Pubblichiamo qui di seguito un articolo di Piero Sandulli destinato anche alla Rivista di diritto sportivo del CONI.
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Posizione del problema ed antefatto normativo
Al fine di riuscire a comprendere meglio il portato della legge n. 86 del 2019, con la quale sono state dettate rilevanti deleghe per il riordino della gestione sportiva in Italia, è necessario effettuare alcune riflessioni in merito agli accadimenti che hanno determinato l’emanazione di quella legge.
Deve essere, preliminarmente, ricordato come l’assenza nel testo originario della Costituzione di qualsiasi riferimento allo sport abbia pesato, non poco, sulla emanazione delle leggi che hanno regolato il sistema sportivo italiano. A ben vedere tutte le leggi che sono intervenute sul tema, a partire da quella sul professionismo sportivo, la legge n. 91 del 1981, sono state formulate per porre rimedio ad una emergenza che si era verificata nel settore sportivo.
Invero, l’unica normativa organica, frutto delle semplificazioni volute dalla legge 59 del 1998, è rappresentata dal decreto legislativo n. 242 del 1999, il quale, intervenendo dopo la legge del 16 febbraio 1942, n. 426, ridisegnava la struttura dello sport in Italia. In virtù di quel decreto legislativo, l’Esecutivo, incaricato dalla legge di delega n. 59/98, disegnava un sistema nel quale il CONI veniva inquadrato come Ente con “personalità giuridica di diritto pubblico” (art. 1), mentre le Federazioni erano attributarie di “personalità giuridica di diritto privato” (art. 14).
A seguito di tale inquadramento, al fine di evitare eccessivi legami burocratici, veniva istituita, con l’articolo 8 della legge 8 agosto 2002, n. 178, la società “CONI Servizi S.p.A.”, con capitale interamente nelle mani del Ministero dell’Economia e delle Finanze (art. 8, comma 4).
Tale società assumeva funzioni ancillari rispetto a quelle del CONI, finalizzate all’espletamento di taluni compiti gestionali del Comitato Olimpico.
Con la legge regolatrice del bilancio per il 2019, la legge n. 145/18, precisamente con i commi 629 e 630, dell’unico articolo di cui la legge finanziaria si componeva, la società CONI Servizi mutava nome e finalità, assumendo la denominazione di “Sport e Salute S.p.A.”. In tal modo detta società perdeva le funzioni di struttura ancillare del CONI per assumere una propria funzione, finalizzata alla tutela della educazione sportiva, anche non agonistica e della salute delle persone, da salvaguardarsi attraverso la pratica sportiva.
Tale mutazione genetica deve essere salutata positivamente poiché si è assunta la consapevolezza che lo sport non è solo agonismo, ma costituisce buona parte della socializzazione dei giovani e la sua pratica, anche non agonistica, ad ogni età è un utile rimedio terapeutico.
Tuttavia, non essendo state regolamentate chiaramente le competenze delle due diverse strutture, Comitato Olimpico e Sport e Salute, non pochi sono stati i momenti di frizione ingenerati da dette incertezze.
Alla luce di queste premesse la legge 86 del 2019 (ultimo atto del Governo Conte uno), aveva la finalità di assegnare all’Esecutivo alcune deleghe finalizzate alla ristrutturazione del sistema sportivo italiano nel tentativo di porre rimedio a tale incerto stato di cose.
Invero, la principale di dette deleghe, contenuta nell’articolo 1, era finalizzata a chiarire, in via definitiva, le funzioni ed i rapporti che dovevano instaurarsi tra il CONI, la società Sport e Salute e gli altri soggetti protagonisti del sistema sportivo italiano. Inoltre, venivano previste altre cinque deleghe in tema di riordino del lavoro sportivo, di regolamentazione degli agenti sportivi, di semplificazione dei procedimenti in materia sportiva, di costruzione degli impianti sportivi e per l’emanazione del codice della circolazione sciistica.
Le deleghe, contenute nella legge 86 del 2019, hanno, però, avuto diverse vicissitudini, anche perché recepite da un Esecutivo (il Governo Conte due) diverso da quello che le aveva emanate e quindi ispirate da una assai diversa linea di pensiero.
La prima delega, la più importante sotto il profilo dell’organizzazione sportiva, quella relativa alla ripartizione dei compiti, in particolare di quelli del CONI e della società Sport e Salute, non ha trovato attuazione, a causa del mancato accordo delle forze di Governo su di essa. Le altre sono state varate e pubblicate tutte in data 28 febbraio 2021, con i numeri 36, 37, 38, 39 e 40.
