Nel nostro mondo collegato tramite reti di informazione che permettono all’intero pianeta di vivere in contemporanea gli eventi maggiori, quando uno di essi succede ci ricordiamo tutti dove eravamo e cosa facevamo quando abbiamo sentito la notizia.
I più anziani si ricordano dov’erano quando hanno visto sullo schermo il primo passo dell’uomo sulla Luna, un istante di grande ottimismo. I più giovani si ricordano le immagini in diretta del World Trade Center che crolla, in un certo senso l’antitesi dell’evento precedente.
Col Covid questo momento anche se probabilmente collegato all’evento più grave del nostro giovane secolo la comprensione di quanto stava accadendo è apparsa molto diversamente a ciascuno di noi: l’istante in cui quel distante rumore di un nuovo virus apparso in Cina si trova di colpo di fronte a noi. Almeno se non eravamo ancora fisicamente di fronte al virus ma quell’attimo in cui abbiamo realizzato che la situazione era fuori controllo.
In Francia si può paragonare l’inizio della pandemia ad un’altra strage storica di cui tutti i presenti dell’epoca si ricordano ovvero l’esplosione del reattore di Tchernobyl. E qui sono rimaste molto vivaci le smentite del governo nel 1986 per non fare paura ai cittadini: «La nuvola non passerà la frontiera». Oggi, un anno dopo, è molto interessante rileggere i primi comunicati del ministro francese della Sanità, Agnes Buzyn, che il 21 gennaio 2020 annuncia che c’è un rischio molto leggero che il virus arrivi in Francia.
Per me il primo ricordo forte è stato quando mio figlio, che si trovava in Piemonte, mi ha chiamata descrivendo il fortissimo panico che si stava diffondendo in Italia. Così al telefono mi consigliò di fare varie scorte tra cui la più importante era il gel Idroalcolico. Andai immediatamente in farmacia per comprarne. Pochissimi giorni dopo non ce n’era già più! E la penuria di questo prodotto vitale durò vari mesi.
La seconda grande polemica fu quando la portavoce del governo annunciò durante una conferenza stampa che le mascherine non servivano assolutamente.
Allora in quel momento fu vendicata clamorosamente l’ex ministro della Sanità di Nicolas Sarkozy, Roselyne Bachelot, che aveva comprato milioni di mascherine nel 2010, durante la pandemia di H1N1. All’epoca fu accusata di avere sprecato milioni di euro per niente. Come per Nicolò in Italia, la Francia mandò un aereo militare a Wuhan per rimpatriare in urgenza vari cittadini francesi bloccati in Cina. Rapidamente purtroppo la situazione precipitò, i ricoveri in ospedale salirono a 7000, la soglia critica di saturazione oltre la quale è necessario fare una cernita dei malati.
Così Macron annunciò in un discorso dall’Eliseo il primo lockdown molto rigido.
La gente si precipitò nei supermercati per fare provviste in un’atmosfera surreale, tra scaffali vuoti e gente in panico. La città di Caen, in Normandia, si addormentò e vari caprioli ne approfittarono per visitare il centro città. Per spostarsi era necessario un’autocertificazione che fu causa di molti errori per la sua rigida complessità. Il governo tentò brevemente di fare installare a tutti i cittadini un’app, lo StopCovid, per fare il contact tracing numerico, ma pochissima gente accettò di installarlo sul telefono.
La terza grande polemica in quel periodo fu la mancanza di test di massa per individuare subito i positivi. Si scoprì che la Francia non aveva più le capacità industriali per fare produrre semplici tamponi di plastica necessari per i test. E che non c’erano più le fabbriche di molecole di base come il paracetamolo che era stato delocalizzato in India.
Le scorte di Curaro e altri farmaci di anestetici erano talmente basse che furono requisiti gli stock di molecole veterinarie! Non c’erano neanche più le ditte per fabbricare le mascherine chirurgiche. Insomma di colpo si scoprì che la Francia di Pasteur e di Sanofi era solo più un’illusione.
