È stato accolto come un eroe il velocista, Letsile Tebogo, 21 anni, al rientro in patria qualche giorno fa, in Botswana. Almeno 30 mila persone hanno festeggiato lui e gli altri atleti dell’Olympic team nello stadio della capitale Gaborone. Il presidente ha “premiato” la medaglia d’oro nei 200 metri e l’argento nella staffetta 4×400 concedendo a tutto il Paese un’altra mezza giornata di festa nazionale.

 

Festa grande in Algeria

 

Esplosione di festeggiamenti anche in Algeria per il ritorno a casa delle tre “medaglie”. In particolare, Imane Khelif, 27 anni, la pugile d’oro ai Giochi di Parigi ingiustamente coinvolta in vergognose polemiche sulla sua identità sessuale. “Le donne algerine sono un esempio e un modello per il mondo intero”, ha detto tra la folla entusiasta che l’attendeva in aeroporto e poi nel villaggio natale di Biban Mesbah, vicino a Tiaret (a 300 km dalla capitale maghrebina).

“Siamo piccoli e sconosciuti, ma forti e talentuosi” è stato il commento a Capo Verde del pugile Daniel Varela de Pina, 28 anni, primo atleta del piccolo arcipelago (10 isole di fronte alla costa ovest africana, 600 mila abitanti) a vincere una medaglia, seppure di bronzo, alle Olimpiadi. Il primo ministro, Josè Ulisses de Pina Correia e Silva, 62 anni, si è congratulato con lui e ha enfatizzato l’impresa sportiva di un giovane che dall’infanzia povera e difficile (veniva pesantemente bullizzato) è arrivato all’alloro olimpico. La capigliatura del giovane, con le due originali crocchie laterali, aveva colpito tutti il giorno dell’inaugurazione (era il portabandiera del suo Paese). Ma poi anche i suoi pugni hanno lasciato il segno.

 

Kenya leader indiscusso

 

L’Africa a pochi giorni dalla chiusura dei XXXIII Giochi olimpici (domenica 11 agosto) ha celebrato i 43 successi conquistati in Francia da 12 Paesi. Nove sono state le medaglie d’oro portate a casa, quattro delle quali appuntate sul petto degli atleti del Kenya, che si è confermato leader indiscusso del continente sul piano sportivo. Ha messo in cassaforte anche due argenti e cinque bronzi.

 

Imane Khelif, medaglia d’oro nella boxe, Parigi 2024

Taekwondo, questo sconosciuto

 

Lo sport africano in questa occasione non ha finito di stupire. È stato eccellente non solo nel suo tradizionale campo (maratona maschile, 3 mila siepi, 5 e 10 mila metri), ma anche nella sciabola con il tunisino Fares Ferjani, 27 anni, (argento) e nella spada con l’egiziano Mohamed Elsayed, 21 anni, (bronzo). E come dimenticare il Taekwondo, l’arte marziale che in Africa ha avuto uno sviluppo impressionante negli ultimi 30 anni dopo che si era riusciti, faticosamente, ad abbattere la falsa credenza che fosse uno sport legato a una religione strana o addirittura a riti satanici.

I pionieri sono stati il Lesotho, Africa Centrale e Mali, ora è diffuso in 45 Paesi del Continente.

E alle Olimpiadi qualche frutto pregiato del Taekwondo è stato raccolto: il tunisino Firas Katoussi, 28 anni, nella categoria 80 kg ha raggiunto l’oro, il connazionale Mohamed Khalil Jendoubi, 22 anni, l’argento (58 kg) e l’ivoriano Cheick Sallah Cisse, 30 anni, il bronzo sugli 80 kg (aveva già assaporato il metallo pregiato nel 2016 a Rio).

 

Il fallimento Nigeria

 

Ma non tutto è oro quel che luccica. C’è un grande Paese che si lecca le ferite: la Nigeria. Aveva speso cifre enormi nella preparazione dell’evento e dei suoi rappresentanti, ha mandato a Parigi ben 88 atleti per competere in 11 discipline. Il ministro per lo sviluppo dello Sport, John Owan Enoh, 58 anni, con parole ispirate aveva espresso il desiderio che la squadra potesse superare la sua migliore prestazione olimpica ottenuta ai Giochi di Atlanta del 1996 (sei medaglie, di cui 2 ori). E si era detto sicuro che “la squadra eccellerà e renderà orgogliosa la nazione”.

Risultati? Zero assoluto. Niente di nuovo, purtroppo: anche a Londra, nel 2012, “zero tituli”, direbbe il buon Mourinho. Neanche una medaglia di latta. O di legno.

 

La ciclista nigeriana, Ese Lovina Ukpeseraye

 

Una certa ilarità

 

In compenso la Nigeria ha suscitato una certa ilarità quando la ciclista Ese Lovina Ukpeseraye, 25 anni, si è trovata impossibilitata a scendere in pista nel keirin e nello sprint. A causa del limitato preavviso per gareggiare, il Team Nigeria non aveva una bicicletta adatta! Con grande spirito sportivo, la Germania gliene ha offerto una.

In compenso sul podio di Parigi sono saliti altri campioni di origine nigeriana.

Ne citiamo due: Yemisi Ogunleye, 25 anni, nata in Germania da padre nigeriano, è stata prima nel lancio del peso (per la Germania, ovviamente), e Salwa Eid Naser, (originariamente chiamata Ebelechukwu Agbapuonwu) che ha visto la luce 25 anni fa a Onitsha sul fiume Niger nello stato di Anambra). Ha preso la medaglia d’argento nei 400 metri, ma per il Bahrein, Paese del papà, per il quale ha scelto di gareggiare.

 

I frutti della diaspora

 

E via dicendo… D’altra parte i frutti della diaspora nera sono riassunti nella campionessa che è stata la più medagliata dei Giochi: Sifan Hassan, 31 anni. A 15 anni la madre la spedì in Olanda per una miglior vita, a 16 anni Sifan ottenne lo status di rifugiata, a 20 anni, nel 2003, il passaporto dei Paesi Bassi.

Già a Tokio nel 2021 era stata dominatrice dei 5 mila e 10 mila metri e bronzo nei 1500. A Parigi è stata inarrestabile e indimenticabile per il suo scatto finale nella maratona: oro indiscusso. E in più due bronzi, nei 5 e 10 mila metri!