L’Unione europea rischia un’impasse istituzionale che non ha precedenti di fronte alla possibilità non più tanto remota che due commissari, Raffaele Fitto di ECR e Teresa Ribera, vengano “bocciati” per i veti incrociati dei principali partiti dell’Assemblea di Strasburgo: popolari e socialisti.
Il problema principale riguarda la commissaria spagnola, oggetto di forti attacchi dei popolari spagnoli a seguito della tragica alluvione di Valencia. Ma se la Ribera non dovesse passare, ne farebbe le spese anche Raffaele Fitto, membro dell’ECR. Tuttavia, il problema assume una valenza politica più ampia poiché la nuova Commissione potrebbe essere votata da una maggioranza diversa da quella che in luglio aveva votato von der Leyen. I socialisti, sostenuti da verdi e liberali, hanno lanciato l’allarme e sono pronti a votare contro il nuovo esecutivo comunitario se non saranno ben delineati i confini della maggioranza politica sulla quale esso dovrà reggersi.
Ursula von der Leyen aveva varato la sua Commissione nonostante le convulsioni politiche che ne avevano accompagnato la formazione, cercando un difficile equilibrio tra le formazioni politiche.
Il nuovo collegio della Ue appare caratterizzato da un rafforzamento del ruolo della presidenza. In effetti, UVDL non avrà di fronte personaggi ingombranti come la danese Vestager e l’olandese Timmermans, che avevano fatto ombra alla sua leadership, o come Breton, che ne contestava neppure tanto velatamente l’approccio accentratore e la mancanza di collegialità.
Dal punto di vista politico, la nuova Commissione registra una maggioranza di centro-destra, anche se bisogna considerare che quattro delle sei presidenze esecutive di peso vanno a due commissari socialisti (la spagnola Ribera e la rumena Minzatu) e a due liberali di Renew Europe (il francese Séjourné e l’estone Kallas).
Quattordici sono i commissari del Partito popolare europeo (PPE); cinque liberali di Renew Europe (RE); cinque della famiglia socialista (S&D); due dei Conservatori e Riformisti Europei (ECR) e uno dei Patrioti d’Europa (PdE).
La distribuzione degli incarichi appare equilibrata nell’assegnazione delle vice presidenze esecutive ispirate non solo ai criteri del peso dei Paesi membri e delle famiglie politiche, ma anche alla ripartizione su base geografica (nord/sud, est/ovest) e di Paesi grandi e piccoli. Quanto al peso dei portafogli, andrà valutato anche alla luce delle direzioni generali che saranno aggiudicate ai singoli commissari.
Sicuramente appaiono di tutto rilievo le competenze attribuite alla spagnola Ribera (transizione verde e concorrenza), al francese Séjourné (mercato interno e strategia industriale), al lettone Dombrovsky, considerato un falco (economia), e all’italiano Fitto (coesione e riforme). Sono una novità il commissario per il Mediterraneo (la croata Suica) e quello per la difesa (il lituano Kubilius), la cui consistenza andrà valutata alla luce delle disponibilità finanziarie e di personale loro assegnate.
Per quanto riguarda l’Italia, Raffaele Fitto, pur non avendo ottenuto nel suo cluster l’economia, avrà la gestione dei Fondi di coesione e delle riforme (non quelle istituzionali, che rimangono una prerogativa della Presidente, ma quelle sul funzionamento dei fondi strutturali), mentre dovrà condividere il controllo sull’attuazione del PNRR con Dombrovsky. Da considerare tuttavia che il portafoglio attribuito a Fitto è quello che deteneva la portoghese Ferreira. Si tratta di un portafoglio dove i fondi sono al 90% preallocati e lasciano poco margine di manovra al commissario.
In ogni caso, l’attribuzione della vice presidenza esecutiva rappresenta un riconoscimento per il ruolo dell’Italia e del governo Meloni. Da rilevare che, contrariamente a quanto si sostiene, non è la prima volta che l’Italia ha una vice presidenza di peso. Sono stati vice presidenti, per fare qualche esempio, Mogherini, Tajani, Frattini, per non parlare di Natali quando l’Italia, come gli altri grandi Paesi, aveva due commissari nell’Europa a 15.
Nonostante i mugugni politici che l’hanno accompagnata, la nomina di Fitto potrebbe rivelarsi nell’ottica di von der Leyen una buona mossa in quanto potrebbe spingere l’ECR nell’orbita europeista, allontanandola dai gruppi sovranisti di estrema destra. Socialisti, liberali e verdi dovrebbero avere tutto l’interesse a dare il loro voto favorevole, facendo esplodere le contraddizioni esistenti in ECR, suscettibili di accelerare il processo scissionista minacciato dai rappresentanti di partiti antieuropeisti come il PiS polacco, che potrebbe seguire l’esempio del partito di Orban, Fidesz, e confluire nel gruppo dei “Patrioti europei”.