Uno dei problemi, forse il più grande nella reazione difensiva di Israele contro Hamas, è senz’altro quello degli ostaggi.
Ovviamente politici, esperti e giornalisti, si sono arrovellati e scontrati su questa terribile componente del piano criminale di Hamas. I consigli su come Israele dovrebbe comportarsi sono i più vari e certamente si basano su fondate considerazioni.
Io voglio limitarmi soltanto ad analizzare il problema in un’ottica prevalentemente umana e fattuale, che prescinde dalle strategie della politica e della guerra. Vorrei mostrare – se ci riesco – che quando si tratta di ostaggi dovrebbero cadere gli aspetti, le tecniche politiche e militari, perché si tratta di scelte soltanto umane, che potrebbero essere prese da donne e uomini comuni, usando la loro coscienza ed il loro sentire.
Non è certo Hamas ad aver inventato la tecnica di prendere ostaggi. Grandi capi di stato sono stati presi in ostaggio per condizionare l’andamento di guerre e conflitti. I rapitori in Italia degli anni 1970/80, catturavano ostaggi per ottenere un riscatto in denaro. Diversi possono essere gli obiettivi della presa di ostaggi, ma certamente quello principale non è di ucciderli, ma di trarne un qualche vantaggio, un qualche risultato. Avviene quindi sempre che si apra un negoziato fra coloro che prendono l’ostaggio e coloro che sono interessati a liberarlo. Naturalmente, a prescindere da ogni strategia, l’elemento chiave del negoziato è certamente il livello di interesse degli stati o delle persone, cui gli ostaggi appartengono, e questo interesse, in ogni caso, ha sempre a che fare con una dimensione umana, e cioè con la valutazione dell’importanza della sicurezza e della vita degli ostaggi.
Politici di ogni tipo e responsabili militari, si trovano sempre dinnanzi a un fenomeno che non ha a che fare con l’applicazione di schemi razionali, ma con la valutazione e la prevalenza di valori.
In un bellissimo film “Il diritto di uccidere”, un gruppo di politici, giornalisti e militari, si trovano a dover decidere se colpire alcuni terroristi, sacrificando la vita di una bambina innocente, oppure scegliere di non sacrificarla, anche se ciò avrebbe comportato di colpire i terroristi in modo diverso, e certamente con più difficoltà. Il dibattito tra questi portatori di diversi interessi è lungo e complesso ma la decisione non deriverà mai dalle loro competenze e specializzazioni, perché la scelta dipende soltanto dalla applicazione di valori che tutti portiamo con noi, anche se sono diversi. Infatti si sta comparando la vita di un innocente con l’opportunità di colpire agevolmente un gruppo di criminali: non è una decisione “tecnica”, ma puramente umana. Quando i terroristi ceceni si impadronirono del Teatro Dubrovka, o la scuola di Beslan, non ci fu nessuna riunione perché per Putin la vita degli ostaggi non rappresentava un valore umano.
L’atteggiamento di Israele, verso gli ostaggi presi da Hamas, pone lo stesso dilemma, quello del valore della vita umana: dal punto di vista della strategia militare sarebbe naturalmente più importante eliminare rapidamente un gruppo di terroristi assassini, comportandosi come Putin. L’Israele di qualche tempo fa, però, decise di liberare molti palestinesi dalle carceri per riportare a casa Gilad Shalit, un solo soldato israeliano. Una grande democrazia non esitava allora a far prevalere l’importanza della vita umana. Il massacro di civili innocenti del 7 ottobre, è sufficiente a giustificare l’eventuale sacrificio degli ostaggi nelle mani di Hamas? È il numero degli ostaggi che conta? L’aspetto umano prevale sempre su tutto o ci possono essere eccezioni in funzione della pericolosità e della crudeltà di coloro che detengono gli ostaggi?
Queste domande possono apparire provocatorie e tendenziose, ma è il dibattito sul tema ad apparire preoccupante, a suscitare una tremenda paura. Pensavamo di aver costruito democrazie che difendono i valori e i diritti, soprattutto dei più deboli, in qualsiasi condizione e a qualsiasi costo.
Se un popolo democratico rinunzierà a far valere questi valori e questi diritti, nessuna strategia militare potrà giustificarlo, ma soprattutto sarà impossibile che tanti altri popoli nel mondo, continuino a credere in valori e diritti che abbiamo sbandierato come la caratteristica della civiltà del mondo occidentale.
Foto di apertura di Amy da Pixabay