Coincidenza ha voluto che l’espletamento di dette deleghe, così come era avvenuto per la legge delegante, ha costituito l’ultimo atto del Governo c.d. giallo rosso. Il successivo Governo (Draghi) ha differito la loro entrata in vigore spostandola dal primo gennaio 2022 al primo gennaio 2023. Il solo decreto legislativo n. 40, del febbraio 2021, relativo alla circolazione sciistica, è entrato in vigore in data 1 gennaio 2022, a ben vedere si tratta di un decreto contenente regole per la fruizione delle piste da sci e non è propriamente attinente a vicende di gestione sportiva.
In data 5 ottobre 2022, con il numero 163, l’ormai dimissionario Governo Draghi, ha varato un correttivo al decreto legislativo, in materia di professioni sportive (il n. 36 del 2021) con il quale vengono riscritte alcune regole relative alle professioni sportive, che appaiono di non facile lettura e prive di un efficace coordinamento con il testo originario del decreto legislativo.
Va, infine, operata una considerazione in relazione agli altri protagonisti del sistema sportivo italiano, che, pur essendo considerati dalla normativa in esame, non hanno trovato spazio nelle elaborazioni operate con l’espletamento delle deleghe contenute nella legge n. 86 del 2019.
Invero, in merito a due figure specifiche: la scuola ed i tifosi è già il testo della legge 86 che detta alcune linee guida, contenute negli articoli 2 e 4, che però non hanno trovato concreta applicazione attraverso i necessari regolamenti attuativi e nell’ambito delle stesse deleghe. Probabilmente l’importante ruolo da loro svolto avrebbe dovuto essere integrato ed affinato con la delega non espletata. La “delega che non c’è”, che doveva dare fondamento al sistema.
Invero, tale mancato espletamento costituisce un vulnus insanabile per l’intero impianto che, a causa di ciò, si trova privo di una solida base sulla quale avrebbero dovuto andare ad inserirsi tutti gli altri decreti legislativi emanati il 28 febbraio 2021.
Infine, non può essere taciuto che l’unico riferimento costituzionale legato allo sport, ed intervenuto solo nel 2001, con la modifica dell’articolo 117 (legge costituzionale n. 3, del 18 ottobre 2001) colloca la “organizzazione sportiva” tra le materie concorrenti tra Stato e Regioni; su tale concorrente organizzazione, neppure una riga è stata scritta nelle deleghe espletate lasciando indefinito il sistema. Probabilmente anche tale regolamentazione avrebbe dovuto trovare spazio nella delega, non attuata, prevista dall’articolo 1 della legge n. 86.
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Valutazioni di carattere generale in merito alle deleghe in tema di professioni sportive e di agenti sportivi.
Da una analisi di carattere generale, non legata a nessun aspetto specificamente approfondito, delle deleghe, espletate con i decreti legislativi n. 36 e n. 37 (professioni sportive ed agenti sportivi), è possibile rilevare che se, da una parte, sono state risolte alcune criticità, attraverso una migliore analisi delle professioni che trovano spazio nel sistema sportivo italiano, dall’altra, si nota la permanenza di molte problematiche che non hanno trovato soluzioni e che, anzi, rischiano di ingenerare ulteriore confusione nell’ambito del sistema (una per tutte la funzione del direttore di gara (arbitro) della quale non si comprende la effettiva natura, cfr. art. 2, lettera d) ed articolo 18 del decreto legislativo n. 36/21). Analogamente il tema della natura e della forma delle società sportive andava meglio chiarito, dopo l’evidente fallimento della quotazione in borsa delle società sportive.
Tuttavia, il tema di maggiore criticità, contenuto nel decreto legislativo 36 del 2021, anche dopo le modifiche apportate dal decreto correttivo n. 163 del 2022, appare quello della tutela. Tema già sottolineato, in modo critico, dalle due decisioni della Corte Costituzionale, intervenute sulla costituzionalità della legge 280 del 2003, rese nel 2011 (n. 49) e nel 2019 (n. 160). Dette decisioni che confermando la costituzionalità della legge n. 289, hanno limitato il potere del giudice statale di intervenire sul tema alla sola tutela risarcitoria, lasciano aperta, al legislatore, la valutazione relativa ad ipotesi di tutela ripristinatoria, nei casi di palese abuso, da parte degli organi di giustizia sportiva, delle norme di carattere disciplinare (la recente vicenda determinatasi nel mondo arbitrale, attraverso una discutibile identificazione del procuratore dell’A.I.A., deve essere di monito al riguardo).
