Non mi era mai successo di far parte di una rete, da circa un anno faccio parte di una rete di persone che si occupa di carcere e di poter aiutare chi ha bisogno d’aiuto, certamente limitato alle nostre possibilità. Varie volte abbiamo aiutato chi aveva bisogno di vestiario, altri di generi alimentari, a volte anche un consiglio per le nostre esperienze vissute con la magistratura, ma ieri sera mi è capitata una situazione difficile da gestire. Dopo la telefonata mi sono chiesto è sabato sera, cosa posso fare, fino a lunedì non posso contattare nessuno per chiedere aiuto. Così mi sono addormentato con questa angoscia nella mia testa, una donna detenuta con un bambino di due anni aveva bisogno d’aiuto, di un aiuto legale. Non mi sarei posto mille problemi se ancora il mio avvocato fosse stato qui, perché lui correva sempre a difendere i più deboli, ed io ogni volta gli presentavo i casi più disperati, ma lui andava, perché il diritto era la sua ragione di vita. Ma lui non c’è più e questo mi lascia tanto sgomento dentro di me.
Al mio risveglio stamattina non sapevo cosa fare, una mamma e un bambino in carcere hanno bisogno d’aiuto, non posso fregarmene, devo fare qualcosa, allora ho inviato un messaggio nella chat di Sbarre di zucchero, neppure 10 minuti e un avvocato di Roma Ivan Vaccari si è reso disponibile ad andare dalla ragazza, senza pensarci tanto ha scritto di fare la nomina e lui andrà in carcere ad incontrarla, anzi ha fatto molto di più, sapendo come funziona la cancelleria del Tribunale di Roma, ha scritto anche che le nomine non arrivano, di fargli sapere quando farà la nomina così potrà andare senza aspettare altro.
L’importanza della rete se viene usata con lo scopo di essere d’aiuto ha un senso, se viene usata solo per inviare i saluti non serve a nulla, credo che in questo momento storico girare la faccia conta poco, bisogna saper ascoltare e dare il giusto senso a quello che si fa, la rete Sbarre di zucchero ha lo scopo di non lasciar indietro nessuno, sempre nei limiti del buon senso, a me non piace l’assistenzialismo, piace l’aiuto per poi farcela, è una questione anche di dignità, continuerò a dirlo all’infinito, il dopo è il momento più difficile per i detenuti, lasciati soli, senza che lo stato intervenga creando opportunità.
Oggi mi sento meno solo, anzi ci sentiamo tutti meno soli, il gesto di questa mattina non era scontato, ma ha dato speranza, la speranza che una rete come questa possa finalmente rendere un servizio a persone che veramente ne hanno bisogno.
Non so come andrà a finire la storia della mamma con il bambino, spero che il nostro interessamento sia da insegnamento per tutti noi.
Foto di apertura di LoggaWiggler da Pixabay