Come si svilupperà la guerra tra Israele e Hamas e come coinvolgerà il Medio Oriente è ancora la grande incognita. Sono in corso sforzi ai massimi livelli per evitare il peggio, cioè un allargamento del conflitto in tutta la regione. Ciò che sta accadendo in Israele avrà implicazioni in tutto il mondo. Innanzitutto sul piano della sicurezza con il moltiplicarsi di attentati in Europa. Questo conflitto avrà poi conseguenze economiche molto significative.
Lo scenario odierno non assomiglierà a quello del 1973, anche se è iniziato in modo simile, quando Israele aveva risposto ad un’incursione militare della coalizione guidata da Egitto e Siria con una massiccia controffensiva. In reazione a quest’ultima, i paesi produttori di petrolio del medio oriente decisero di tagliare la produzione di petrolio, e alzando i prezzi più volte o minacciando di farlo fin quando i diritti dei palestinesi non fossero riconosciuti.
Oggi, a livello globale la situazione non è più quella del 1973. I prezzi del petrolio vengono determinati sui mercati mondiali piuttosto che attraverso il solo cartello del petrolio. L’imminente fine dell’era del petrolio dovuta all’accelerazione del processo di decarbonizzazione, cosi come la produzione di olio di scisto negli Stati Uniti, ha posto dei limiti all’arma geopolitica utilizzata dai paesi produttori di petrolio. Egitto e Israele hanno siglato la pace a Oslo. E la normalizzazione delle relazioni di Israele con i paesi arabi era ben avviata prima dell’attacco di Hamas. Questo è il terzo shock per l’economia mondiale in soli quattro anni. Come tutti abbiamo imparato negli ultimi due (con la pandemia e l’aggressione russa all’Ucraina), scosse di questa portata e intensità sono entrambe imprevedibili. La pandemia ha sconvolto le catene di approvvigionamento, la produzione e i consumi in un modo che era inimmaginabile quando la Cina stava confermando i primi casi di Covid. La guerra della Russia in Ucraina è stata una sorpresa e ha portato tutti a scoprire quanto la Germania e altri paesi europei dipendessero dalla Russia per il loro approvvigionamento energetico. L’aumento dei prezzi del gas e della benzina, così come quello dei cereali, sul mercato mondiale è stata la conseguenza delle difficoltà logistiche che questa guerra ha imposto alle esportazioni di questi beni essenziali.
Questo terzo shock, attraverso una probabile invasione di terra di Gaza da parte di Israele e il rischio di una potenziale escalation in Medio Oriente, potrebbe scuotere ancora una volta, tra l’altro, i mercati dell’energia proprio in vista del prossimo inverno. Non sappiamo ancora quale sarà l’impatto di questa nuova guerra. Il FMI ha fornito stime secondo le quali aumenti del prezzo del petrolio superiori al 10% ridurrebbero il PIL globale di circa 0,15 punti percentuali e aumenterebbero l’inflazione di 0,4 punti percentuali. Bloomberg stima che se gli Stati Uniti e l’Iran dovessero essere coinvolti in questa guerra, ciò potrebbe far salire i prezzi a 150 dollari al barile. La stima sarebbe calcolata con riferimento al ruolo chiave dello Stretto di Hormuz, dove si stima che passi il 20-30% dell’offerta globale di petrolio, che è controllato dall’Iran. In pura logica, se l’Iran venisse coinvolto e gli Stati Uniti inasprissero conseguentemente le sanzioni a suo carico, la produzione diminuirebbe in modo significativo. D’altra parte, come abbiamo visto con la Russia, le cose potrebbero non andare in questo modo. L’Iran potrebbe trovare altre vie per esportare il proprio petrolio.
Finora, i mercati si sono concentrati solo sulle perturbazioni del mercato petrolifero. Anche altri mercati potrebbero inevitabilmente essere colpiti, direttamente o indirettamente, dall’effetto del prezzo del petrolio. Un esempio ovvio è rappresentato dai semiconduttori, poiché Israele è un importante centro globale per la progettazione e la produzione di chip. L’aumento del prezzo del petrolio potrebbe non essere così elevato come lo era nel 1973, ma anche questa volta partirebbe da un livello più alto. In tal caso, se il prezzo della benzina dovesse aumentare, i governi si troverebbero con scarsa disponibilità di risorse pubbliche per poter sostenere i consumatori. E ciò avrà delle implicazioni sull’inflazione e la politica monetaria a livello globale. Quindi uno scenario davvero inquietante con risvolti sociali sui ceti più deboli che farebbero il gioco dell’estrema destra.
Le economie occidentali si trovano pertanto confrontati a molteplici scenari di rischio per la stabilità economica mondiale, oltre che per gli equilibri geopolitici in generale. Per la terza volta verrà messa alla prova la resilienza dell’economia globale e il sistema degli scambi commerciali. Possiamo solo sperare che prevalga la ragione. E si riprenda il cammino verso una pace duratura in Medio oriente. Come scriveva Albert Camus, “la pace è l’unica battaglia che valga la pena combattere”.
Foto di apertura di Dylan Shaw su Unsplash