Per la prima volta da quando è stato varato il Next Generation Eu l’Europa fa i conti con una crisi energetica. Avviene a causa di una guerra. Nessuno poteva immaginare una simile situazione, per giunta quando il Vecchio Continente è candidato alla neutralità climatica prima di tutti gli altri. La guerra in Ucraina ha messo in risalto una chiara disomogenità nelle politiche energetiche nazionali. Il frutto di accordi politici e di strategie non sempre meditate. Sulla necessità di lavorare per un mondo green e sostenibile non ci sono dubbi. Cio’ che è tornato al centro del dibattito e delle valutazioni geopolitiche sono, invece, le tappe intermedie per raggiungere quella neutralità al 2030 e 2050. Le due date- anche in questi giorni drammatici- segnano il tempo per ridurre le emissioni inquinanti. Ma non stupiamoci. Buona parte dei Paesi dopo le bombe di Putin sull’Ucraina ha ammesso una straordinaria dipendenza dalle fonti fossili. Quasi tutti partecipano ai summit internazionali ed alle Cop dell’Onu. Firmano documenti solenni per arrestare i cambiamenti climatici ma poi a casa propria non riescono a liberarsi dalle più tradizionali fonti di energia. E se lo fanno è con grande fatica. Qualcuno crede che Putin e la dirigenza non osservino questa schizofrenia ? Quale credibilità hanno i governi che da una parte strutturano piani verso le fonti rinnovabili e dall’altra acquistano miliardi di metri cubi di gas ? L’Europa ne prende 50 miliardi all’anno. Mosca e la sua potentissima Gazprom conoscono bene questa dipendenza dell’Europa e hanno costruito e consolidato una realpolitik vincente. Tutte le interlocuzioni con l’Occidente negli ultimi venti anni hanno avuto come sfondo i contratti di greggio e gas. Le grandi compagnie- che ora dicono di non rinnovare i contratti- hanno comunque la necessità di garantirsi gli approvvigionamenti. E appena tornerà il “sereno” riprenderanno a negoziare. Putin lo sa.

“MEA CULPA” ITALIANO

Il punto di caduta di queste settimane sta nella transizione energetica vera, nel passaggio ad un nuovo ordine economico-sociale, nel suo sviluppo graduale e costante. Si puo’ fare a meno del gas ? Certo. Quando? Soltanto tra qualche anno. Al 2030 ? Non è sicuro. E delle rinnovabili ? Dobbiamo investire ed accelerarne la diffusione. Ma con serietà. Mario Draghi in Parlamento e a Bruxelles è stato di una chiarezza estrema. Ma vale ricordare che nel suo governo siedono Ministri che hanno fatto barricate contro il gasdotto Tap. Che prima di Cingolani c’è stato un Ministro Signor NO ad infrastrutture, ad impianti che producevano energie, a ricerche ed estrazioni, a pale eoliche. Eterogenesi dei fini, si dice. Poi il Ministro degli Esteri abbandonati gli avamposti ostili va in Algeria con l’Eni a chiedere più gas per l’Italia. Le difficoltà in campo energetico- solo in parte imprevedibili- hanno messo a nudo l’incapacità delle classi dirigenti di impostare strategie prive di seduzioni ideologiche. E non è un caso se quella ambientale per tanto tempo è stata declinata a dispetto del pragmatismo che accompagna la vita di milioni di persone. L’Italia, ahimè, in questo cela il suo mea culpa.  La Germania, cui spesso si guarda come esempio, negli anni di Angela Merkel ha fatto accordi con Putin ed ha costruito il suo mix tra rinnovabili, fossili e nucleare.

DIECI MOSSE

L’Agenzia Internazionale per l’Energia ha studiato 10 mosse per abbassare la dipendenza energetica dalla Russia. Riduciamo i consumi, spendiamo di più per le rinnovabili, produciamo più elettricità con impianti nucleari e bioenergie esistenti, ha scritto. Pero’ bisogna  puntare anche su fornitori di gas liquefatto e stoccaggi. Un paniere di misure che entro un anno dovrebbero tagliare di un terzo le importazioni dai giacimenti russi. Cosi’ facendo Gazprom dovrebbe perdere contratti per 15 miliardi di metri cubi di gas. Nessuno ha la certezza che queste ed altre indicazioni saranno recepite alla lettera dai governi. L’evidenza che finora ognuno ha fatto da se, trovando a Mosca interlocutori tutt’altro che sprovveduti, getta ombre su molte azioni punitive verso la Russia. Per allontanarle basta richiamarsi ai principi fondamentali di “coesione economica, sociale e territoriale e solidarietà tra gli Stati membri”. La crisi energetica troverà cosi’ una prima risposta.