia, retrogrado e misogino, il rappresentante della chiesa di allora, interessata soltanto a territori e giochi di potere. Insomma, non molto diverso da un qualsiasi ayatollah iraniano, od altro estremista, ideologico o religioso, che manipola idee e dottrine per assoggettare gli esseri umani e condurli a massacri e nefandezze. Con grande realismo, l’autrice ci dipinge più che altro un violentatore, che considera la sua nobilissima moglie soltanto come una sua proprietà, non diversamente da come avviene in molti paesi islamici, in Africa, o da come si comportano violentatori e femminicidi nella nostra civilissima Europa. Anche a queste discriminazioni e violenze Costanza si sottomette, come moltissime altre donne di ieri e di oggi, ma l’idea di essere madre prevale su tutto, su ogni prepotenza, su ogni violenza e su ogni gioco sporco del potere. E quando finalmente riesce ad avere il figlio che desiderava, cercarono subito di allontanarlo da lei, come continuiamo a fare con tante donne deboli, perché povere o in carcere. A questo però Costanza non si piega, e la sua incredibile dolcezza, superficialmente considerata come debolezza o remissività, si tramuta in una incredibile forza, la forza del cuore universale di una madre, che può battere quella delle armi e del potere. Costanza si trasforma in un’abile diplomatica, per combattere la ferocia ed il cinismo di Gualtieri, il rappresentante del Papa. Non le verrà permesso di vivere vicino al figlio, che crescerà come un ragazzaccio di strada, nei vicoli di Palermo. Il grande Federico II dovrà la sua educazione ad altre donne, quelle altre madri del popolo di Palermo, che avevano scelto di crescerlo in mezzo ai loro figli. Il futuro imperatore ebbe come maestri alcuni professori arabi, che continuavano ad insegnare in quella città, in quel regno normanno che era stato capace di fondere tutte le culture. L’autrice ce lo dice quasi sottovoce, qualcosa di così straordinario, e cioè che i normanni avevano conquistato la Sicilia senza massacrare gli arabi che li avevano preceduti. All’amore di Costanza e dei normanni per la Sicilia si deve quel crogiuolo di sapere, arti e culture che si vede ancora oggi.

A Saman Abbas non dedicheremo romanzi, e, finiti i processi, tutti si dimenticheranno di una povera ragazzina pakistana, massacrata dalla sua famiglia. Lei non era una principessa, e non ha potuto difendere la sua vita dalla prepotenza e dall’orrore della sua comunità, che voleva, come Costanza, utilizzarla per interessi familiari, non regni o territori, ma soltanto vilissimo denaro. Si dispone senza problemi di spose bambine, di schiave sessuali condotte nei nostri civilissimi paesi con l’inganno e la violenza. Anche Saman, come Costanza, era riservata a un comunissimo violentatore, nessuno le ha mai chiesto cosa volesse, e la società italiana ha girato la faccia dall’altra parte. In un mondo più cittadino e borghese, lo si fa con più ‘stile’: si mandano le ragazze a certe scuole, dove incontreranno soltanto ragazzi di quell’ambiente, dove sarà probabile, quasi scontato, che sposino ragazzi di quel mondo. Per fortuna l’ipocrisia ha sostituito la violenza, ma la tendenza a condizionare le donne si allinea ancora a quella dei secoli passati.

Chissà se potremmo chiamare Saman un’eroina, ma di queste invisibili eroine ne ho conosciute tantissime, nei tanti sud del mondo che ho frequentato tutta la vita. Nessuno parla di quella madre analfabeta, che, anche se non ha potuto scegliere l’uomo della sua vita, ha saputo crescere otto figli nel deserto di un paese arabo, facendone uomini e donne degni dell’umanità e del rispetto degli altri. Ho dedicato un libro a queste invisibili donne, che non solo generano, ma difendono la vita sotto tutti i cieli. E posso testimoniare quanto è ancora viva e reale la storia della stupidità degli uomini, e della loro incapacità di considerarne l’incredibile ruolo nella storia umana di ieri e di oggi.

Una povera donna Tutsi dice al marito Hutu, che è venuto ad ucciderla con un machete: “dai fallo, so che lo devi fare, perché tu sei Hutu ed io Tutsi”. La frase avrebbe dovuto continuare così “perché tu fai parte di quella umanità maschile di idioti, che non pensa con la sua testa, per seguire la nefanda interpretazione delle narrazioni – ideologie e religioni – sempre manipolate da criminali, che perseguono il potere sugli uomini”. (la nefasta interpretazione di ideologie e religioni è bene analizzata nei libri di Yuval Harari e Amin Maalouf). Il delegato del Papa, che ha perseguitato Costanza, annovera ancora oggi seguaci straordinari, come Putin, Khamenei, Xi Jinping, Kim Jong-un, e tantissimi altri, delle rinascenti destre di tutto il mondo.

Spero non ti dispiaccia, Carla Maria Russo, che un modestissimo intellettuale come me, abbia osato paragonare la tua Costanza ad una povera ragazzina pakistana, ma la migliore lode che posso fare al tuo splendido libro è quella di averci fatto conoscere una principessa, ma, prima di tutto, il tuo amore per una donna, che rappresenta l’universale  ma fortissima debolezza delle donne di ogni tempo. Spero che Costanza, Saman e milioni di altre, continueranno a battersi per farci rimanere esseri umani, in un mondo che ricomincia così tanto ad assomigliare a quello dell’anno 1000.