Passando all’esame del decreto legislativo n. 37, del 28 febbraio 2021, relativo alla regolamentazione della attività degli agenti sportivi, avvenuta dopo un ampio palleggiamento della competenza in materia tra F.I.G.C. e CONI, deve indurci a compiere alcune generali valutazioni legate, soprattutto, alle perplessità che la lettura della norma offre agli operatori del diritto. Sembrano, infatti, di difficile inquadramento, sotto il profilo della terminologia civilistica, molte delle norme contenute nel decreto legislativo e tale approssimazione può essere perniciosa. Inoltre, il tema della responsabilità e della valutazione disciplinare desta notevolissime perplessità a causa delle distonie riscontrabili dalla lettura della normativa realizzata e non ancora entrata in vigore.
Dovendo dare una valutazione generale ai decreti legislativi n. 36 e n. 37 gli stessi non appaiono in linea, né con le aspettative del legislatore delegante, né tantomeno con gli auspici degli operatori del settore, si sarebbe sperato di ottenere, dalle norme delegate, la soluzione di molti quesiti, insorti in merito a detti temi, certamente non la creazione di ulteriori problematiche che l’entrata in vigore di tali norme (se non modificate) produrrà, dando vita ad una potenziale e non auspicabile serie di contenziosi.
Infine, in merito ai decreti legislativi residui il 38 ed il 39, essendo gli stessi di mera organizzazione, non sussistono rilievi specifici da effettuare se non quelli, già ricordati, della carenza della base su cui essi debbono operare, vale a dire del mancato espletamento della delega di natura strutturale contenuta nell’articolo 1.
Tuttavia, rispetto ad essi può lamentarsi – come per le altre norme – una scarsa attenzione all’inquadramento generale ed alla valutazione di compatibilità rispetto alla normativa preesistente.
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Conclusioni.
Il travagliato iter normativo, del riordino del sistema sportivo italiano, che ha attraversato due diverse legislature, vedendo ben quattro Governi all’opera su di esso, dovrebbe suggerire una nuova lettura della riforma dell’organizzazione sportiva italiana che possa essere realizzata attraverso il maggiore coinvolgimento di tutti gli attori, protagonisti e non, di questo importante segmento della vita sociale ed economica del Paese.
Oltre al mancante regolamento di confini e di competenze tra Sport e Salute e CONI debbono essere chiariti il ruolo della scuola e delle regioni in merito alla organizzazione sportiva e va realizzato il coinvolgimento dell’Università monotematica dello sport, quella del “Foro Italico”, nonché delle organizzazioni sane dei tifosi, anche per sottrarre il controllo degli stadi alle associazioni del malaffare, che ora sembrano detenerlo.
Infine, sotto il profilo della tutela, vanno rimeditati gli equilibri tra giustizia sportiva e giurisdizione statale, anche attraverso il ripristino della funzione conciliativa del Comitato Olimpico (nata nel 2001 ed abolita nel 2007), come da più parti si è auspicato, che possa far decantare le vertenze insorte nel mondo sportivo all’interno di esso. Valutando una più ampia fruizione del ricorso all’arbitrato, in particolare nell’ambito del lavoro. È necessario, a tal fine, dar vita ad un Organismo di mediazione, istituito presso il CONI, con mediatori all’uopo formati dal Comitato Olimpico, al quale le parti assoggettate alla giustizia sportiva debbono necessariamente rivolgersi, prima di adire il giudice statale, integrando, tale attività, condizione di procedibilità per la tutela innanzi ai giudici ordinari o amministrativi (cfr. art. 3 della legge n. 280 del 2003).
Per realizzare tutto ciò sarà necessario differire l’entrata in vigore dei decreti legislativi contraddistinti dai numeri 36, 37, 38 e 39 del 28 febbraio 2021, che in base alle disposizioni vigenti entreranno in vigore il primo gennaio 2023. Per dar modo all’esecutivo di porre mano alla “delega che non c’è” dando una base solida al sistema.
In virtù della risposta fornita, in sede di interrogazione parlamentare, il 17 novembre 2022, alla Camera dei deputati, il nuovo Ministro dello sport (del Governo Meloni) sembrerebbe orientato per differire l’entrata in vigore di detti decreti legislativi, per operare nel senso descritto.
È auspicabile che ciò avvenga per consentire una meditata riforma dell’organizzazione sportiva con l’effettiva definizione di tutti i ruoli e di tutte le competenze interne al mondo sportivo per consentire allo sport di ricoprire il ruolo di sviluppo sociale che ormai anche la Carta costituzionale, in base al portato degli articoli 2 e 18, letti alla luce della legge n. 280 del 2003, gli riconosce.
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