Nel marzo 2020 la Commissione europea ha presentato “un piano di azione per una nuova economia circolare” con l’obbiettivo di ridurre l’impatto delle produzioni sull’ambiente, generare innovazione e crescita economica sostenibile nel lungo periodo.
Le aree interessate sono molte, tra queste l’agricoltura. Le tecniche ad alta produttività attualmente utilizzate sono difficilmente sostenibili nel lungo periodo per il loro pesante impatto ambientale. Una delle tecniche agricole alternative, promettente per le produzioni in ambienti con forti scarsità di acqua e per quelle di nicchia, è l’acquaponica. Il termine nasce in USA dalla fusione delle parole acquacoltura ed idroponica. Un sistema acquaponico è un ecosistema: gli input sono il sole, l’acqua (riciclata sino al 95%) ed il mangime per i pesci; l’output i vegetali ed il pesce. Il nutrimento per le piante è costituito dall’ammoniaca, prodotta dalla respirazione dei pesci, che i batteri presenti nei filtri trasformano in nitriti e poi in nitrati, usati dalle piante come nutrimento. L’acqua depurata dalla azione delle piante, ritorna nelle vasche dei pesci. I vermi presenti nei filtri aiutano nella trasformazione delle feci e dei residui vegetali (ad es. resti di radici) in componenti utili per il nutrimento delle piante.
I consumi di acqua sono essenzialmente quelli connessi con l’attività di fotosintesi delle piante.
Questa tecnica riduce drasticamente il consumo idrico ed evita la dispersione di acque ricche di nutrienti nell’ambiente. L’agricoltura tradizionale intensiva (l’unica al momento in grado di sfamare l’umanità) è una importante causa di inquinamento delle acque: le sostanze chimiche utilizzate ed i fertilizzanti, compreso il letame degli impianti biologici (che fermentando all’aperto produce anche metano), vengono dilavati dalle piogge e finiscono in falda ed alla fine nei mari. Le coltivazioni acquaponiche avvengono fuori suolo in serra. L’energia utilizzata è elettrica e può essere prodotta da fonti alternative (tipicamente impianti fotovoltaici con sistemi di accumulo). L’ambiente controllato della serra consente sia l’utilizzo di tecniche di bio-contrasto dei parassiti che la protezione dalla fauna selvatica e dagli eventi atmosferici. La resa della produzione per metro quadro è superiore in genere di un fattore 4 rispetto alle produzioni a terra. Per alcune colture come lo zafferano si può sfiorare il fattore 10. L’acquaponica ha un minore impatto ambientale rispetto alla similare tecnica di coltivazione idroponica che richiede periodici ricambi di acqua, previa depurazione delle acque reflue, per smaltire gli accumuli di sostanze chimiche nei sistemi.
I mangimi dei pesci possono, in parte, contenere insetti allevati su cascami agricoli integrati con alghe, quali la spirulina, prodotti nella azienda stessa. I pesci prodotti forniscono proteine a basso impatto ambientale.
Questa tecnica è maggiormente diffusa in paesi con forte carenza di acqua. Da qualche anno si sta lentamente diffondendo in Italia per produzioni di nicchia quali zafferano, zenzero ed ortaggi “nichel free”. I prodotti acquaponici, compresi i crostacei eventualmente allevati, possono avere un contenuto quasi nullo di nichel e tale da essere adatti per chi soffre di allergia a questo metallo.
L’acquaponica è una tecnica promettente per un futuro di produzioni alimentari più sostenibile. La gestione di un impianto acquaponico richiede personale qualificato, maggiormente remunerato rispetto ai normali addetti del settore agricolo. La tipologia degli impianti può consentire l’impiego di personale diversamente abile. La diffusione degli impianti è limitata dall’alto costo di partenza, giustificato solo con produzioni di nicchia nel nostro paese. Nei luoghi, ad esempio le isole della Croazia, con scarsità di acqua, gli impianti risultano maggiormente remunerativi grazie al notevole risparmio nei consumi idrici.