Il Vertice del G7 a Presidenza italiana appena conclusosi in Puglia apre diversi interrogativi a fronte di qualche indubbia risposta. Sullo sfondo, peraltro, per quel che ci interessa da vicino, circa l’evoluzione dell’Europa nei prossimi mesi.

Viste le premesse, le aspettative dell’immediata vigilia del Summit non erano molto favorevoli. Da Biden, impegnato in elezioni che attualmente lo vedono in affanno su Trump ad una serie di “anatre zoppe” quali Macron, Scholz e Sunak, i primi due vittime di un tracollo elettorale ed il premier britannico largamente dato “a fine corsa” con le elezioni del prossimo 4 luglio. La Presidente Meloni, unica arrivata in buona salute dopo il successo alle urne europee, aveva il compito di contribuire a trovare una sintesi che desse un qualche significato ad un esercizio, quello del G7 sempre più visto con diffidenza – se non con ostilità – da larga parte della comunità internazionale, quella associata al cosiddetto «Sud Globale».

Visto dall’Occidente e con riferimento ai principali temi geopolitici la riunione di Borgo Egnazia ha indubbiamente dato prova di coesione quanto al conflitto in Ucraina con la decisione del finanziamento a Kiev a valere sugli extra profitti degli asset congelati alla Federazione Russa. Le reazioni di Mosca sembrano aver indirettamente confermato l’efficacia di tale decisione. Putin confidava alla vigilia su un Occidente in ordine sparso e tale aspettativa non ha trovato conferma. Su Medio Oriente e Cina non sono state assunte decisioni di grande rilievo e ci si è mossi in linea con l’atteggiamento di queste ultime settimane. Su Gaza è aumentata la pressione a favore della roadmap da avviarsi al più presto a partire da una tregua; verso la Cina, tuttavia, è stato chiaro il messaggio di «apertura e fermezza» a seconda dell’atteggiamento di Pechino, sia verso Mosca sua sul piano commerciale. Uno spiraglio al dialogo verso un Paese sempre più visto (e dall’Europa temuto) come rivale sistemico.

Gli altri temi in agenda hanno visto l’Intelligenza Artificiale trattata in linea con le aspettative dell’ospite di eccezione, il Papa. Focus sulla “persona al centro del processo”. Sugli altri temi buone conclusioni ma da vedere la possibilità di vederle foriere di risultati in futuro. Dalla sicurezza alimentare all’Africa, alla salute. Quest’ultima con lo slalom diplomatico sottostante al dissidio franco- italiano a proposito della menzione dell’aborto (questione peraltro molto a cuore a Biden) risoltasi con la tecnica diplomatica del rinvio alla dichiarazione del precedente Summit di Hiroshima.

Fin qui il sommario riepilogo del Vertice.

Dove il G7, tuttavia, ha mostrato di essere l’ennesimo vertice interlocutorio è stato nell’aver ancora una volta rinviato il segnale di un’attenzione concreta e palpabile rispetto al resto della Comunità internazionale. L’attuale sommovimento geopolitico su scala mondiale, infatti, in parallelo con la nuova fase di multipolarismo a geometria variabile, confina questo esercizio ad un dibattito dell’occidente che parla più a sé stesso che al resto del mondo. Tendenza che sembra aver resistito anche in presenza dei numerosi leader del Sud Globale presenti in Puglia.

Un formato declinante, quello del G7, considerata l’eccezionalità di questi tempi dove gli stessi valori di riferimento delle democrazie vedono sempre meno seguito nel resto del mondo.

Il desiderio diffuso di mettere in discussione le regole della comunità internazionale finora a guida degli Stati Uniti e dei suoi alleati necessiterebbe uno scatto in avanti di questi ultimi allo scopo di gestire un futuro, probabile cambiamento piuttosto che subirlo. Non e’ stato ancora il caso. Le difficoltà politiche dei singoli partecipanti rendevano del resto illusoria una tale speranza. Ciò non toglie che la cupezza dell’orizzonte geopolitico mondiale non beneficia di schiarite da parte di questo Vertice. Allo stato, inoltre, vi sono pochi elementi per essere indotti all’ottimismo in vista dell’evoluzione politica in corso all’interno di molti Paesi in questi giorni presenti a Borgo Egnazia. I leader indeboliti di oggi potrebbe essere sostituiti domani da esponenti politici più propensi alla chiusura che all’apertura. In quel caso, certamente non auspicabile, l’occidente finirebbe per essere oggetto e non soggetto del cambiamento.

E, all’interno dell’Occidente, le prospettive sarebbero ancora meno rosee per l’Europa, con la UE chiamata ad affrontare sfide monumentali, a partire dalla transizione verde e digitale. Sfide che si possono affrontare ragionevolmente solo con più “integrazione” in un momento in cui aspirano alla leadership forze politiche che, nel nome della sovranità, o meglio del sovranismo, sarebbero invece destinate a favorire la “disgregazione”.