I “giorni assegnati” alla poesia, alla sua categorialità storica tenuta fuori dal ‘tempo personale’ son tutti qui. E non a caso l’esergo al volume di Rodolfo Di Biasio, che accoglie “Tutte le poesie” dell’autore di Ventosa (1937) – territorio dischiuso all’ampiezza azzurrina del Golfo di Gaeta – è firmato da Giuliano Manacorda. Tratto da una pagina critica del 1999, lo storico della letteratura italiana mette in risalto in che modo esistenza e poesia facciano qui parte d’una stessa parabola: l’affermare l’irraggiungibilità dello stato felice. Ecco allora il bisogno del recupero, nell’effervescenza del restauro spirituale, di ogni frammento di gioia quotidiana. Tutto connota l’ampiezza della poetica di Rodolfo (scrittore, critico, narratore RAI), espansa, nella cautela di una spontanea filologia, dal lungo tratto novecentesco fino ad oggi, disegnando un’ellissi dispiegata verso nuovi esiti di equilibrio sul consolidato registro linguistico. Un quaderno di vita (Ghenomena, 2021, pp. 259, € 35), qui addensato in versi aperti nei decenni: dal ’60/’70/’80, con “Caino”, “L’Eliso non è più” e “Tre canti per Mosè”, poi, con “Le sorti tentate”, “I ritorni”, e, dagli anni ’90, con “Patmos”, “Poemetti elementari”, per approdare, nel 2008, con “Mute voci mute”.
Un poeta che si muove, sin dall’inizio, con passi definiti “obsoleti”, cioè non dimentichi di una fruttuosa trasmissione arcaica dei valori umani configurati nell’agonica civiltà agropastorale (si pensi a Gino Gerola, il poeta di “Quartiere”), nell’emigrazione, nel nomadismo intellettuale, e attento al pianeta Terra di cui avverte gli incombenti pericoli nell’indecifrabile spessore del tempo. Un segmento creativo segnato da quelle ‘Poesie dalla terra’ in cui si dichiara, con accorato trasporto, quanto gli pesi «la desolata pianura di sale | la montagna disboscata | l’agonia di chi cade». I versi, ordunque, diventano «poesia della notte lunare», mentre i «pascoli seviziati dal cemento» rassomigliano sempre più all’agnello sacrificale, a quell’antico tragico rabbioso colpire di Caino contro il fratello. Il mare, il profondo amnios, è pervasivo paesaggio dello spirito: scorre lungo piste oceaniche speranzosamente aperte alla supremazia dei sogni, al vaglio dei desideri, a voler staccare ogni stella capace di «abbellire una povera morte», così «le foglie per il lenzuolo funebre» affinché «la rugiada sia tenero pianto». E se il calarsi nella dimensione del sacro dei “Tre canti per Mosè” (‘Lamento’, ‘Rivelazione’, ‘Esodo’) tracciano, con parole drammaturgiche, l’incarnarsi del riscatto della terra, è nell’uomo che la vive che si mostra l’ascesa al cielo, il mantello biblico dei fatti, il formulare salvifiche allegorie sul nostro presente. Parole che, se in Eduardo De Filippo possiedono un preciso colore (“’E pparole”), per Di Biasio «hanno età, connotazioni», e «pronunziarle ed essere ascoltati | è una ventura che tocca l’uomo | solo una volta, | e nella stagione giusta». Una poesia che ha conosciuto “partenze e ritorni”, incapace di cancellare il volto della guerra, lo sguardo assente dei «morti | che i soldati portavano a dorso di mulo | a macerare nella scarpata». Tale sentire, Rodolfo lo conferma a noi nella purezza emotiva dell’inserto inedito del 1958 “Niente è mutato”, il ricordo, la stessa vita. Essa: una «marea che scema».
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Due testi di Rodolfo Di Biasio*:
- «Poemetto dei naufragi e delle rottamazioni»
Naviga. Verso dove ci è dato di navigare?
- Puškin
1
È un aspro mare
questo che batte la riva e la disfa
la disperazione del mare
consegna ancora
a noi
i suoi morti di un giorno
2
Il mare
ha oggi per me questa voce
–voce d’alghe–
Il sole e l’azzurro
non disperdono dentro
l’ossessione delle acque
e nella remotezza del cielo
si muta in nero di pece
la luce dei voli
3
Un tempo cupo
il cupo tempo delle rottamazioni:
poco importa
se di uomini o cose
Un tempo d’alghe ci incalza
[2008]
- «Un’ora mia»
Un’ora mia,
si perde la stagione nel remoto,
ebbe sapore di nidi e di piante
Ma al passo d’oggi
i segni mi vengono
da tralicci e cemento
che la luce non scardina
Al bivio l’orizzonte si chiude
Come lama
Né più indovino il punto di magia
il solo che sciolga le ferme cose:
che mi renda albe smemorate
o al bivacco mi tracci la via delle stelle
Ruit tempus. Precipita.
e non vuole ritorni
Smagrisce pure l’ombra del querceto
dove i passeri cantavano
smuoveva il vento biade e ramarri
[da “Le sorti tentate”, 1977]
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*Rodolfo Di Biasio è nato a Ventosa nel 1937. Vive a Formia. Sue opere di poesia: Niente è mutato (1972); Le sorti tentate (1977); I Ritorni (1986), Patmos (1995); Altre contingenze (1998); Poemetti elementari (2008); Mute voci mute (2017). Sue opere narrative: Il parco dell’America (Gremese, Roma 1977); La strega di Pasqua (Bastogi, Foggia 1982); I quattro camminanti (Sansoni, Firenze 1991). Sue opere critiche: Bonaviri (La Nuova Italia, Il Castoro, Firenze 1978). Ha diretto le riviste letterarie «L’Argine Letterario» e «Rapporti»; per due decenni ha collaborato con la RAI con sceneggiati storico-letterari. Le sue poesie sono state tradotte in inglese, francese e spagnolo.