“La Boccia ha fatto di più contro questo Governo di quanto non abbiano fatto due anni di opposizione”. Non è solo una boutade ma contiene un profondo quanto sardonico profumo di verità la considerazione sul deflagrante sommovimento prodotto dalle azioni della Circe napoletana. Suoi risultati sotto l’occhio di tutti? Aver costretto alle dimissioni l’incauto Ministro Sangiuliano, aver costretto nel ruolo di Erinni le tante donne furiose per la sua intraprendenza (Giorgia Meloni, Arianna Meloni, la moglie di Sangiuliano); l’aver costretto la destra a rivelare le proprie fragilità dongiovannesche e la propria penetrabilità (v. anche Ministro Lollobrigida). Così le dichiarazioni a orologeria della Boccia, la fuga dalla trasmissione della Berlinguer che diventa un giallo con coda gossip, le foto non pubblicate da Signorini (e per evidente opportunità politica) disvelano un quadro antropologico interessante. Che, tornando a bomba, mette in crisi il Governo. Noi siamo dalla parte della Boccia, insultata da Paolo Mieli, vilipesa con un termine mercenario da Vittorio Feltri (seguiranno querele e richieste di risarcimento), definita spregevolmente “quella persona” dal Premier Meloni. Certo, la Boccia è un’arrampicatrice sociale ma vista l’azione avvolgente, la tela che aveva stregato Sangiuliano, la sua designazione a consigliera per i grandi eventi, aveva una sua consequenziale logica. Ed è nei fatti la retromarcia del Ministro che prima le assegna la carica e poi la straccia per evidenti pressioni esterne. Inoltre, di fronte ai tanti consulenti da migliaia di euro di prebende l’anno, la signora di Pompei avrebbe svolto gratuitamente il proprio incarico e solo per arricchire il curriculum. Bisogna aggiungere a suo favore che la Boccia non ha mai messo in piazza una relazione sentimental-sessuale con Sangiuliano, a differenza del politico che ha segnato la propria condanna con la patetica intervista di Governo con il TG 1. E non ci ha fatto bella figura neanche la Meloni che un giorno respinge le dimissioni e 48 ore dopo le accetta, anzi le impone. Chi vilipende la Boccia dovrebbe ricordare che con ben più comode scorciatoie un personaggio come Mara Carfagna ha fatto ingresso in politica e dalla porta principale. E poco importerà alla Boccia se ora è stata bandita da Montecitorio. Si sta costruendo un castelletto di popolarità. Mai espulsione fu così vincente. Aumentano le richieste di follower (ora oltre i 100.000), si moltiplicano le richieste di interviste, probabilmente anche ben remunerate. Insomma il quarto d’ora di gloria che Andy Warhol attribuisce virtualmente a tutti gli abitanti dell’orbe terracqueo potrebbe diventare una lunghissima parentesi temporale nel suo caso. La sinistra le è vicina, aspetta e spera, conscia della potenzialità dell’assunzione di segreti di Stato. La Boccia non ha solidarietà delle femministe ovviamente perché ha sfruttato la propria gradevolezza estetica per sedurre Sangiuliano. Ma stimola la nostra intima simpatia e non per rampantismo dongiovannesco ma perché nelle vesti di Mata Hari scassa-Governo ha una sua strategica credibilità. Si parla di ricatto e di estorsione ma la realtà è che la verità è pesante e contiene frutti proibiti che potrebbero disinnescare la falsità della politica, dei suoi riti, delle sue ammuine. In questo momento il suo smartphone è il più desiderato d’Italia perché contiene chat, foto e piccoli e grandi segreti che potenzialmente potrebbero far cadere il Governo Meloni. Con grande sollievo di chi ha fatto poco per farla cadere (vedi Partito Democratico).