A una domanda di una storica intervista condotta nel 1979 dal fondatore del quotidiano la Repubblica, Federico Fellini così rispose: “Ti interessa capire in che modo vedo io i tempi che stiamo vivendo? Bada che io non so parlare per concetti, ho sempre parlato attraverso le immagini. Quando mi si porta sui concetti dico delle banalità vergognose. Me ne accorgo sai? Me ne accorgo mentre le dico, ma mi vengono fuori così. I concetti non sono il mio forte”.

La forza di comunicazione di Federico Fellini attraverso le immagini è personalissima e singolare: è quasi sempre impossibile tradurre efficacemente in concetti il contenuto dei suoi film. Tra di essi, i due che nell’intervista stessa Fellini dichiara essere quelli che gli sono piaciuti di più, ‘La dolce vita’ e ‘Otto e mezzo’, vedono il protagonista, in entrambi i casi interpretato da Marcello Mastroianni, muoversi tra personaggi reali e fantasmi onirici, in vicende che raccontate risultano a tratti più che banali. Si pensi al finale de ‘La dolce vita’, alla voce della ragazzina che il protagonista Marcello non riesce ad ascoltare per il fragore del mare sulla spiaggia di Fregene. O si pensi all’intera vicenda di ‘Otto e mezzo’, descritta dallo stesso Fellini come ‘la storia di un film che non sono riuscito a realizzare’. Questi due film di Fellini tuttavia, secondo non pochi critici, raggiungono le punte più alte della storia del cinema.

Fellini explored, Interno studi di Cinecittà, by Rickydavid, CC BY-NC-ND 2.0

Due anni fa il centenario della nascita di Fellini fu occasione di diverse importanti iniziative in Italia e all’estero. Quest’anno numerose sono invece le iniziative per i 100 anni dalla nascita di Pier Paolo Pasolini. In particolare il comune di Roma ha pubblicato un ampio programma di eventi, mostre, incontri e spettacoli. Anche in Pasolini assai forte è la capacità di espressione attraverso immagini di vario tipo, nella sua poesia, nei romanzi, nei film, perfino nella pittura. Ma naturalmente Pasolini sapeva parlare altrettanto efficacemente attraverso i concetti, e anche qui con varie modalità, nella sua attività di saggista, intellettuale, attivista, giornalista, documentarista.

Alla figura di Pier Paolo Pasolini è stato dedicato il mese scorso su queste pagina di TUTTI un interessante articolo di Guido Bassi, anche in relazione alla città di Bologna, luogo di nascita e in parte di formazione del grande intellettuale. Di fatto tre sono i principali riferimenti geografici della vita di Pasolini: Bologna, Roma, e Casarsa della Delizia in Friuli, paese della madre, delle lunghe estati trascorse da ragazzo, e della sua attività dopo l’8 settembre 1943 fino ai primi anni dopo la fine della guerra.

Pier Paolo Pasolini, by smalloranges, CC BY 2.0

Vorrei qui dire qualcosa su una bellissima mostra che nelle scorse settimane ho avuto occasione di vedere a Genova, città non particolarmente legata alla vita di Pasolini, ma che all’interno del suo Palazzo Ducale ha ospitato il percorso espositivo fotografico “Pier Paolo Pasolini: non mi lascio commuovere dalle fotografie”. Senza l’ambizione di dare risposte alle molte domande che l’eredità di Pasolini ci ha lasciato, la mostra riesce a favorire nuovi percorsi di conoscenza in chi ricorda la sua opera e testimonianza, e curiosità nei giovani che non possono averne memoria diretta.

Dunque una mostra ‘a indizi’, basata su moltissime fotografie, immagini della complessa vita di Pasolini, ben organizzate in ambienti, stanze o sezioni di stanze, tutti monotematici. Esempi di titoli o temi degli ambienti: l’addio a Casarsa della Delizia, dentro Roma, ragazzi di vita, il calcio, la vitalità, le donne, le amicizie, Cristo, il corpo nella lotta, gli occhiali da sole, la madre, gli anni giovanili, le case dove ha abitato, sul set dei suoi film, ritratti, l’addio a Roma con la morte. Il libro del percorso fotografico che ho descritto è ora finalmente disponibile.

Gli ‘indizi’ della mostra di Genova hanno fatto riemergere in me alcuni ricordi della presenza intellettuale della figura di Pasolini nella mia vita giovanile. Ricordi certo presenti in tanti miei coetanei, la cui formazione risale agli anni sessanta e settanta: la vicinanza di Pasolini con gli ultimi, il suo rapporto di amore-odio per il sessantotto, la sua aspra critica nei confronti del consumismo, il suo sentimento del sacro, la pervasiva presenza della vita nelle sue opere e anche in alcuni dei titoli, la sua posizione nei confronti dell’aborto, il suo sentirsi un poeta maledetto, i suoi Scritti Corsari, il contenuto drammatico delle immagini in vari film da lui diretti.

Pietà: murales di Ernest-Pignon-Ernest raffigurante
Pier Paolo Pasolini con in braccio il proprio cadavere.
Foto by Itmostt, CC BY 2.0

Nel sopra citato articolo su TUTTI, Guido Bassi ha osservato che tutti ricordiamo dove eravamo il giorno della morte di Pasolini e cosa abbiamo fatto dopo. La notte tra il primo e il due novembre 1975 costituisce per me il più forte ricordo del servizio militare. Quella notte era già freddo nella piccola polveriera a forma ovale sulle colline dell’Umbria, dove mi trovavo a prestare un servizio di guardia. Oltre alla prevista razione di grappa, avevo con me (non prevista) una radiolina portatile, utile per rimanere sveglio. In quella condizione di solitudine, con la sola vicinanza dei cani che con me prestavano la guardia, udii il canale radio che avevo sintonizzato interrompere la musica, e a partire dalle tre di notte dare le prime frammentarie notizie sull’omicidio di Pasolini, una vicenda che rimarrà negli anni non del tutto chiarita. I pensieri che elaborai quella notte, sulla straordinaria figura e sulla vita spezzata di Pasolini, anticiparono di parecchi anni quelli di qualche settimana fa, suscitati dalla forza delle immagini all’interessantissima mostra fotografica che ho visitato nel Palazzo Ducale di Genova.

 

Foto di apertura “Marcello Mastroianni, Federico Fellini, Anouk Aiméè e Pier Paolo Pasolini dietro le scene de ‘La dolce vita’ (1960)”