La musica è stata per lei “un colpo di fulmine”.

Siciliana, bellissima, piena di talento e determinazione, è l’esempio che dovrebbe ispirare ogni giovane donna.

Maria Luisa Macellaro La Franca è una delle direttrici d’orchestra più apprezzate dalla critica internazionale. Vive a Bordeaux, in Francia, il Paese che è riuscito ad accogliere la sua valigia piena di sogni e di ambizioni.

Ha cominciato a studiare pianoforte a 7 anni. Si è formata al Conservatorio della sua città, concludendo il percorso di studi con il massimo dei voti. Ha poi proseguito i suoi studi a Zurigo, dove ha conseguito diplomi in musica antica, composizione jazz e musica da camera.

Ha capito a 10 anni di voler diventare direttrice d’orchestra quando, durante un concerto della Sinfonia n. 40 di Mozart, ha visto il direttore alzare la bacchetta.

Per realizzare quel sogno ha dovuto impegnarsi, combattere e lasciare il suo Paese.

In Italia, la percentuale di uomini che dirigono orchestre rispetto alle donne è rispettivamente di 600 a 20. La stessa Macellaro, parlando delle difficoltà incontrate nella sua carriera di musicista, dice in un’intervista: “Come pianista e compositrice pressoché nessuna difficoltà, invece un capitolo a parte è quello del mio ruolo di direttrice d’orchestra. La parità uomo-donna in questo campo semplicemente non esiste, e sono stufa di ascoltare che ‘non è perché siete donne, vi dobbiamo fare dirigere’. Questa frase è la scusa più ignobile per cercare di offuscarci. Dirigo tanto all’estero e anche in Italia, ma onestamente siamo ancora troppo poche e dobbiamo fare i salti mortali per affermarci”.

Si è esibita in tantissimi Paesi e ha ottenuto numerosi riconoscimenti e premi.

Nel Paese che l’ha adottata, è direttrice principale dell’orchestra da camera Les Virtuoses de Bordeaux e dell’Orchestra Sinfonica Unisson di Talence. È una straordinaria compositrice di opere liriche che hanno ottenuto diversi premi, tra le quali si ricordano: Cantate pour la mort de Falcone et Borsellino e Opera Emes Symphonie.

In Francia, spiega in un’intervista: “Gli artisti sono protetti dal sistema dell’intermittence, una specie di stipendio fisso basato sulla media dei nostri guadagni. Questo sistema non esiste altrove e ci permette di vivere dignitosamente. Per quanto riguarda l’Italia, ho contratti mai pagati dal 2020, molti, e con questo ho detto tutto. Per quanto riguarda il lato musicale, è chiaro che si lavora di più in Francia. Qui non ho bisogno di essere aiutata da nessun politico, cosa che non mi sento di affermare per l’Italia, dove spesso gli artisti devono uniformarsi ai voleri del politico di turno per lavorare”.

La Franca è molto attiva in iniziative che tendono a mettere in luce il talento delle donne. È proprio per questo motivo che a Bordeaux le è stato dato l’incarico di dar vita a un festival di musica tutto al femminile. In questo modo, ella spera che si possa iniziare a “smettere di emarginare le donne dai grandi teatri: la storia della musica non è stata fatta solo dagli uomini come si vorrebbe far credere”, e questo è anche il motivo per cui la sua attività di ricerca negli archivi europei è continua.

Spiega che in alcuni Paesi del Nord Europa, come anche negli Stati Uniti, le differenze di genere non esistono, mentre in Paesi come l’Italia l’oscuramento delle donne è palese, basta soffermarsi sulla lettura delle programmazioni nei teatri.

Purtroppo, pare che il fattore determinante sia la mentalità che poggia ancora su stereotipi culturali che non ci permettono di andare oltre. Non si riesce ancora a giudicare una donna “non per l’apparenza ma per la professionalità”.

Questa mentalità è quella che fa sì che le sale da concerto siano invase da musica scritta da uomini.

Nei conservatori, così come nella scuola, c’è un oscuramento del mondo femminile che invece andrebbe riscoperto, studiato e valorizzato. Pare che le donne compositrici finite nel dimenticatoio siano 2500.

La Franca definisce il suo stile di composizione “eclettico, principalmente yiddish con influenze mediterranee”.

Una vita intensa quella di La Franca, che ci racconta di una donna che ha fatto del suo sogno la sua vita, andando contro ogni difficoltà, anche quella di un Paese che non l’ha voluta, che ha maltrattato il suo talento, denigrandolo e privandolo dei suoi più elementari diritti, come quello di poter vivere del proprio lavoro, di ciò che si ama fare e di ciò per cui si è studiato e sacrificato tutto.

Se il sogno di questa donna meravigliosa è quello di “poter dirigere musiche scritte dalle compositrici”, che, come lei stessa dice, “malgrado siano state tantissime, sono state dimenticate”, il sogno dell’Italia dovrebbe essere quello di non fregiarsi di apparenze, ma di scardinare degli stereotipi culturali che hanno il grande demerito di essere la causa di inestimabili perdite.