Primavera 2024 Duomo al centro di Kharkiv; a sinistra edificio sventrato da un missile russo

 

 

Per i lettori di TUTTI Ventitrenta continuiamo a pubblicare estratti dal diario della professoressa di Kharkiv, che descrive la sua nuova vita dall’inizio dell’invasione russa. Questa volta, vi propongo l’ultimo post dell’autrice dalla sua pagina social, fatto pochi giorni fa.

Iryna Medved

 

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Estate 2024- Appartamento nel centro di Kharkiv

Bombardamenti delle città

Kharkiv

Kyiv

Sumy

Poltava

Lviv

 

Diversi giorni di fila di mostruosi bombardamenti di città con razzi russi. Decine di persone perite: neonati, adolescenti, medici uccisi, centinaia di civili feriti, bombardamenti di aree residenziali di notte e in pieno giorno. Sangue e morte.

 

Quest’ultima pubblicazione è un gemito e un grido per i lettori di diversi Paesi. Non credete alle bugie dei media russi. Le truppe armate del Cremlino stanno torturando e uccidendo una nazione vicina, distruggendo le nostre città e diffondendo incessantemente menzogne perverse.

 

Negli ospedali regionali delle città ucraine, i medici stanno elaborando protocolli per i ricoveri di massa dei civili feriti. I nostri figli studiano nelle scuole sotterranee. I nostri ospedali di maternità dispongono di sale parto negli scantinati. Il nostro odio basta per mille anni di combustione inestinguibile.

 

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KHARKIV. PRIMAVERA-ESTATE 2024

 

Questo diario si scrive lentamente.

Si trascina, rallenta e resta fermo, come un treno Kharkiv-Chelm, sul quale sto viaggiando di nuovo da qualche parte a qualche parte.

Nei capitoli precedenti la regione di Kharkiv ha affrontato l’offensiva militare primaverile che ha portato distruzione e dolore e ha vissuto un’offensiva informativa divulgativa, che ha seminato paura e disperazione, entrambe sostanzialmente fallite. I cittadini non hanno lasciato Kharkiv e i russi sono rimasti bloccati nei sobborghi, da dove hanno sparato senza pietà sulla città per tutto maggio.

Anche se sono in ritardo con l’agenda, mi auguro che il mio diario di Kharkiv venga letto in diversi paesi.

Finché la guerra non finirà.

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A metà maggio, un flusso di profughi da Vovchansk, distrutta sulla linea del fronte, è arrivato a Kharkiv. Centinaia di persone infelici, famiglie, bambini, anziani, folle di auto, folle di volontari. Una sciagura. Vengono ospitati in centri speciali organizzati nelle scuole-convitto nel nord della città. Portiamo lì cuscini e giacche, coperte e scarpe, pannolini per bambini e adulti, cibo per gatti… Ascoltiamo le storie tristi dei rifugiati. Come saltavano fuori dalle case in pantofole, come vedevano negli specchietti retrovisori i tetti in fiamme delle loro stesse case, come su una Lada, con cani e gatti, “scappavamo verso Kharkiv” con il cartello “Vovchansk” scritto con una biro su un foglio messo sul parabrezza.

Pubblico un post su Facebook e ricevo, senza esagerare, migliaia di lettere, indirizzi e numeri di telefono in risposta. I residenti di Kharkiv sono pronti ad ospitare, dare alloggio, portare le chiavi di appartamenti, case e uffici. Con l’aiuto di amici, sistemiamo una famiglia numerosa – un cane pastore e con lui tre persone – nella casa abbandonata di qualcuno.

 

La città viene bombardata giorno e notte. Ansia tutto il giorno, tanti giorni di seguito, banche e negozi sono chiusi.

Le improvvise esplosioni notturne fanno impazzire Busya. La cagnolina comincia a preoccuparsi una trentina di secondi prima che l’esplosione rompa il silenzio fuori dalla finestra (sembra che reagisca a lanci e a esplosioni lontane che non possiamo udire), trema e si precipita, dondolandosi sulle zampe ampliamente allargate, con il cuoricino che palpita e la lingua fuori.

I russi colpiscono Kharkiv in pieno giorno. Colpiti edifici civili da cinque piani, stazioni della metropolitana e un ipermercato. Morti, feriti, dispersi – si legge ancora e ancora nei notiziari notturni della città.

 

Insomma, alla fine di maggio la vile guerra è del tutto impazzita.

Si è scoperto che noi, cresciuti con favole in cui il bene ha sempre e necessariamente vinto, siamo stati ingannati. È assolutamente ovvio che a vincere è stato il male, mitico ed epico, come un drago rabbioso sputafuoco a più teste.

