Se le alluvioni e gli incendi devastanti di questa estate non sono prova sufficiente, l’ultimo rapporto dell’IPCC (Agenzia intergovernativa di esperti sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite) ce lo aveva già detto: il cambiamento climatico causato dall’uomo si è trasformato in una catastrofe

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In un mondo in cui il capo di una compagnia petrolifera presiede la prossima COP (Conferenza sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite), e ciò che è innegabile per la scienza diventa troppo facilmente negabile per servire profitti e interessi delle imprese, il ritmo letargico dell’azione politica dell’UE è in netto contrasto con la il ritmo incalzante del clima. Nel frattempo, una crescente polarizzazione si impadronisce delle nostre società, con gli attivisti per il clima che diventano sempre più dirompenti e i partiti populisti che proiettano sentimenti anti-élite sulle politiche verdi di cui c’è un disperato bisogno. Il contrasto tra queste forze opposte è evidente in tutta Europa: nei Paesi Bassi, il risultato sconcertantemente eccezionale del partito populista BBB (movimento cittadino degli agricoltori), proiettato per il successo anche nelle prossime elezioni politiche, ne è un esempio. Il successo di BBB – che è stato attore protagonista nel bloccare le necessarie riforme ecologiche dell’agricoltura olandese – contrasta visibilmente con il divieto di utilizzo di jet privati che ha invece portato avanti l’aeroporto di Amsterdam in seguito alle proteste degli attivisti per il clima all’inizio di quest’anno.

Un altro esempio è il fallimento del referendum di Berlino per il raggiungimento della neutralità climatica nel 2030: solo una sottile maggioranza (50,9%) ha votato a favore, ma nel complesso il referendum non ha raggiunto il quorum a causa della bassa affluenza alle urne (35,8%). Nel frattempo, il governo di estrema destra della terza economia dell’UE, l’Italia, il nostro Paese, ha proposto l’introduzione di un nuovo tipo di reato penale che colpisce direttamente le azioni degli attivisti per il clima, proprio mentre aumentiamo la nostra dipendenza dai combustibili fossili.

Tutto questo mette a nudo una scomoda verità: raggiungere il consenso su cambiamenti sociali profondi come la crisi climatica richiede tempo; tempo che probabilmente non abbiamo.

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Per aggiungere danno al danno, anche se raggiungessimo un ampio allineamento politico sulla mitigazione della crisi climatica, l’evoluzione di un semplice insieme di leggi nell’indispensabile cambiamento culturale verso la sostenibilità richiederà ancora più tempo, proprio perché viviamo in un contesto di democrazie splendidamente pluralistiche e multistrato. Siamo condannati? No, non ancora, forse. Ma le giuste lezioni che si possono trarre dalle recenti manifestazioni di inerzia che rallenta la transizione verde nell’UE vanno imparate e messe a sistema. Sebbene abbia già avuto un impatto negativo sul sostentamento di milioni di persone in Europa, la crisi climatica non sta mobilitando così tanto come chi vive in una bolla progressista potrebbe pensare. Nonostante le inondazioni catastrofiche e gli incendi apocalittici siano ormai un ospite fisso dei titoli dei giornali, la crisi climatica di origine antropologica viene osservata attraverso le lenti distorte dei talk show e dei social media. Per questo motivo, la mobilitazione della società civile a favore della mitigazione della crisi climatica è la grande sfida politica del nostro tempo e attualmente anche i partiti e i movimenti impegnati per un futuro neutrale dal punto di vista climatico, stanno fallendo.

L’Europa ha bisogno di molto di più del Green Deal europeo, ha bisogno di una rivoluzione sociale.

La diversità dei nostri sistemi politici e delle nostre strutture sociali ne sarebbe chiave se solo riuscissimo a liberare la tensione creativa collettiva, che può emergere delle democrazie liberali, incanalandola verso l’azione per il clima. Ciò significa, tra l’altro, sviluppare modalità di attivismo per il clima che siano tanto diverse quanto le società che vogliamo cambiare. Questo può e deve includere forme non violente ma dirompenti di protesta e azioni di disobbedienza civile.

Per consentire un tipo di attivismo climatico completo, molti di noi potrebbero dover diventare attivisti a loro volta.

L’attivismo per il clima che immaginiamo significa tendere una mano e aiutare a costruire, connettere, capire, soprattutto in quei luoghi dove il negazionismo climatico è una forma di difesa da una società ingiusta; significa lavorare su soluzioni concrete a livello locale per minimizzare l’impronta di carbonio e promuovere modalità di business sostenibili; significa comprendere la scienza del clima e distinguere l’innovazione vera e propria dalle fantasie di greenwashing di tecnologie magiche. Significa diventare una moltitudine di attivisti per il clima, affrontando l’inerzia climatica da più punti di vista e con più strumenti possibili.

Per essere chiari, l’attivismo per il clima non sostituisce le buone normative e le leggi ben scritte.

Senza di esso, però, il cambiamento non avverrà alla velocità dettata dai livelli di anidride carbonica e dall’innalzamento dei mari. Quindi, l’unica linea d’azione sensata per i partiti politici è quella di abbracciare l’attivismo, collaborare con esso, diventare una piattaforma per esso.

Insieme, forse, abbiamo ancora una possibilità.

 

Foto di apertura di Alfred Derks da Pixabay