Sembra pretestuoso parlare di vitalità del cinema a sale chiuse e senza grandi prospettive di riapertura. Però la produzione e la distribuzione nostrana si arrangia attraverso la polverizzazione delle uscite sulle piattaforme.
A prezzo alto la vendita su Netflix, a costi inferiori a piramide sulla congerie di proposte su piccolo schermo
dell’ultimo anno. Ma qui vogliamo parlare di qualità del cinema italiano e dei cascami repellenti di quella che una volta fu la gloriosa commedia all’italiana. Il modello vanziniano del format “Vacanze di Natale” e affini ha trovato pedissequi imitatori che si appoggiano ad attori dal moderato successo al box office, garanzia di mercato.
Facciamo nomi e cognomi: Fabio De Luigi, Vincenzo Salemme, Enrico Brignano, purtroppo a volte anche Claudio Bisio, Diego Abatantuono, Paola Cortellesi. Ma la solida commedia all’italiana che fu, che aveva sceneggiatori di
pregio che si mettevano al servizio dei Monicelli, Comencini, Risi, Salce, non esiste più. Oggi abbiamo Massimiliano Bruno e affini e se si parla della difficile resipiscenza della felice saga di Boris (ma purtroppo non c’è Mattia Torre a sostenere il progetto) è solo perché la proposta spicca su un universo mediocre.
Qui la quintessenza dei plot non è troppo lontana dalla costruzione di “Ultimo tango a Zagarolo”. Ma vogliamo dare esempi concreti per non restare nel limbo delle genericità. Questa la trama del film “Tiramisù”: «La fortuna di Antonio (Fabio De Luigi), goffo informatore scientifico, gira quando inizia ad utilizzare il tiramisù della moglie che gli apre le porte del successo professionale ma ben presto lo stratagemma gli si ritorcerà contro». Avete letto bene, non è un principio di barzelletta. Questa è l’esangue sceneggiatura del film.
E ancora in “Dieci giorni Senza mamma” (ancora De Luigi): «Il protagonista è costretto a fare il papà a pieno tempo perché la moglie (bontà sua) ha improvvisamente deciso di concedersi una vacanza a Cuba con la sorella». Per fortuna c’è ancora qualche recensore non intorpidito da questo sonnifero cinematografico. Il Corriere della Sera ha commentato così a suo tempo l’uscita: «Un film che gira a vuoto, col pilota automatico, inseguendo un copioncino smilzo, prevedibile, da sbadiglio». Il brutto è che queste pellicole ricevono aiuti di Stato come riconoscimento del proprio molto dubbio valore culturale. A margine di un’intervista De Luigi ha commentato: «Scelgo solo progetti che mi piacciono più che altro». Pensate se scegliesse copioni che non gli piacciono che potrebbe succedere…
Ma raccontiamo la sinossi cine del film “La scuola più bella del mondo” con Christian De Sica: «Il preside di una scuola media toscana pensa di invitare una classe del Ghana per uno scambio culturale. Ma il bidello nella comunicazione confonde la città di Accra con Acerra e così invita gli alunni di una disastrata scuola media campana con il loro bizzarro insegnante».
Un plot neanche valido per “La sai l’ultima” diventa il pretesto per un film di 90 minuti con quali devastanti effetti sullo spettatore si può facilmente immaginare. Toccato il fondo? Niente affatto. LeggeTe la trama di “Sotto mentite spoglie”: «Tommaso (Vincenzo Salemme) è un quarantenne napoletano felicemente sposato con Chicca. Un giorno decide di mandarle un focoso sms che, per errore, arriva a Chiara, la moglie del suo migliore amico che gli si butta tra le braccia». Doverosa citazione per gli ingloriosi interpreti che sono Vincenzo Salemme, Lucrezia Lante della Rovere, Luisa Ranieri e Giorgio Panariello. Attori italiani, che si deve fare per campare! E dei registi ci dimentichiamo volentieri nomi e cognomi.