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Più o meno negli stessi giorni, a un incrocio semivuoto, vedo una ragazza in bicicletta, con un vestito a fiori, con una baguette e una manciata di fiori di campo in un cestino. La strana immagine è altrettanto appropriata nel paesaggio militare di Kharkiv in cemento armato quanto lo è una facciata con le finestre sbarrate in qualche paesaggio di una valle provenzale.

Peccato che non ho tempo per fare una foto.

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Negli ultimi giorni di maggio dobbiamo recarci in Europa per lavoro.

Ci capita una sosta forzata in un albergo lungo la strada, nei pressi del confine occidentale, alcune notti tranquille per la prima volta dopo mesi.

Siamo seduti in un bar. Al tavolo accanto ci sono tre donne senza età dai volti pallidi e inespressivi. Bevono qualcosa di forte e lo versano nei bicchieri sotto il tavolo. Ascoltiamo involontariamente la loro conversazione. Il figlio di una donna è morto in guerra. Le altre due hanno figli al fronte.

L’acacia è in fiore, il sole accoglie allegramente l’estate.

La guerra appare anche qui, nelle profonde retrovie occidentali, come una strega invisibile e terribile, e conficca una spada insanguinata nei cuori delle madri.

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A Roman Anatoliyovych [il marito dell’autrice, anche lui medico] non permettono di andare all’estero e nei primi giorni dell’estate torna a Kharkiv. Viaggio da sola, devo recarmi a diversi importanti incontri di lavoro programmati e poi in vacanza. Parto in uno stato di esaurimento fisico e psico-emotivo e in crisi di comunicazione.

Per molte settimane di seguito non riesco a vedere città pacifiche.

Voglio parlare e raccontare all’infinito di orrori e paura.

Comincio a notare che i miei interlocutori mi guardano in modo strano.

Sembra che abbiano anche altre cose di cui discutere e a cui pensare.

Questo è strano.

Voglio alzarmi e urlare: “Geeeenteee, heeeei, Kharkiv viene bombardata da missili russi, ohé, ché state passeggiando qui!!!!!”

Sembra che questo grido venga udito da tutti intorno a me, mi lacera le corde vocali, presto divento rauca a causa del mio assordante grido silenzioso.

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Giugno 2024 L’autrice a Lisbona per il Convegno internazionale

A Lisbona, al congresso a metà giugno, mi si avvicina un collega di San Pietroburgo.

-Come stai, Inessa?

-Come sto?

Mi prende uno sconcerto. Nel mio vocabolario attivo, naturalmente, trovo solo poche parole:

– Bombardano Kharkiv. Il vostro esercito.

– Come bombardano? Con cosa bombardano? – il collega è sinceramente interessato.

– Con le bombe.

– Ma dai! Veramente? A noi non lo fanno vedere…

 

Lo dice un medico russo, dottorato in scienze, professore associato, inglese B2 o forse C1, partecipante al congresso mondiale.

Ecco, questo è lo spaccato sociologico e il focus group.

Questo non glielo dicono.

 

Al congresso incontro professori che conosco provenienti dalla Germania e dalla Gran Bretagna.

  • Kharkiv viene bombardata, – ricomincio la tiritera sui bombardamenti.

E sento in risposta un categorico “sei pazza” e “scappa immediatamente da Kharkiv”.

– Ascoltate. Quasi un milione di persone vivono a Kharkiv. È come… metà di Lisbona. Non tutti possono scappare, soprattutto immediatamente.

Non rispondono niente a questo.

 

Incontro colleghi israeliani, compresi ex residenti di Kharkiv che se ne sono andati molto tempo fa. Fanno domande con comprensione ed empatia.

……….

 

Oggi sono a Kharkiv.

Fuori dalla finestra tuona e ronza continuamente, non molto forte (tuona per le bombe e ronza per i droni kamikaze – tradutt.). Ci sono battaglie nei sobborghi vicini. Il rombo ora è nuovo, del tutto diverso, si parla di nuovi aerei.

La città appare scarsamente popolata, svuotatasi, come lo è sempre d’estate.

Ho fatto una passeggiata già sulla Sumska, la via centrale di Kharkiv, fusa sotto il sole, con una gonna corta, infradito, con braccialettini al polso, come una hippie degli anni Settanta o una hipster degli anni 2000.

Ho scattato delle foto della città per il diario e per voi.

Ho fatto una gita nella metropolitana gratuita. Lo sapevate che a Kharkiv la metropolitana è gratuita? Ora lo sapete.

È l’unica città al mondo.

Non nel senso di metropolitana gratuita, ma in generale.

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Parco giochi in una delle stazioni Metro di Kharkiv

 

Tutte le fotografie sono state realizzate dalla professoressa Safonova