L’ascesa dei populismi europei ha prodotto dei danni enormi e minaccia di accelerare la continua frammentazione dell’Unione Europea. Questo fenomeno ha delle radici profonde nella nostra storia.

Theodor Adorno – Foto da wikipedia.org – CC BY-SA 3.0

Già nel 1967, Il grande filosofo della scuola di Francoforte, Theodor Adorno parlava del nuovo estremismo di destra (Conferenza del 6 aprile 1967 al Neues Institutesgebaude di Vienna, riprodotta recentemente in Climats 2019) che collegava ai limiti dell’era fordista e del consumo di massa. Tuttavia, è riapparso con forza dopo la grande crisi finanziaria del 2007-8 e richiede una solida comprensione delle forme attraverso cui si manifesta e dei meccanismi di creazione di consenso. Sarebbe già un valido punto di partenza per costruire una strategia alternativa a livello europeo. Nella sua accezione generale, Il populismo si riferisce a una serie di posizioni politiche che enfatizzano l’idea di “popolo” contrapponendosi al potere delle “élite”. È spesso associato a sentimenti anti-establishment e antipolitici. Il termine si è sviluppato alla fine del XIX secolo e da allora è stato applicato a vari politici, partiti e movimenti, spesso in modo spregiativo soprattutto dai governi per respingere le proteste popolari e il malcontento sempre più diffuso nelle società occidentali. I politologi hanno prodotto delle analisi complesse sulle varie forme di populismi e sulle loro radici.

Dani Rodrik (What’s driving populism? Project Syndicate 9 luglio 2019) si interrogava qualche anno fa se il populismo contemporaneo fosse guidato da fattori culturali o economici. Negli ultimi anni abbiamo assistito ad una serie di eventi inediti con la presidenza Trump negli Stati Uniti, il Brexit e l’affermarsi dei partiti di estrema destra nell’Europa continentale. Questi fenomeni rispecchiano dei mutamenti profondi delle nostre società verso forme di conservatorismo radicale alimentato da politiche xenofobe, nazionaliste e autoritarie.  Ma sono anche il riflesso di una crescente ansia ed insicurezza economica alimentate dalle crisi finanziarie, le politiche di austerità e la globalizzazione.

Alcuni partiti di estrema destra sono ora giunti al potere in Europa, più recentemente in Italia dove ‘Fratelli d’Italia’ il partito di Giorgia Meloni – di ascendenza diretta del partito post fascista Alleanza Nazionale e quello neo fascista Movimento Sociale Italiano. In Austria, il Freiheitliche Partei Österreichs (FPÖ), di ascendenza diretta di un partito nazista negli anni 40, ha già preso parte a diversi governi sia a livello nazionale che regionale. Ma anche i nuovi partiti di estrema destra, come i Democratici svedesi che fanno parte del governo di quel paese, non sono semplicemente “populisti” ma legati alla matrice ‘fascista’.

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Quando analizziamo questi fenomeni, appare evidente che il contesto dei populismi europei deve essere compreso attraverso i sintomi morbosi che si sono manifestati nelle nostre società attraverso proteste e raduni di massa (ricordiamoci le manifestazioni di Pegida, un movimento patriotico e antislamico, a Dresda ed in altre città tedesche nel 2015). Ai continui cambiamenti sociali ed economici finora mancano risposte politiche convincenti sia a livello dall’Unione Europea che dagli Stati membri. La risposta iniziale al populismo da parte delle istituzioni dovrebbe essere quella di reagire ai suoi tentativi di distorcere la realtà. È sorprendente quanto debole sia stata tale risposta fino ad oggi, anche in aree in cui i populisti stanno palesemente manipolando i fatti, come ad esempio sulla realtà delle migrazioni. Tuttavia, è necessario dare una risposta politica a livello europeo di comunicazione ma di azioni concrete.  Per esempio, l’iniziativa SURE (Support to mitigate Unemployment Risks in an Emergency lanciata dalla Commissione Europea nell’aprile 2020 è stata tempestiva durante la pandemia e ha consentito di attenuare gli effetti più gravi della crisi sociale. In passato, l’Unione europea ha avuto tendenza a chiudersi nei suoi dogmi economici, con conseguenze dannose in termini di disuguaglianze ed ingiustizie, nella convinzione che le riforme strutturali potessero da sole ravvivare l’economia del continente. Al centro del problema si trova il tacito presupposto che la comunanza di interessi tra gli Stati membri dell’UE non sia più quella di una volta, come dimostra la persistente frattura tra il Nord e il Sud dell’Europa all’interno della zona euro.

Le stesse istituzioni dell’UE dovranno sviluppare una strategia su come reagire all’ondata di populismo. Gran parte della frustrazione dei cittadini europei ha a che fare con la politica che ha origine a Bruxelles. Le istituzioni tendono a presumere di essere dalla parte virtuosa e che le loro posizioni prevarranno alla fine. Ma queste sono costrette ad operare entro i limiti del Trattato. La cosiddetta ‘rule of law’, è in realtà un meccanismo sanzionatorio per sospendere i fondi europei ai paesi che hanno violato la legislazione europea. Durante la Presidenza tedesca del 2020, la cancelliera Merkel stipulò un accordo (non scritto) con l’Ungheria e la Polonia per il bilancio pluri-annuale dell’UE, assicurandoli che la condizionalità legata alla ‘rule of law’ non sarebbe stata mai applicata nei loro confronti. Due anni dopo, la Commissione europea ha sospeso i fondi all’Ungheria ma è bastato il veto dell’Ungheria agli aiuti per l’Ucraina per sbloccare una parte dei fondi in cambio del loro sostegno. Questi episodi dimostrano che in assenza di una vera unione politica, difesa ardentemente dai federalisti europei, diventa difficile imporre la supremazia del diritto europeo. In realtà, essa viene contestata sia dagli eurofili che pretendono che l’Unione europea sia di fatto un’unione politica che dagli eurofobi, da Le Pen a Salvini e Meloni che vedono l’Unione europea come una minaccia alla sovranità europea.

È probabile che il populismo rimanga una caratteristica permanente della democrazia odierna, soprattutto grazie ai mezzi moderni di comunicazione. Ma la questione importante è l’impatto che avrà sulle politiche dell’Unione europea. Se si tratta di correggere alcune carenze nelle leggi a beneficio dei ceti sociali più deboli sarebbe una buona cosa. Invece se il populismo diventerà la norma è ovvio che bisognerà combatterlo con idee, proposte, rafforzando i baluardi della democrazia con regole di trasparenza ed etiche più forti. Quale degli scenari prevarrà in Europa nei prossimi anni è difficile dirlo. Le istituzioni europee fanno parte della soluzione ma devono riformarsi e diventare più forti, democratiche e indipendenti.

Come scrisse Antonio Gramsci dal carcere: “Il vecchio mondo sta morendo. Quello nuovo tarda a comparire. E in questo chiaroscuro nascono i mostri.” Alla luce delle ultime vicende che hanno scosso il nostro continente, non si può fare a meno di sentire che viviamo in un periodo di interregno – o un “tempo per i mostri”.

 

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