Con la caduta del muro di Berlino, e nei venti anni successivi, si è affermato un mondo pluripolare, che, ci piaccia o no, sostituirà l’egemonia degli Stati Uniti e del mondo occidentale nel panorama economico e politico mondiale.
Che le si definisca autocrazie, o democrazie illiberali, molti importanti paesi del mondo sono oggi retti da sistemi politici profondamente diversi dalle democrazie occidentali. Non parliamo soltanto della Cina e della Russia, perché anche molte democrazie di stampo tradizionale come il Brasile e l’India, ma anche la Polonia e l’Ungheria, mostrano segni di allontanamento dai modelli del pluralismo sui quali si basano i sistemi che consideriamo quelli delle più antiche e consolidate democrazie.
Persino negli Stati Uniti d’America l’era Trump ha trascinato molti repubblicani verso visioni più autoritarie, raccogliendo una diffusa disillusione verso sistemi democratici che appaiono a moltissimi cittadini come elitari, incapaci di difendere i più deboli, lenti e confusi nell’affrontare le gigantesche sfide del nostro mondo.
Il ragionamento ci porterebbe lontano e non basterebbe certo un breve scritto per una analisi complessa, alla quale si dedicano molto meglio grandi studiosi come Francis Fukuyama, o Pierre Rosanvallon.
Però il fondamento delle democrazie occidentali, delle loro carte costituzionali sono i diritti umani, quelli nati dalla rivoluzione francese e dalla dichiarazione di indipendenza delle colonie americane.
Scusandomi per la sintesi, occorre partire dalla visione oggi proposta da molti attori della scena internazionale, come la Cina, la Russia e il mondo arabo, secondo la quale i diritti umani sarebbero soltanto una impostazione del mondo occidentale, inadatta ad essere applicata a tutti i popoli. In sostanza molti popoli si fonderebbero su una diversa tradizione storica e culturale, mentre i diritti umani farebbero soltanto parte di quella del mondo occidentale. Soltanto un sistema tra molti altri diversi sistemi. Dobbiamo quindi accettare l’idea che i diritti umani non abbiano un significato universale, che non siano una acquisizione fondamentale della storia umana?
Certamente le disuguaglianze di ogni genere, tra i sessi, le etnie, il colore della pelle, i credo religiosi non sono stati superati anche nel mondo occidentale come prova la permanenza, il riaffermarsi del razzismo e delle intolleranze verso molte diversità.
La giustizia, la difesa della salute, la libertà di espressione presentano molte carenze nella loro applicazione concreta anche nelle nostre tradizionali democrazie.
Tentiamo allora di passare al concreto. I cittadini cinesi o russi sarebbero più contenti che ci fosse un giudice imparziale a verificare se un loro marito o figlio fossero stati giustamente arrestati dalla polizia alle prime ore dell’alba? Sarebbero più contenti se un loro figlio non potesse essere emarginato o condannato per le idee che avesse espresso in un compito in classe? Sarebbero più contenti di poter ricevere cure adeguate in un ospedale accessibile a tutti? Sarebbero più contenti di potersi associare per difendere valori e principi in cui credono? Sarebbero più contenti di non essere insultati o picchiati per il luogo dove vanno a pregare o per il sesso delle persone che vogliono amare?
Forse queste banali e semplicistiche, ma concrete osservazioni permetterebbero alle donne e agli uomini di tutto il mondo di capire che i diritti umani non sono una bandiera, o una moda politica o intellettuale ma una acquisizione concreta ed efficace per difendere ogni essere umano e, per quanto imperfetti, sono il risultato del superamento di secoli di prevaricazioni, orrore e sangue.
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