Si vis pacem para bellum. L’antica locuzione di Vegezio dovrebbe essere irreversibilmente trasformata in “Se vuoi la pace prepara la pace”. Pare però che nessuno dei potenti della terra sia interessato a metterla in pratica. In una guerra che taglia tristemente l’anniversario del primo anno di conflitto.

Rilievo presente nel Centro culturale delle Forze Armate di Madrid, con la frase latina Si vis pacem, para bellum-Foto da wikipedia.org – CC BY-SA 3.0

Leggete i quotidiani, espressione di poteri forti e di interessi consolidati: il turn over dialettico riguarda solo il passaggio di armi secondo le richieste di Zelenski. Un pallido tentativo di negoziato a suo tempo con mediatore l’equivoco Erdogan. Poi il vuoto nel refrain di una guerra eterna. Vogliamo la pace e non per la modica richiesta di pagare bollette meno care. Le sanzioni comminate alla Russia sono peraltro un boomerang se la voce del Pil nel Paese di Putin segnerà comunque un modicissimo ma pur significativo segno +, non differentemente dall’Italia. La richiesta di pace ha un sottofondo più nobile e universale del risparmio familiare. Dovrebbero scaraventarci addosso ogni giorno la visione di corpi mutilati, di donne stuprate, di palazzi sventrati per farci visivamente rendere conto dell’insensatezza del conflitto. Non bastano 2.000.000 morti in un anno secondo le versioni ufficiali? Cui prodest e dove porta la guerra per interposta nazione (ovviamente gli Stati Uniti a schermo Nato) se non a vendere più armi e a mettere a futuro regime i ricostruttori dell’ennesimo piano Marshall da migliaia di miliardi, secondo un copione già tristemente visto (in piccolo) per i vari terremoti nostrani. Dove porta la guerra se non a creare un sottobosco di corpi paramilitari da una parte e dall’altra (Azov, Mozart, Wagner), un intrico di corruzione e di crudeltà?

Vogliamo strumentalizzare Machiavelli e una logica molto italiana? Sostieni una guerra se hai la possibilità di vincerla? Ha questa possibilità l’Ucraina? Il parere unanime è un secco no, stante il rapporto di dieci a uno come armamenti e anche in termini di reclutamento (la Russia ha 160 milioni di abitanti, circa un terzo dell’universo europeo).

Possibilità zero anche per un’Ucraina armata fino ai denti nonostante le frasi catastrofiche di chi alla fine fa la parte del guerrafondaio più di Biden. Difatti l’affermazione: “Dobbiamo distruggere Putin” sarebbe fuori luogo se pronunciata dal presidente americano.

Conscio, pur nella sua confusa lucidità, che occorre alla fine un compromesso, un punto di dialogo, pena l’accensione di una terza coinvolgente guerra mondiale con sviluppi nucleari. In questo scenario rovinoso dove l’Unione Europea per l’ennesima volta si perde (Onu non pervenuto) l’unica voce di dissenso forte è quella del Papa. A suo tempo la profetica frase: “Stiamo vivendo una guerra mondiale a pezzetti”, sicuramente valida per illustrare i 60 conflitti in corso nel mondo ora può essere riconvertita per la guerra europea.

Un conflitto a pezzetti: dal Donbass a Kiev. Ma il parere autorevole del Papa è messo tra parentesi, il suo giudizio è estrapolato e non conta nel grande antitetico dibattito “pace/guerra”. Con grande sorpresa di chi pensava di vivere in un Paese a maggioranza cattolica. A pezzetti anche perché la Russia non forza, combatte con le mani legate dietro la schiena.

Marcia per la Pace Perugia – Assisi, 2003 – Foto da wikipedia.org – CC BY 2.0

L’ovvia contraddizione sta nella politica degli armamenti stoltamente assecondata, con qualche bizzosa contrarietà dall’Europa e il diverso parere della gente. La maggioranza degli italiani è contraria all’invio delle armi ma provate a dirlo a Crosetto, il gigante del Governo i cui introiti (vedi denuncia dei redditi) sono ottenuti con la compartecipazione a una visione bellicista dell’imprenditoria. Chi lancia una fatwa sul professore Orsini potrebbe ricredersi leggendo il libro di Benjamin Abelow “Come l’Occidente ha provocato la guerra in Ucraina” (Fazi editore) o “Le guerre illegali della Nato” di Daniel Ganser. E magari poi potrebbe unirsi alle migliaia di persone che marceranno da Perugia ad Assisi (27 chilometri) da mezzanotte alle sei del mattino per gridare forte il proprio dissenso alla guerra. Il popolo della pace in Italia ha portato in piazza a inizio novembre mezzo milione di persone a Roma. E c’era un grande cuore pieno di dolore della società civile.

Foto di apertura libera da Pixabay