Però di fronte al disastro e alle drastiche riduzioni di budget di questi ultimi anni, l’eccellenza degli ospedali permise di far fronte allo choc. Con tanta energia e flessibilità i medici e gli infermieri accumulando gli straordinari salvarono la situazione. Un medico specialista di Marsiglia in qualche settimana divenne il centro dell’attenzione con i suoi test sulla clorochina che viene utilizzata per la malaria e che lui propose come trattamento super efficace e a basso costo.
Infine il lockdown terminò, la gente felice se ne andò in vacanza pensando che con l’estate il virus sarebbe sparito. Ed in effetti lo fu. Ma, come previsto da alcuni specialisti, già ad agosto c’erano i primi segni di un forte aumento di contaminazioni. Il governo provò ad evitare ad ogni costo un nuovo lockdown, però di fronte alla seconda ondata fu obbligato a decretarlo. Più o meno allo stesso momento arrivò la notizia del vaccino di Pfizer che fu accolta con grande speranza. Grande fu la preoccupazione su come organizzare Natale e Capodanno, col timore di creare un cluster gigante in famiglia e con gli amici festeggiando. Ma già un nuovo disastro si stava preparando nelle campagne del Kent, la cosiddetta variante inglese. In qualche settimana passò dal 4% all’80% dei casi. Così fu necessario un terzo confinamento che dura ancora oggi.
Le polemiche sulla campagna di vaccinazione, partita lentamente per ragioni logistiche, sono un po’ diminuite anche se la paura del vaccino AstraZeneca è sempre più diffusa…
Dopo questi mesi intensi a parlare ogni giorno del Covid, con impatti forti, tanto a livello economico che psicologico, lo stato d’animo della popolazione rivela dai sondaggi soprattutto la stanchezza. La fiducia della popolazione nelle capacità dello Stato a gestire la crisi è passata dal 60% al 35%. Per ogni decisione il governo deve sempre tenere presente che la popolazione è esaurita e che ci sono forti rischi di disobbedienza civile. Ci sono state varie manifestazioni per paragonare la mascherina ad una privazione di libertà, voluta dallo Stato. Appena appare un raggio di sole i più giovani si raggruppano stretti stretti in parchi e lungofiumi, incuranti dei gesti barriera. Molte feste proibite continuano ad essere organizzate. Queste ultime settimane sono stati chiusi numerosi ristoranti clandestini. A Parigi alcuni ricevevano di nascosto dei ministri.
Lo stato francese e la sua centralizzazione parigina con un’elite che decide tutto, anche se non sempre apprezzata, viene considerato comunque un modello di efficacia burocratica. Macron è lui stesso un tecnocrate brillante, formato all’ENA, l’istituzione che forma l’eccellenza dei funzionari francesi. Il rischio con la degradazione dell’economia è che alcune misure poco popolari possano riaccendere le fiamme dei Gilet gialli. Per di più l’anno prossimo ci saranno le elezioni presidenziali e il Covid è solo una parte dei tanti problemi della Francia. I vari partiti dall’anno scorso fanno a gara per criticare qualsiasi decisione presa dal governo.
Dulcis in fundo, la «brillante» idea di Anne Hidalgo, sindaco di Parigi, che propone di creare un Memoriale per i morti del Covid! Circa 100 000 decessi sino ad ora…. Un luogo di memoria la cui forma ancora non è definita, in collaborazione con l’istituto “Covid-19 Ad memoriam”. «Vogliamo analizzare lo sconvolgimento provocato dalla pandemia del Covid-19 e contribuire così all’edificazione di una memoria viva dei suoi effetti psicologici, sociali, politici ed economici» ha detto Anne Hidalgo, probabile candidata all’elezione presidenziale…
Per terminare non dimentichiamo un piccolo dettaglio della geografia francese.
Tra tutti i paesi europei la Francia è l’unico ad avere un confine comune con il Brasile, in Guyana. In Brasile ora si contano 90 varianti differenti, tra cui il P1 che sta provocando una strage. Questa variante sembra molto agile e i vaccini sembrano poco efficaci nei suoi confronti. Sono stati infine vietati i voli dal Brasile. Però questo variante è già molto diffusa a Cayenne. Così c’è un’alta probabilità di trovarci di nuovo all’inizio di un’altra pandemia.
Allora se la nuvola radioattiva non passava la frontiera nel 1986, vedremo se questa variante brasiliana non passerà l’Oceano…
Foto di apertura